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Il segreto nazista degli 007

L’intelligence della Germania uscita dalla Guerra mondiale era ancora pesantemente legata al Terzo Reich. E gli Alleati lo sapevano. Un saggista italiano ne ha ricostruito la storia.


Nulla di strano che sui servizi segreti circolino perlopiù poche notizie e spesso contraddittorie e inattendibili.

Eppure, la polemica che infuria da alcuni mesi in Germania è di quelle da mettere in imbarazzo qualsiasi governo: documenti fino al 2010 secretati che dimostrano le pesanti infiltrazioni delle ex-SS nell’agenzia di sicurezza della Repubblica federale tedesca all’indomani della Seconda guerra mondiale. Una bomba per l’immagine. A raccontare questa clamorosa scoperta è Gianluca Falanga, storico dei totalitarismi del Novecento che da vent’anni vive e lavora a Berlino.

Con pazienza certosina ha dedicato gli ultimi anni a studiare i documenti sul Bnd, Bundesnachrichtendienst, l’intelligence della Germania appunto, e le sue ricerche sono ora diventate uno sulfureo saggio storico: Gli uomini di Himmler – Il passato nazista dei Servizi segreti tedeschi, pubblicato da Carocci.

Per ricostruire la vicenda torniamo appunto al 2010, quando la cancelliera Angela Merkel dispone, come già aveva fatto il presidente Usa Bill Clinton nel 1998 sui documenti secretati che riguardavano i crimini nazisti, che vengano resi accessibili quattro faldoni custoditi per mezzo secolo nello scaffale di una vecchia prigione a Ludwigsburg, in Germania, già sede dell’Ufficio centrale per le indagini sui crimini del nazionalsocialismo.

In quei raccoglitori era conservata la corrispondenza fra i magistrati e una struttura del Bnd, una delle agenzie di sicurezza interna più moderne e meglio attrezzate d’Europa, denominata «Organizzazione 85», incaricata nell’estate 1963 di fare chiarezza sulle responsabilità individuali di uomini dei Servizi coinvolti in eccidi e crimini contro l’umanità. Viene istituita una commissione d’inchiesta indipendente che nel 2014 accede agli archivi ed esamina i documenti, rendendoli poco alla volta pubblici. Lo scandalo che ne segue è senza precedenti. «Quei faldoni» spiega Falanga, «rivelano qualcosa di inimmaginabile: quasi il 20 per cento dei circa 2.650 funzionari del Bnd, non solo aveva militato nel Partito nazionalsocialista (Nsdap) o aveva lavorato nelle sue istituzioni, ma era costituito da SS provenienti dagli apparati del terrore: Gestapo, Sicherheitsdienst (Sd), organi di polizia, proprio quelle organizzazioni dichiarate criminali al Processo di Norimberga perché si erano rese responsabili delle campagne di sterminio, dei massacri commessi nell’Est europeo, in Unione Sovietica e nelle altre regioni sotto occupazione».

Alcune scoperte inquietanti riguardano anche l’Italia. Non molti sanno chi è Carl-Theodor Schütz, l’ufficiale di comando che ha organizzato la strage delle Fosse Ardeatine, coadiuvato dal più conosciuto capitano delle SS Erich Priebke. All’arrivo degli Anglo-americani riesce a fuggire e di lui si perdono le tracce. Ora, nelle carte desecretate, ricompare come un membro influente dei servizi segreti della Bundesrepublik.

Una vicenda analoga riguarda Walter Rauff, comandante delle forze di polizia e intelligence naziste in Alta Italia, torturatore di partigiani e deportatore di ebrei, nonché inventore delle famigerate «Gaswagen», camere a gas mobili, un autocarro, antesignano delle camere a gas dei lager tedeschi, utilizzato dai nazisti per gasare gli ebrei e i prigionieri militari e politici.

Arrestato a Milano nel 1945 riesce a fuggire dall’internamento alleato a Rimini e a spostarsi a Roma, dove, protetto dal vescovo austriaco Alois Hudal, aiuta diversi nazisti a lasciare l’Europa verso il Sudamerica. Anche lui era collaboratore dei servizi segreti, o, meglio, di quella che viene chiamata «Organizzazione Gehlen».

Reinhard Gehlen è il vero protagonista di questa spy story, l’architetto dell’inserimento dei criminali nazisti ai vertici dei servizi segreti, prima statunitensi e poi tedeschi. Tanto abile da crearsi la fama di autentico talento dell’intelligence, un personaggio che era riuscito a salvare gli archivi dello spionaggio militare nazista per offrirli agli americani in segno di collaborazione. Nel 1971 escono le sue memorie, pubblicate e ristampate in tutto il mondo, in Italia da Mondadori nel 1973 con il titolo Memorie di una spia. «Ma fu un incredibile falso storico» rivela Falanga. «Quelle memorie le avevano scritte gli uomini del Bnd, i servizi segreti tedeschi appunto, forse per creare un mito fondativo e un’aura di rispettabilità alla loro organizzazione. Gehlen si dimostrò in realtà assai poco competente nel campo dello spionaggio, fu piuttosto un campione dell’intrigo, interessato a costruirsi un potere personale e con ambizioni antidemocratiche. Fu lui a mettere in piedi la leggendaria Organizzazione Gehlen - anche chiamata gli “uomini di Himmler”, Reichsführer delle SS e braccio destro di Hitler - che contava tra le sue fila oltre 150 criminali nazisti da lui reclutati per l’intelligence in chiave soprattutto antisovietica, spauracchio degli americani e dei loro alleati in quel periodo. Fanaticamente anticomunista, Gehlen pensò di recuperare le migliori “professionalità” dei servizi del Reich sottraendole al processo di denazificazione imposto dagli alleati e ripulendo le loro biografie».

La denazificazione («Entnazifizierung») era allora in pieno corso con l’obiettivo di far scomparire i simboli del precedente regime e fare piazza pulita dei responsabili degli eccidi, operazione che ha il culmine mediatico con il processo di Norimberga tra il novembre del 1945 e l’ottobre del 1946. Tuttavia il neo-cancelliere Konrad Adenauer, per assecondare gli umori di buona parte della popolazione tedesca, trovò modo di rallentarne il corso con varie leggi di amnistia. Occorreva però eliminare ogni possibile elemento di scandalo, e tra questi, la rete di ex-nazisti di Gehlen era diventata una potenziale minaccia alla presentabilità internazionale della Germania.

«Adenauer si era reso conto dopo alcuni clamorosi scandali, come per esempio lo spionaggio dei redattori del settimanale Der Spiegel, della pericolosità e inaffidabilità di Gehlen e pensava di farlo arrestare» spiega Falanga. «Ma alla fine si limitò a emarginarlo fino alla pensione nel 1968, senza rivelarne pubblicamente i crimini». Molti oggi ritengono che la denazificazione sia stata un fallimento e che furono gli americani a sostenere impunità e reintegrazione dei criminali nazisti in funzione di spionaggio anticomunista. «Entrambe le cose non sono del tutto vere» chiarisce il saggista. «La maggior parte delle SS e del personale degli apparati del terrore nazista fece anni di internamento nei campi di prigionia alleati e subì restrizioni dei diritti civili anche dopo il rilascio. Ci fu di certo un interesse comune a recuperare fra i tedeschi professionalità ed esperienze di eccellenza in campi come la scienza e la tecnologia, ma anche le discipline militari. Non a caso molti finirono in America e diedero un forte contributo alla leadership tecnologica degli Stati Uniti a partire dalla Guerra fredda. Ma all’epoca agirono così i Servizi di tutti i Paesi, compreso Israele: usare i nazisti sconfitti fu un fatto comune. Lo stesso Adenauer preferì una strategia di integrazione per necessità - riteneva che non vi fosse altro personale capace per amministrare il nuovo Stato - e per neutralizzare il potenziale sovversivo delle conventicole di ex nazisti che si formavano in clandestinità». Oggi in Germania questa vicenda pesa e ci si chiede che interesse abbiano avuto i vari governi fino al 2014 a tenerla nascosta. Del resto, i dettagli di queste storie sono davvero scabrosi e creano un forte imbarazzo pubblico.

«E, probabilmente» conclude Falanga, «sono solo la punta di un iceberg che poco alla volta emergerà: la Bundesrepublik, la Repubblica federale tedesca ha, nei decenni della Guerra fredda, una sua storia nera, non nel senso di “fascista”, ma di sfondo torbido e inquietante, ancora assai poco conosciuto, che macchia per sempre la sua origine». n

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