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Nella leadership l’intelligenza artificiale può migliorarci ma non sostituirci

L’intelligenza artificiale, come ho già detto qualche mese fa, non è il demonio. Dipende da come la si approccia, lo conferma la storia della umanità. Gli esseri umani, infatti, sono sempre stati più bravi a inventare strumenti che cambiano il nostro modo di vivere e lavorare che ad adattarsi ai grandi cambiamenti che questi determinano. Consideriamo per un momento come Internet ci abbia dato accesso istantaneo a una marea di informazioni, rendendoci però più distratti, o come i social media ci abbiano permesso di essere più connessi che mai, ma possano anche alienarci o isolarci.

Allo stesso modo, l’IA ha il potenziale per migliorare l’esperienza umana del lavoro, ma potrebbe pure condurci in una realtà lavorativa automatizzata, robotica, opprimente e poco stimolante. Quando l’utilizzo dell’IA sul posto di lavoro ha subito un’accelerazione, la nostra reazione è stata un misto di curiosità e preoccupazione. Eravamo curiosi del potenziale e preoccupati delle implicazioni per le persone. Poi l’abbiamo provata (e fatta provare alle nostre aziende clienti) ed abbiamo scoperto che, paradossalmente, l’IA può contribuire a rendere gli imprenditori e i professionisti più umani.

Gli esseri umani hanno una storia di introduzione di nuove tecnologie paradossale: le innovazioni tecnologiche fanno risparmiare tempo sul posto di lavoro e l’uomo, invece di utilizzare “quel tempo” per le attività extralavorative, riempie il vuoto con più lavoro.

Ma cosa succederebbe se l’intelligenza artificiale, oltre ad aiutarci a risparmiare tempo nelle attività tattiche, ci permettesse anche di riorientare la nostra attenzione su come facciamo sentire le persone? Gli esseri umani sono creature meravigliose. Possiamo essere intelligenti, creativi e gentili, ma anche disordinati, incoerenti e imperfetti. Possiamo avere chiari valori di leadership, ma questo non significa che li seguiamo sempre. Possiamo aspirare a presentarci in un certo modo, ma questo non significa che lo facciamo sempre.

L’intelligenza artificiale può aiutarci a essere meno disordinati e più coerenti. Può aiutarci a elevare il meglio della nostra umanità.

Immaginate l’IA come una corazza potenziata per la mente e il cuore di un leader umano: proprio come una corazza rafforza il corpo, l’IA può potenziare le nostre capacità cognitive, emotive e sociali. Intellettualmente, l’IA può elaborare grandi quantità di informazioni per decisioni migliori; emotivamente, può approfondire la comprensione dei dipendenti; socialmente, può analizzare le dinamiche di gruppo per promuovere ambienti psicologicamente sicuri.

Tuttavia, per quanto grande possa essere l’IA, da sola non può renderci leader migliori. Affidarsi solo all’IA, senza fare il lavoro interiore di sviluppo personale, sarebbe come acquistare un aereo senza avere cognizioni di guida. Per ottenere il meglio dall’IA, dobbiamo investire anche nello sviluppo del nostro potenziale umano. Da sola, nessuna delle due cose è sufficiente. Entrambe sono necessarie.

Siamo entrati nell’era del potenziamento tecnologico dell’uomo, dove i nostri strumenti interagiscono attivamente con noi, cambiando la nostra percezione e il nostro rapporto con il mondo. L’IA legge, scrive, identifica punti di forza e debolezze e modella le nostre decisioni. Il potenziamento attraverso l’IA si realizza quando usiamo la tecnologia per migliorare la nostra percezione, discernimento e azioni. Così come avvenuto con altre forme di potenziamento tecnologico: quanti numeri di telefono riusciamo a ricordare? Probabilmente non molti, e questo perché usiamo lo smartphone per aumentare la nostra memoria.

Nel contesto della leadership, abbracciare il potenziamento tecnologico significa combinare le capacità umane con quelle dell’IA. Un imprenditore potenziato dall’IA porta il meglio dell’uomo e della macchina nella gestione della leadership. Per una collaborazione sinergica tra IA e esseri umani, dobbiamo, però, capire come funziona la mente umana: la consapevolezza, la saggezza e l’empatia sono qualità cognitive chiave che l’IA non ha. La consapevolezza permette di osservare esperienze interne ed esterne, la saggezza consente di formulare giudizi validi e l’empatia permette di agire con sensibilità verso le emozioni degli altri. Gli imprenditori con alti livelli di queste qualità ottengono prestazioni migliori in termini leadership, a prescindere dalla IA.

Quando poi i capi integrano l’IA nella loro leadership, possono potenziare ulteriormente il loro impatto positivo. Ad esempio, l’IA può generare rapidamente contenuti o analisi, mentre il leader aggiunge il contesto e il discernimento umano necessari per dare senso alle risposte fornite dall’IA. Oppure, l’IA può analizzare i dati sui dipendenti per offrire un’esperienza lavorativa più personalizzata e sentita, aiutando i leader a comprendere meglio le esigenze e le emozioni del loro team.

L’introduzione dell’IA nel lavoro è una svolta significativa. Può fare molto bene o molto male, ma può aprire una nuova era di leadership umana. Il futuro sarà alimentato dall’IA, e per sfruttarlo al meglio, dobbiamo diventare leader umani migliori, potenziati dall’intelligenza artificiale.

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