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Così si sposteranno i nostri pesci, migranti climatici lungo l’Adriatico

Così si sposteranno i nostri pesci, migranti climatici 


lungo l’Adriatico

foto da Quotidiani locali

TRIESTE. Anche i pesci sono dei "migranti climatici”: non popolano sempre le stesse zone, ma si spostano in base all’aumento delle temperature, che a sua volta comporta cambiamenti oceanografici e biologici importanti dell’area che popolano, specie nel caso di bacini semichiusi come il Mediterraneo. Ecco allora che triglia, rana pescatrice, totano e sugarello europeo potrebbero migrare dall’area centro-meridionale dell’Adriatico verso settentrione, in particolare sulla costa orientale e centrale del nostro mare. Mentre seppia e canocchia, specie distribuite soprattutto nell’area settentrionale e centrale dell’Adriatico-Ionio, si potrebbero spostare leggermente da est verso ovest. Ma la più sfortunata sarebbe la sogliola adulta, che potrebbe perdere terreno, riducendo sensibilmente la propria presenza nell’area adriatica.

Gli scenari

Sono i principali scenari scaturiti da un recente studio coordinato da Ogs, con il coinvolgimento dell’Università di Bari, della Fondazione Coispa Ets e dell’Istituto di oceanografia e pesca di Spalato. Messo a punto per prevedere come si sposteranno le specie marine in base ai cambiamenti climatici, in diversi scenari di emissione di anidride carbonica, lo studio, frutto del progetto Fairsea, ha applicato un approccio modellistico per rappresentare presente, passato e futuro (fino al 2050) delle variazioni spaziali di nove specie demersali, cioè che vivono in prossimità del fondale, di interesse commerciale: il nasello, la triglia, lo scampo, la rana pescatrice, il totano, il sugarello europeo, la seppia, la canocchia e la sogliola comune.

I risultati mostrano una probabile variazione futura della distribuzione e della densità di queste specie nell’area adriatica e ionica in risposta al cambiamento climatico. «Prevedere come si sposteranno le specie di cui ci nutriamo maggiormente a causa dei cambiamenti climatici è fondamentale per garantire una gestione adeguata delle risorse ittiche in uno scenario in cui l’oceano si sta rapidamente scaldando», è il commento di Diego Panzeri, assegnista di ricerca di Ogs e primo autore dello studio.

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La ricerca

La ricerca, spiega Panzeri, è stata portata avanti sia su individui giovanili che su adulti, nelle aree dell’Adriatico e del mar Ionio Occidentale, in quattro finestre temporali, dal passato al futuro. E sono stati impiegati diversi modelli di distribuzione, già noti in letteratura, con l’obiettivo di produrre un insieme solido di previsioni. «L’approccio che abbiamo usato - prosegue il ricercatore - permette di considerare i possibili cambiamenti geografici delle specie osservate, e in futuro supportare la definizione di piani di gestione per uno sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche». Il Mediterraneo conta più di 700 specie di pesci ma, come tutti i bacini semichiusi, è particolarmente sensibile agli effetti del cambiamento climatico. Nei paesi che si affacciano sulla parte meridionale del bacino sono già in corso cambiamenti significativi nelle dinamiche delle popolazioni ittiche, con impatti sui settori economici legati alla pesca. Ma il rapido aumento delle temperature farà sì che anche la parte settentrionale del Mediterraneo, dove le economie legate alla pesca sono ben consolidate, sia interessata da cambiamenti importanti. Come evidenziato da altri studi svolti dall’Ogs, inoltre, futuri cambiamenti climatici potrebbero favorire l’aumento delle specie invasive nei due sottobacini, con notevoli impatti sulle dinamiche alimentari territoriali e un possibile ulteriore spostamento delle specie residenti. «La rappresentazione della futura distribuzione della specie è importante per supportare la gestione territoriale delle risorse ittiche, anticipando quelli che saranno gli impatti del riscaldamento del mare e gli effetti sulle zone di aggregazione delle specie giovanili e adulte e, quindi, ottimizzare la pianificazione ed eventuali chiusure spazio-temporali della pesca», conclude Simone Libralato, ricercatore di Ogs che ha partecipato alla studio. —

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