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Chi finanzia Hezbollah

Denaro e armi dei miliziani libanesi - pronti a uno scontro frontale con Israele - non arrivano solo dall’Iran. Dietro ci sono miliardi ricavati da traffici internazionali illeciti (anche di esseri umani) e insospettabili aiuti da molti altri Paesi.


Hezbollah, il «partito di Dio» libanese di fede sciita, è il grande incubo di Israele: una milizia più agguerrita, più numerosa, più potente e molto meglio equipaggiata di Hamas. Ma con gli stessi scopi: la distruzione dello Stato ebraico. Ecco perché l’apertura di un secondo fronte di guerra lungo il confine settentrionale che divide il Libano da Israele, è considerato ben più che un timore dalle parti di Gerusalemme.

Hassan Nasrallah, leader di questa organizzazione paramilitare islamista che continua a bersagliare i territori israeliani, ha fatto sapere che «il nostro scopo è logorare il nemico affinché accetti un cessate il fuoco», e che «se ci sarà un accordo a Gaza, anche il nostro fronte cesserà le ostilità senza negoziazioni». Ma l’esercito con la stella di David si prepara a un conflitto su larga scala, e ha avvertito la controparte che «il tempo per la diplomazia sta per scadere».

Governo e cittadini, dunque, vivono questa eventualità come una certezza: presto si continuerà ciò che fu interrotto nel 2006, quando i due Paesi si combatterono per 34 giorni, fino a uno stallo militare che dura ancora oggi. Ma è da allora che Hezbollah, milizia e partito politico nato dalla guerra civile libanese, uno dei più forti attori non statali del Medio Oriente, assapora il gusto della vendetta, intendendo punire le forze israeliane che invasero il Paese dei Cedri. Rispetto al 2006 oggi i miliziani libanesi vantano una maggiore potenza di fuoco, con una capacità di difesa aerea costruita nel tempo grazie anche a una sempre più sofisticata produzione interna. Senza dire della grande quantità di armi e finanziamenti giunti com’è noto anzitutto dall’Iran.

Ma i soldi per armarsi non arrivano soltanto da Teheran. Sebbene ancora oggi la maggior parte dei fondi per produrre armi e pagare gli stipendi ai miliziani siano garantiti dagli assegni in bianco degli ayatollah iraniani, sono i traffici illeciti la fonte decisiva per alimentare la macchina bellica di Hezbollah. Le reti all’estero del «partito di Dio» gestiscono quasi ogni tipo di attività: traffico di droga, contrabbando di armi, commercio di diamanti, traffico di legname e persino di esseri umani. Come afferma Emanuele Ottolenghi, tra i massimi esperti a livello globale delle reti criminali legate agli Hezbollah e all’Iran, il loro coinvolgimento in attività illecite «ha generato il 30 per cento del budget operativo annuale di Hezbollah, stimato intorno a un miliardo di dollari, con l’Iran che fornisce il resto. Tuttavia, un’analisi più approfondita delle sue operazioni, specie di narcotraffico, suggerisce che i proventi derivati da attività criminali possono superare di gran lunga tali stime percentuali».

Fonte privilegiata di ricavi è la droga: storicamente la marijuana, coltivata nelle fertili terre della Valle della Beqaa dove i derivati della cannabis sono un’importante fonte d’introiti per le tribù locali sciite sin dai tempi del mandato francese su Siria e Libano. Un business cresciuto a dismisura a partire dalla guerra civile libanese (1975-1990), con una produzione stimata oggi in oltre duemila tonnellate all’anno di questa sostanza illegale. Nondimeno, lungo la Valle della Beqaa, terra di nessuno al confine siriano, proliferano industrie chimiche illegali per la copiosa produzione di pasticche di Captagon, la «cocaina dei poveri» che spopola in Medio Oriente e di cui fanno largo uso tanto i terroristi dell’Isis quanto i commando di Hamas, perché a basso prezzo e capace di infondere «coraggio».

La cocaina, quella vera, nondimeno è appannaggio di Hezbollah in questa regione: i miliziani si occupano sia della ricezione dei carichi dal Sud America sia della distribuzione verso l’Europa, in accordo con i trafficanti locali e con la stessa ‘ndrangheta, che controlla praticamente ogni grammo di polvere bianca che proviene da oltreoceano. Un commercio tanto illegale quanto remunerativo.

Se dal Captagon il «partito di Dio» ricava qualcosa come tre miliardi di dollari l’anno (trenta volte i guadagni derivanti dall’esportazione di olio d’oliva), dal traffico di cocaina ottiene molto di più. Anche perché, secondo il Global Financial Integrity, i proventi di Hezbollah sono reinvestiti attraverso complessi schemi finanziari che portano il valore complessivo del commercio della «polvere bianca» tra i 425 e i 650 miliardi di dollari all’anno.

Il commercio globale di stupefacenti non è tuttavia l’unica fonte di reddito del «partito di Dio». Il gruppo ha un ruolo significativo anche nell’economia illecita della regione della cosiddetta Triple frontera, un’area gigantesca tra Argentina, Brasile e Paraguay, dove il traffico di narcotici e di esseri umani genera annualmente guadagni illeciti per almeno cinque miliardi di dollari. In America Latina, collabora anche con il regime venezuelano, insieme al quale da decenni ricicla denaro attraverso canali fraudolenti ramificati soprattutto in Africa occidentale, dove la presenza di Hezbollah è assai più estesa rispetto al Sudamerica. Secondo la Drug enforcement administration (Dea) americana, l’80 per cento dei proventi finisce in Libano attraverso banche compiacenti, anche europee (due istituti finanziari tedeschi sono finiti sotto inchiesta per questo). Il denaro che arriva nei terminal portuali libanesi - Beirut, Tripoli, Tiro, Sidone - serve a finanziare le attività militari di Hezbollah, mentre il restante 20 per cento si utilizza per rifinanziare le attività dell’America Latina. Secondo l’intelligence colombiana, inoltre, una parte servirebbe per il reclutamento e l’indottrinamento di nuovi terroristi islamici nelle Americhe.

Nonostante la dimensione di questo business, la principale fonte di entrate illecite a livello mondiale di Hezbollah e componente essenziale per ingrassare i suoi ingranaggi, è la contraffazione: abbigliamento, cibo, sigarette, medicinali, cosmetici, auto usate, cambi valute e documenti nel loro complesso valgono addirittura il doppio del commercio di droga, con ricavi che possono raggiungere fino a 1,13 trilioni di dollari all’anno.

Come sia possibile tutto questo, è presto detto: grazie alla diffusione globale della diaspora sciita libanese. Da generazioni, fin dalla sua fondazione nei primi anni Ottanta, Hezbollah si infiltra in molti Paesi, dalla Costa d’Avorio al Brasile, attraverso reti di sostenitori costruite non solo sulla fedeltà religiosa e politica, ma anche sui legami familiari e sulla lealtà dei clan, arrivando a vantare sedi e uffici operativi. Senza dimenticare il successo della Al-Qard al-Hasan Foundation Association, istituto finanziario (sanzionato dagli Usa) camuffato da ente di beneficenza, che concede prestiti e gestisce le liquidità per la comunità sciita in Libano.

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