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Il bis di Von del Leyen con il No dell'«amica» Meloni



Alla fine l’arrocco per il bis di Ursula Von der Leyen ha tenuto, seppur con il soccorso dei Verdi.

Non sono mancati i franchi tiratori nella maggioranza, che si sono assestati tra i 40 e i 50. La destra europea - ECR, Patrioti e partiti sciolti - ha scelto di votare compatta contra la rielezione della Presidente. Un programma troppo sbilanciato verso socialisti e soprattutto troppo condizionato dalla transizione ecologica quello tratteggiato oggi dalla Presidente in pectore. Un discorso abbastanza incolore, vago, con ammiccamenti a tutti i partiti.

In bilico fino alla fine il voto di Fratelli d’Italia che però decide di andare a sedersi all’opposizione per ripicca verso la chiusura dei tre partiti di maggioranza, che avevano escluso Meloni dalle trattative sui top jobs europei in un primo momento, sia per l’apertura verso i Verdi considerati troppo a sinistra dai conservatori italiani.

Sul piano puramente politico c’è una logica ed una coerenza, a livello di interessi di governo meno. Il programma e il metodo di Von der Leyen sono sbagliati dalla prospettiva di Fratelli d’Italia perché sbilanciati a sinistra ed escludenti nei confronti dei Conservatori.

Motivare il no è dunque semplice. Tuttavia, Fratelli d’Italia non è solo uno dei partiti conservatori europei ma anche il più grande partito italiano, prima formazione della coalizione di governo.

È una scelta saggia restare fuori dai giochi europei e mettersi all’opposizione? È lecito dubitare.

L’Italia è la terza economia dell’eurozona, ha un rapporto debito pubblico/pil quasi al 140%, è sotto procedura d’infrazione, deve completare il PNRR. I voti di fratelli d’Italia sono stati corteggiati per un anno e mezzo da Von der Leyen che ha teso più mani a Meloni dall’inizio del governo in poi. Gli eurodeputati di Fratelli d’Italia votano contro il bis preferendo di rinchiudersi nell’angolo della destra radicale, oramai presidiato da Salvini, ed escludersi dai processi di influenza sulla maggioranza e sulla commissione. Una influenza magari flebile, ma non azzerata come in questo caso. Meloni ha scelto di votare da capo partito, nel breve periodo probabilmente i consensi le daranno ragione, ed ha, con buone probabilità, ottenuto poco nelle trattative per il commissario italiano con Von der Leyen. Tuttavia, l’impressione è che il governo esca indebolito nelle dinamiche di potere nonostante abbia vinto le elezioni europee.

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