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Al Mittelfest Moni Ovadia vuole sviscerare e inscenare i Disordini del presente

Grande attesa per il ritorno a Mittelfest di uno dei beniamini della kermesse cividalese: Moni Ovadia che al Mittelfest che vuole sviscerare e inscenare i Disordini di questo nostro tempo confuso e incerto porta uno dei suoi spettacoli più battaglieri, che mette il dito nelle pieghe delle nostre coscienze e ne mostra i risvolti di ipocrisia, conformismo e finta tolleranza. S’intitola Senza confini il viaggio nella cultura di due popoli, gli ebrei e gli zingari, legati dall’esperienza dell’erranza e dell’alterità in scena per Mittelfest 2024 a Cividale in piazza Duomo giovedì 25 luglio alle 21.

Sul palco con Ovadia ci sarà un gruppo di musicisti che da sempre lo accompagnano in queste escursioni tra storia e attualità, tradizione e sua reinvenzione: Paolo Rocca al clarinetto, Massimo Marcer alla tromba, Nicu Neletu Baicu alla fisarmonica, Marian Serban al cymbalon e Petre Naimol al contrabbasso.

Perché dunque uno spettacolo su ebrei e zingari?

«Ebrei e il popolo degli “uomini” – così sono detti i rom e i sinti – hanno condiviso un destino comune, quello della condizione di “altro”. Entrambi per secoli hanno incarnato per ragioni simili e specifiche, la radicale “alterità” alle culture dominanti dell’occidente cristiano».

In che senso?

«Gli ebrei per aver rifiutato la verità assoluta del Cristo che i poteri ecclesiastici volevano imporre, gli “uomini” pur avendo accolto il Cristo non volevano omologarsi ai modelli di vita e al conformismo dominante estraneo al loro spirito di libertà».

Quindi il nomadismo non è stato vocazione originaria?

«No! Solo una risposta di dignità e di indipendenza per rispondere alle persecuzioni. I due popoli chiedevano solo di vivere secondo la loro identità, senza recare danno a nessuno».

Perché le persecuzioni e gli arbitrii di cui sono stati vittime nel tempo?

«Perché non erano irrigimentabili, essendo in tutto e per tutto popoli per cultura, tradizioni, spiritualità, ma senza confini, senza burocrazie. Eppure popoli sospesi fra cielo e terra a cavallo dei confini. Per questo, perché il loro esempio poteva rivelarsi deflagrante per sistemi tirannici, verticistici».

Una storia comune lunga secoli che però ha intrapreso strade diverse.

«Una storia che avuto il suo culmine nella tragedia comune dei campi di sterminio nazisti. Ebrei e zingari, oggetto della furia razzista e xenofoba del terzo Reich. Poi gli ebrei, conquistandosi una terra, una nazione, hanno visto riconosciuto il loro statuto di vittime del nazifascismo e il loro calvario ha avuto pieno riconoscimento. Gli ‘uomini’ invece continuano a essere discriminati, emarginati, vittime di pericolosi pregiudizi, falsi e ingiustificati luoghi comuni».

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