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Contratti, orari, salari: in provincia di Padova le cause di lavoro aumentano del 25%

A livello nazionale l’aumento delle cause di lavoro è del 6,2%. Ma in provincia di Padova gli uffici legali della Cgil e della Cisl registrano impennate del 20-25%. Le vertenze maggiori riguardano tre settori: edilizia, commercio e metalmeccanica.

Nel primo caso – secondo i tecnici – la ragione è da ricercare nell’aumento delle aziende finalizzate al 110%: hanno aperto e chiuso sulla scia del Superbonus, lasciando a casa molti lavoratori che erano stati (per di più) inquadrati con contratti irregolari.

Il secondo dato rientra nel grande mondo del terziario, dove purtroppo continuano a determinarsi situazioni opache: full-time camuffati da part-time; straordinari non pagati.

E infine la metalmeccanica che è uno dei settori che dà maggiore lavoro e dunque le vertenze sono fisiologiche.

«Tra 2023 e 2022 abbiamo visto veri e propri balzi in questi settori», rivela Francesca Pizzo, segretaria territoriale Cisl Padova. «Nel commercio siamo passati da 840 vertenze del 2022 a 945 nel 2023; nel metalmeccanici da 625 nel 2022 a 690 l’anno scorso; ma soprattutto in edilizia siamo passati da 231 casi nel 2022 a 330 l’anno dopo».

LE CAUSE PRINCIPALI

«Le cause principali che spingono il lavoratore a rivolgersi a noi sono lo sfruttamento dei contratti a tempo determinato», riferisce Teodor Amarandei, referente dell’ufficio vertenze di via Longhin. «E, nel caso di contratti a tempo indeterminato, per le ore di straordinario non pagate. Seguiamo poi licenziamenti irregolari e contratti non conformi; provvedimenti disciplinari; accertamenti ai subordinati, ovvero partite iva che sono a tutti gli effetti dipendenti; accertamenti del danno biologico».

L’ufficio vertenze della Cgil ha nove sedi in tutta la provincia: Este, Monselice, Montagnana, Conselve, Piove di Sacco, Camposampiero, Cittadella, Piazzola sul Brenta e Padova; ed è affiancato dagli avvocati Daniele Mangione, Lucia Papa, Giancarlo Moro, Marco Paggi e Andrea Giantin. Qui vengono seguiti anche i recuperi crediti (stipendi arretrati e stipendi non pagati), Tfr negati e straordinari dimenticati.

C’è poi la consulenza: mancati versamenti ai fondi pensionistici da parte dell’azienda; differenze di livello di inquadramento; di orari (questo riguarda soprattutto i bar: lavoratori inquadrati come part-time che fanno 10 ore al giorno o apprendisti che gestiscono da soli interi locali). E il trend si conferma anche per quest’anno: «Nel primo semestre del 2024, rispetto allo stesso periodo del 2023, abbiamo registrato un aumento di vertenze del 24%, passando da 411 a 548», riferisce Amarandei.

«A cui si aggiunge un 12% che riguarda le gestioni di liquidazioni concorsuali – gli ex fallimenti – passate da 91 a 102».

DOVE SI NASCONDONO LE IRREGOLARITÀ

«L’aumento delle vertenze ci dice che non sempre c’è la giusta trasparenza», aggiunge Francesca Pizzo, della segreteria territoriale Cisl, «non è un caso che siano coinvolti i commercianti, i ristoratori, i piccoli bar: straordinari non pagati, organizzazione del lavoro carente, in cucina i cuochi sanno essere tremendi, con le parole e con i fatti, soprattutto nei confronti delle donne: bestemmie, insulti, manate. Inoltre le vertenze non arrivano dopo pochi mesi ma anni di lavoro – cinque o sei anni – e questo dimostra una precarietà estremamente diffusa».

DIMISSIONI

Un capitolo a parte riguarda le dimissioni: lavoratori che lasciano il proprio impiego perché ne hanno trovato un altro più vantaggioso. E che per la procedura on line – prevista dalla legge – si rivolgono al sindacato. Sia per la Cgil che per la Cisl siamo in linea con gli anni precedenti. «I casi di dimissioni sono variati di poco», aggiunge Amarandei, «erano 2.072 nel 2022 e sono state 2.012 l’anno scorso». In particolare, secondo i dati rielaborati dalla Cisl, il 53,04% cambia per uno stipendio migliore; il 16,84% per crescere professionalmente; l’8,23% per un ambiente lavorativo migliore; e il 5,89% e il 4,77% rispettivamente per la famiglia e per conciliare lavoro con la vita privata».

QUESTIONE DI GENERE

A presentare vertenza o fare causa al datore di lavoro sono soprattutto gli uomini (il 64% per la Cgil, il 62,62% per la Cisl) rispetto alle donne. «Purtroppo le donne hanno rapporti di lavoro più precari degli uomini», sottolinea Pizzo, «e hanno paura a fare causa perché sono più ricattabili rispetto alla famiglia e, se sono separate, lo stipendio è il loro unico reddito».

Cresce il numero di stranieri che fanno causa: il 31% per la Cgil: «Spesso gli stranieri non hanno una rete sociale di appoggio e fare vertenza è l’unica possibilità», precisa Amarandei. «La prima nazionalità che fa vertenza è quella romena (8,14%)», continua Pizzo, «seguono Marocco (2,98%), Albania (2,75%) e Moldavia (2,27%).

In generale questo corrisponde anche alla distribuzione di queste etnie nel mondo del lavoro padovano. Soprattutto in edilizia: è sorprendete il numero degli operai edili, ad esempio, inquadrati come metalmeccanici per non pagare la cassa edile».

L’ETÀ

A sorprendere è invece l’età delle persone che aprono una vertenza: sono sempre di più i cinquantenni. «Il 46,60% di chi fa causa ha tra i 31 e i 50 anni, il 26,79% tra 18 e 30 anni e un 24,81% ha tra 50 e 70 anni», sottolinea Pizzo, «questo ci dice almeno due cose: che molte persone lavorano ben oltre i 60 anni e che il lavoro è precario ad ogni età».

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