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Scusate progressisti, ma il campo largo come ha votato in Europa?

Confiteor: alla nascita del governo Draghi, rimasi perplesso per la decisione di Giorgia Meloni di collocarsi all’opposizione. Mi parve, allora, una scelta di auto-isolamento a fronte dell’ ingresso in una “union sacrée” che, nella mia visione, sarebbe stata una legittimazione definitiva e di chiusura irreversibile all’accusa di antifascismo. Era una posizione rispettabile la mia, intendiamoci. […]

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Confiteor: alla nascita del governo Draghi, rimasi perplesso per la decisione di Giorgia Meloni di collocarsi all’opposizione. Mi parve, allora, una scelta di auto-isolamento a fronte dell’ ingresso in una “union sacrée” che, nella mia visione, sarebbe stata una legittimazione definitiva e di chiusura irreversibile all’accusa di antifascismo. Era una posizione rispettabile la mia, intendiamoci. Ma ero in errore: ebbe ragione lei. E non da poco: quella fu l’intuizione della strada – essere l’unica opposizione – che poi l’ha portata a Palazzo Chigi. Adesso la storia si ripete?


Giorgia e Ursula: lealtà reciproca

Se capisco, quello di FdI  “contro”  Ursula Von der Leyen, non é un voto di pancia, istintuale. O di mero compiacimento degli elettori di destra. Non é neppure una strategia difensiva dai Patrioti di Orban, Bardella e Salvini. E ancor meno un’offensiva rispetto a Forza Italia, al suo contenuto patrimonio di consensi e seggi. Non avrebbe senso. Io la leggo come un’operazione – lealmente dichiarata e accettata dalla riconfermata leader dell’Ue, che é un politico di lungo corso e queste dinamiche le comprende bene – di salvaguardare ciascuna le proprie ragioni, nella piena comprensione l’una, Ursula, degli interessi dell’altra, Giorgia. E viceversa. La Meloni, per coerenza, non poteva associarsi al quadripartito di centrosinistra; mentre la presidente della Commissione non poteva fare un accordo con i Conservatori perché avrebbe perso i Verdi e un pezzo di sinistra (il Pd, ad esempio, l’avrebbe silurata), mettendo a rischio la rielezione. Quindi, ciascuna per la sua strada, ma con rispetto. Più quel “gentlemen’s agreement – non mi vorrete fare scrivere gentlewomen – richiesto da Ursula e accordato da Giorgia, di dichiarare il voto dopo l’elezione, per non attirarle contro altri franchi tiratori. Il che spiega i toni soft e il buon lavoro augurato da Procaccini e Fidanza a lady Europa, oltre i riti dell’educazione.

Il Commissario italiano lo decide Meloni: opposizioni out

E poi: alla luce dei dimenticati lettera e spirito dei Trattati Ue, un conto sono le famiglie politiche e il loro confrontarsi in aula, un’altra gli Stati che nominano i propri rappresentanti nella Commissione che guida l’Unione: a sua volta dovranno diventare “indipendenti”, ma sappiamo fino a un certo punto. C’è, comunque, un dato oscurato: delle forze politiche nazionali l’unica ad avere voce in capitolo sulla nuova Commissione Ue sarà Fdi. Il Commissario italiano sarà scelto dalla premier Meloni, non dalla Schlein o da Conte, men che meno da Bonelli e Fratoianni. Non mi piace l’espressione “non toccheranno palla” né sul nome, né sulla delega; ma una volta che é stata usata contro la premier, va rovesciata: sono le opposizioni ad essere out, a non svolgere alcun ruolo. Su un risultato che é importante anche perché scavalca la stessa durata della legislatura: i commissari europei durano in carica cinque anni, quindi termineranno il loro mandato nel 2029; con e oltre questo governo.


Legittimazione europea per la destra italiana

Intanto Fratelli d’Italia ha portato a casa un tassello della propria legittimazione europeista, con l’elezione di Antonella Sberna a vicepresidente del Parlamento di Strasburgo e Bruxelles. É la prima volta per la destra. Sarà complicato sostenere che al vertice del massimo organo parlamentare, unico a essere eletto a suffragio continentale, ci sia una “fascia”. Per fortuna c’è l’ANPI di Gianfranco Pagliarulo a sfidare l’irragionevolezza, e un po’ il ridicolo, a suon di “pastasciutta antifascista” indetta per celebrare il 25 luglio: mi raccomando, date il vostro contributo. Ma – la questione più politica – nei prossimi giorni, per la prima volta il cursus honorum della destra italiana si arricchirà di un commissario che subentrerà a Paolo Gentiloni. Se sarà – così leggo – Raffaele Fitto, attuale ministro agli Affari Europei e al PNRR, il suo identikit corrisponde perfettamente ai requisiti indicati dall’articolo 17 del Trattato dell’Unione Europea, per il quale i membri della Commissione “sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo”. Ma se la vedrà la presidente del Consiglio, che ho l’impressione non abbia chiuso affatto il canale di comunicazione con la Von der Leyen. Attendere, prego.


Bonelli & Fratoianni: fratelli siamesi, separati alla nascita

Il secondo dato riguarda

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