Concerti a Trieste, i Carmina Burana domenica sera al Castello di San Giusto
TRIESTE Saranno ancora una volta le antiche mura del Castello di San Giusto ad accogliere domenica sera – inizio 21.15- le “Cantiones profanae cantoribus et choris, comitantibus instrumentis atque imaginibus magicis” ovvero gli iconici “Carmina Burana” di Carl Orff eseguiti dall’Orchestra e coro della Fondazione Teatro Lirico G.Verdi, maestro del coro Paolo Longo, con la partecipazione del Coro del Friuli Venezia Giulia preparato dal maestro Cristiano Dell’Oste e l’apporto solistico di Tetiana Zhuravel soprano, Raffaele Pe controtenore e Francesco Samuele Venuti baritono, sul podio il direttore Giuseppe Grazioli.
«Il formidabile successo di cui questa composizione gode non solo tra gli appassionati di musica classica ma anche tra coloro che la ascoltano solo occasionalmente - dice il maestro Grazioli - va ricercatonei tanti generi musicali che in essa vi sono contenuti, dai rimandi alla musica adatta alle serie Netflix dedicate al Medioevo ma anche alla modernità degli strumenti a percussione con invenzione timbrica molto spinta. Ci sono i richiami a una musica geograficamente lontana come la musica africana e poi c’è questo impatto molto forte del coro, che per il fatto di cantare in latino, in tedesco e francese antico ci rimanda a qualche cosa di indefinito che probabilmente per chi ascolta è qualcosa di molto affascinante, di certo un po’ magico e misterioso».
Per il celebre controtenore Raffaele Pe, al suo debutto a Trieste, i Carmina sono un grande affresco di inizio ‘900, dove Orff immagina questo modo moderno di vivere la musica anche nei confronti delle nuove generazioni e di come le opere musicali possano essere un commento sulla condizione sociale politica e storica che viviamo. «Una delle grandi novità di questo brano – spiega Pe - è l’intervento che Orff ha scritto per il controtenore, all’epoca considerata ancora una voce da coristi in quanto l’avvento dei controtenori sulla scena avverrà appena negli Anni Sessanta con Britten, ed è curioso che abbia scelto la figura del cigno».
Una stranezza notata anche da Ezio Bosso durante un’esecuzione all’arena di Verona poco prima che venisse a mancare. «Il maestro Bosso vedeva nel cigno l’emblema del narcisismo – racconta Pe – stigmatizzato da Orff per mettere in evidenza il fatto che la Germania arricchita stava perdendo i propri valori, impegnata a perseguire solo il proprio blasone. Ed ecco apparire a metà dell’opera, modulata dalla voce del controtenore, la figura del cigno che, ovviamente, ha un suo lato umoristico e vuole essere divertente ma è anche tragica in quanto, finendo poi sulla grigia del cuoco il povero cigno diventa la premonizione della fine che farà la Germania».
Apporto vocale impegnativo quello di Raffaele Pe, che al liceo giocava a imitare i cantanti come Prince e Freddie Mercury perché usavano il falsetto. «Io, che di natura sarei un baritono lungo, ho scoperto allora di avere un falsetto molto bello e quindi con l‘aiuto del mio maestro Fernando Opa abbiamo costruito intorno a questo una tecnica più solida fondata sui valori del belcanto italiano».
Naturalmente la molla che ha spinto Pe a studiare da controtenore è stato senz’altro l’immenso amore per il repertorio barocco. «Io – dice l’artista- adoro questa musica che, purtroppo, è vissuta come antichismo ma in realtà dovrebbe essere quotidianamente frequentata e sfruttata nei grandi teatri. L’Orfeo di Gluck è una delle mie grandi ossessioni ma amo anche quello di Monteverdi, Scarlatti, Porpora e tanti altri ancora che non si conoscono ma che sarebbe bello portare in scena così come mi piacerebbe poter dare una versione controtenorile del Tancredi di Rossini». L’immediato futuro però è tutto nel segno di Haendel, dal debutto all’Opera di Zurigo con “Serse” a una nuova edizione di “Rodelinda” «che insieme alla mia orchestra “La lira di Orfeo” porterò sia a Vienna che a Santa Cecilia a Roma». —
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