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Marko ritorna a vivere dopo le cure al Burlo di Trieste: «Ora gioca e va a scuola, abbiamo una speranza»

Marko ritorna a vivere dopo le cure al Burlo di Trieste: «Ora gioca e va a scuola, abbiamo una speranza»

foto da Quotidiani locali

TRIESTE. «Grazie ai medici e agli infermieri del Burlo ora nostro figlio può camminare, può giocare e frequenta la scuola», racconta il padre, il trentottenne Srecko, scorrendo le foto dalla galleria del cellulare. «Eccolo, lo vede qui?», insiste allargando l’immagine sullo schermo. La foto ritrae un bambino, Marko. Un bimbo che ha trascorso quasi tutta la vita tra ospedali e terapie domiciliari: ha undici anni ed è ammalato di neurofibromatosi di tipo 1 da quando ne aveva due. La patologia provoca tumori diffusi. Il bimbo soffre anche di “Moya moya”, una malattia cerebrovascolare cronica rara.

La sua famiglia, che fa parte della minoranza serba in Kosovo e che risiede a circa sette chilometri da Pristina, ha fatto di tutto per fare curare il figlio nelle strutture sanitarie della propria zona, ma invano. «Da quando è nelle mani del Burlo – spiega Srecko – è molto migliorato. L’ospedale pediatrico di Trieste sta facendo sopravvivere nostro figlio. Le cure stanno funzionando. Per me e per mia moglie Slobodanka si è aperta una nuova speranza».

Il calvario della famiglia comincia quando Marko ha due anni: il bimbo ha un ictus. «All’inizio non si capiva il motivo – ripercorre il papà – e per noi è stata dura affrontare quel periodo, perché in quanto serbi non potevamo accedere ai grandi ospedali del Kosovo, ma solo in delle strutture sanitarie che assomigliano a dei container. Sono ambulatori gestiti dal governo serbo – spiega – dove è possibile essere sottoposti a interventi semplici. Per le patologie più serie i pazienti vanno a Belgrado o a Lis. Ed è lì, infatti, che ci eravamo recati per far visitare Marko, ma i medici erano riusciti a togliere solo una parte del tumore all’altezza del collo, così da mantenerlo vivo. Per i successivi quattro anni abbiamo tentato di farlo sopravvivere ma il cancro avanzava. L’ospedale, con i mezzi che aveva, si limitava a controllare l’andamento della malattia. In Serbia – precisa – ci sono validi specialisti, ma mancano infrastrutture e strumentazioni per curare le patologie più complesse come quella di nostro figlio».

La svolta risale a cinque anni fa. «Avevamo parlato con un amico che si era recato a Bologna per far curare suo figlio. Lui ci aveva suggerito di chiamare il Burlo di Trieste».

La famiglia segue il consiglio, si mette in contatto con l’Irccs di via dell’Istria e manda la cartella clinica. Marko, che viene sottoposto a tracheostomia, in quel periodo ha sei anni: la Clinica pediatrica dell’Irccs lo prende in carico. «In quanto cittadino serbo – sottolinea Srecko – il nostro ministero della Salute ha stanziato 28 mila euro, i soldi necessari per i voli in aereo, per le cure e per alloggiare a Trieste. Ma il denaro è finito presto e il Burlo ci ha messo in contatto con l’associazione “Bambini del Danubio”». È la onlus che opera per garantire cure ai bambini malati di tante famiglie disagiate dell’area danubiano-balcanica.

Del caso si interessa l’ex consigliere comunale e regionale Piero Camber che viene allertato da un ragazzo serbo: Gabriel Glisic, uno dei gestori del Twins di piazza Goldoni. Glisic sente Srecko al bar parlare la propria lingua di origine, si siede al tavolo e fa conoscenza: così emerge la difficile condizione della famiglia. Anche perché i genitori non hanno soldi per i viaggi e i pernottamenti a Trieste del padre ogni volta che Marko deve essere portato a Trieste per le cure. «Avevo ricevuto una telefonata dal ragazzo del locale a sera tarda – ricorda Camber – sono riuscito a trovare un posto letto e ho avvisato il presidente della onlus Abc che si è attivata. Oggi so che quel bambino, con i suoi genitori meravigliosi, è in pieno recupero».

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