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Come funziona lo screening neonatale sulle malattie metaboliche rare

Come funziona lo screening neonatale sulle malattie metaboliche rare

foto da Quotidiani locali

Ci sono momenti nella vita in cui essere nel posto giusto non è sufficiente. È necessario che anche il momento sia giusto. Perché c’è un tempo preciso in cui la scienza è in grado di aprire uno squarcio nella malattia, ricucendo la salute su vite altrimenti gravemente compromesse.

In questo scorcio spazio-temporale lavora il professor Alberto Burlina, direttore dell’Uoc Malattie Metaboliche Ereditarie dell’Azienda Ospedale Università chiamato a individuare quelle anomalie genetiche rare – curabili – prima che sia troppo tardi. La sua equipe lavora in un laboratorio un po’ nascosto in via Orus, poche stanzette ricavate da un ex zooprofilattico che pure racchiudono alta tecnologia: ciascuno degli otto macchinari costa 3-400 mila euro. Qui si fermano solo il giorno di Natale e Pasqua. Nel Triveneto, sono gli unici a effettuare analisi con questa strumentazione su tutto il pannello metabolico disponibile.

Lo screening neonatale comincia con una puntura sul tallone, tra la seconda e la quarta giornata di vita: in 24 ore il campione arriva a Padova da uno dei punti nascita di competenza e alle 15 il risultato è pronto. Tempo tecnico, due minuti. Velocità e precisione sono fondamentali, ma è il momento in cui viene effettuato il prelievo a fare la differenza.

Il tempo che cura

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«Sto facendo i conti con un caso che dopo tutti questi anni mi ha dato molta tristezza» commenta Burlina «una diagnosi di malattia rara su una bambina di quattro mesi. Se fosse stata sottoposta a screening avremmo potuto farla al quarto giorno di vita». Di fronte a malattie che quando colpiscono sono devastanti, non può che esserci amarezza: la piccola arriva da un territorio al di fuori del Veneto dove lo screening non è esteso come a Padova: la legge nazionale, infatti, codifica un pannello di 45 malattie. Nel 2019, tuttavia, è stata prevista la possibilità per le Regioni di allargarsi ad altre malattie – tra cui Sma, immunodeficienze e malattie di tipo lisosomiale – che non tutti hanno colto. «La diagnosi precoce è fondamentale perché accelera tutti i processi» chiarisce «ci sono malattie che individuate in 4-5 giorni dalla nascita possono essere curate. Diversamente, già a dieci giorni, la terapia diventa molto meno valida: la risposta è legata a quando somministri il farmaco».

Ma oggi le vittorie sono di gran lunga superiori alle sconfitte: «Qualche giorno fa un bambino, cui il secondo giorno di vita era stata diagnosticata una malattia metabolica, ha ricevuto una parte del fegato dalla mamma. Fino a quando è stato possibile è stato portato avanti con terapia farmacologica, ma per questo tipo di malattia serviva il trapianto che, ora come ora, fa una grande differenza nelle cure». Il piccolo, un anno e mezzo, ha superato brillantemente l’intervento.

Il campione su carta

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La conoscenza delle malattie genetiche ereditarie è esplosa negli ultimi 40 anni con la capacità di riconoscerle. «Spesso non c’è la percezione perché i sintomi possono essere quantomai vari a livello pediatrico» spiega Burlina «per molto tempo i giornali sono stati pieni di casi di morti improvvise tra i lattanti. Oggi sono quasi scomparse perché vengono riconosciuti i rischi di origine metabolica».

Nei laboratori di via Orus – per questo tipo di esami – sono state abolite le provette con l’etichetta: qui arriva un cartoncino con cinque “macchie” di sangue e un codice a barre. «Noi vediamo tutte le nascite del nostro territorio di competenza. Ad esempio, vediamo che XY è nato a Tarvisio e aspettiamo il suo campione di sangue» spiega «in 24 ore arriva la busta. Il campione viene inserito nella macchina che effettua una sorta di punzonatura del cartoncino di 3,2 millimetri». Quindi viene posizionato su piastra e dopo un’incubazione con i reattivi, viene processato e in due minuti il risultato è pronto. Se è anomalo, il sistema lo contrassegna con una bandierina rossa per ulteriori verifiche.

Le “macchie” di sangue vengono organizzate sulle piastre a seconda dei test che vengono eseguiti, siano di tipo endocrinologico, ad esempio per l’ipotiroidismo, di tipo metabolico come aminoacidi, o di tipo genetico nel caso di Sma e immunodeficienza. Ogni piastra può processare fino a 60 campioni che corrispondono ad altrettanti bambini. Sono 30.000 i campioni analizzati ogni anno per 55-60 malattie – ma in dodici mesi sarà possibile arrivare a 100 – per un totale di 1,5 milioni di esami l’anno.

Infine, il risultato viene inviato via intranet al punto nascita da cui è stato spedito, inserito nella cartella elettronica e, in caso di necessità, si procede con la presa in carico.

I nodi della svolta

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Una volta i bambini con malattia metabolica ereditaria arrivavano in ospedale in condizioni disperate: «Ora succede più raramente, la sfida è seguirli per fare in modo che stiano il meglio possibile attraverso l’utilizzo di terapie molto sofisticate» chiarisce.

L’ostacolo, oggi, è riuscire a spiegare che un bimbo apparentemente sano starà molto male: per aiutare le famiglie è stato predisposto un team multidisciplinare composto da pediatri, neuropediatri e psicologi. «È difficile presentarsi a casa di una famiglia felice che non sospetta nulla e metterla di fronte a una malattia che non vede» conclude Burlina «c’è un 2-3% di genitori che rifiuta di sapere. Io invito tutti i genitori a donare una goccia al figlio e alla ricerca: queste indagini sono un grandissimo aiuto per cambiare la storia. La diagnosi precoce sarà sempre più efficace e con costi sociali e umani minori – comprese le famiglie che deflagrano sotto certi pesi – rispetto a quelli provocati dalla disabilità quando questa si presenta».

Nuovi test per celiachia e diabete

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Le malattie metaboliche rare corrono e l’Azienda Ospedale Università ha già il pannello di test più ampio a disposizione. Tuttavia, all’orizzonte ci sono sempre nuove sfide che la sanità dovrà scegliere se cogliere. «Con l’immigrazione sta emergendo un problema molto particolare, perché queste persone presentano malattie ematologiche, tipo emofilia e talassemia, per cui bisognerà valutare se includerle nel pannello o meno» sostiene il professor Alberto Burlina, direttore dell’Uoc Malattie Metaboliche Ereditarie «del resto le malattie genetiche vanno bilanciate sulla popolazione».

L’altra sfida sul campo, è l’apertura ad altre malattie non strettamente metaboliche – diabete e celiachia – in fase di discussione in Parlamento. «Siamo partiti da un concetto di malattie rarissime e l’abbiamo ampliato ad altre di frequenza variabile, stiamo quindi cambiando il concetto di base. Gli screening su diabete e celiachia sono molto sostenuti sia dall’associazionismo che dalla politica» prosegue «nel primo caso, l’obiettivo è evitare condizioni causate da una diagnosi tardiva, mentre per quanto riguarda la celiachia il costo sociale in termini di diagnosi sta diventando molto importante.

Ecco le sfide del futuro

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L’introduzione di screening per malattie non strettamente genetiche è destinata a modificare il panorama della prevenzione in Italia: «La grande sfida dei centri di prevenzione sarà il pannello genetico per ognuno. Su questo fronte siamo solo all’inizio di quello che potremo sapere: con un test si potranno vedere 2-3.000 malattie genetiche. Tuttavia questo ci proietterà in un futuro molto più complesso, in cui dovranno intervenire fenomeni di intelligenza artificiale per guidare un’enorme quantità di dati».

Una strada che, una volta intrapresa, è destinata a modificare ulteriormente in concetto di prevenzione: «Non si parlerà più solo di un numero limitato di malattie legate al neonato, ma di patologie per cui un giorno potrò star male, come diabete celiachia. Si tratterà cioè far prevenzione su patologie la cui insorgenza è legata al nostro stare, non all’immediato. È una cosa che stiamo studiando e che già in parte già facciamo» chiarisce il professor Burlina «nel senso che ad alcune malattie già abbiniamo un test: a quello classico che si basa sull’aumento di un metabolita nel sangue agganciamo un test genetico. Penso che inizialmente dovremo lavorare in parallelo»

Prevenzione sui tumori

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Diversamente, tra le malattie che possono insorgere nell’età adulta, la sfida è destinata a coinvolgere alcuni tumori familiari molto frequenti: «In quel caso bisognerà cominciare a fare un discorso di prevenzione su possibili patologie genetiche ad alta incidenza» conclude «ad esempio, se c’è una famiglia che presenta un’alta frequenza di tumore al pancreas, nel neonato potremo già indagare una serie di alterazioni genetiche che me lo identificano».

Una prospettiva che apre scenari economicamente difficili da sostenere: «Bisognerà vedere cosa succederà a quel punto, una volta dato un allarme, perché in questo modo io troverò un paziente da prendere in carico, con costi e necessità di centri specialistici. Si apre quindi un capitolo differente da quello classico per cui vado dal medico quando sto male. Io andrò dal medico perché potrei un giorno star male: stiamo andando verso una medicina sempre più predittiva e personalizzata».

Fotoservizio Agenzia Bianchi

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