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Un “museo sottomarino” di anfore d’era romana aperto ai subacquei nel mare di fronte a Pago

PAGO Era il 27 luglio del 2018 quando in località Letavica, sull’isola di Pago, fu stato ritrovato un autentico tesoro, circa 400 anfore, incrostate da organismi marini per esser rimaste sott’acqua almeno due millenni. Quel tesoro archeologico, ancora in scavo, è ora liberamente accessibile ad abitanti e visitatori (purché sian sub).

Questa la storia. Quel giorno di sei anni fa Vedran Dorušic aveva promesso ai suoi clienti che durante l’immersione si sarebbero visti gronghi e astici e forse qualche pesce pregiato. Nulla di tutto questo e così Dorušic, titolare del Club diving Foka di Šimuni, aveva deciso di andare un po’ più in profondità, giusto per dare un’occhiata. Era stato a quel punto, tra i 37 e 39 metri, che aveva notato qualcosa che assomigliava ad un ammasso di scogli: spinto dalla curiosità, l’esperto sub si era deciso a scoprire di cosa si trattava precisamente.

Giunto a pochi metri da quello che sembrava un gruppo di rocce, Dorušic era rimasto come impietrito dalla gioia, scoprendo che a pochi metri si vedevano tantissime anfore. «Dopo il rinvenimento ero come frastornato – ha dichiarato in questi giorni ai media – ma altrettanto felice perché il sito archeologico si trovava a non più di 2 chilometri dal mio centro diving. Dopo la scoperta, ho allertato subito polizia e il Dipartimento alla Conservazione di Zara». Pochi giorni dopo, è stato formato un team di esperti dell’ateneo di Zara, Istituto zagabrese di restaurazione, Centro internazionale di archeologia subacquea di Zara e Museo archeologico zaratino, gruppo guidato dalla professoressa dalmata Irene Radic Rossi.

Questa squadra ha effettuato ricerche sul sito, lavori attualmente sospesi a causa della stagione estiva e che riprenderanno il prossimo ottobre. A detta degli esperti, le anfore risalgono al I secolo a. C, all’epoca degli ultimi decenni della Repubblica romana. Sono sistemate al confine tra sabbia e rocce, un ammasso lungo 24 metri e dal quale si può desumere che la nave che trasportava i contenitori fosse lunga una trentina di metri.

Come spiegato da Dorušic, sin dal primo momento era prevalsa l’idea di non ingabbiare il sito tramite strutture metalliche di protezione. «Così è stato. Abbiamo voluto che l’area sia a completa disposizione degli appassionati, turisti e non, convinti che non ci sarebbero stati furti. Abbiamo avuto ragione. Invece nel vicino sito di Vlaška mala, dove c’erano un centinaio di anfore antiche, area sigillata da una gabbia metallica, è stato rubato circa il 40% di contenitori.

È la prova provata che l’area del rinvenimento non deve avere limitazioni o impedimenti. Il nostro sistema di valorizzazione è stato addirittura premiato dall’Unesco, il che ci ha reso particolarmente contenti. Prossimamente sul fondale, nelle vicinanze delle anfore, si collocherà una tabella che conterrà informazioni e la conferma del riconoscimento Unesco. —

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