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Zaia: «E' il referendum che spacca l'Italia e non l'autonomia»

Zaia: «E' il referendum che spacca l'Italia e non l'autonomia»

foto da Quotidiani locali

Presidente Zaia, è iniziata la raccolta delle 500 mila firme per il referendum abrogativo della legge sull’Autonomia. I sondaggi indicano un quorum abbordabile e una possibile vittoria dei contrari. È preoccupato?

«Tutti gli istituti democratici, e il referendum lo è, vanno rispettati, che se ne condivida l’oggetto o meno. Prima di tutto, bisognerà capire se il quesito passerà il vaglio dell’ammissibilità. Dopodiché, a prescindere dal risultato, sarebbe questo referendum a spaccare veramente l’Italia, dato che la narrazione di chi lo ha proposto non rispetta la realtà».

Quindi secondo lei sarebbe il referendum, e non la legge sull’Autonomia, a essere il vero “spacca Italia”?

«Chi osteggia la nostra legge parla di “scatola vuota” e di “spacca Italia”. Ma come può una scatola vuota dividere il Paese? Siamo davanti a un grande progetto di decentramento amministrativo, che non metterà in difficoltà le comunità. Penso alla recente decisione del governo di demandare agli uffici postali la funzione di emettere i passaporti. Non mi risulta che nessuno si sia lamentato, dicendo che l’ufficio postale di Crotone è più efficiente di quello di Treviso, e viceversa».

Il testo sull’Autonomia parla di una delega delle competenze. Può essere la base per un progetto più fedele a quello iniziale di federalismo fiscale?

«La legge è chiara: parla di delega delle funzioni e di riconoscimento dei costi, senza sprechi, per la loro gestione. Il contenuto della legge è questo ed è solo su questo che noi lavoriamo».

Per il momento, il tentativo di proselitismo nel Sud Italia non è riuscito. Perché questa Autonomia proprio non riesce a convincere il Meridione?

«Intanto, le Regioni schierate per il referendum sono soltanto quelle di centrosinistra. E, al Sud, sono solo due: la Puglia e la Campania, entrambe amministrate dal Pd».

Nemmeno i governatori di Abruzzo e Calabria sembrano così favorevoli…

«Ma nessuno dei due sostiene il referendum. E, anzi, entrambi rappresentano una forza politica che si è impegnata per la legge sull’Autonomia. Una volta che le funzioni saranno devolute, voglio vedere quale sarà il governatore del Sud Italia che dirà: “Rinunciamo alle competenze assegnate al Veneto”. Quando andremo al vedo, saranno tutti convinti. Non ho mai trovato un collega che non chieda o, peggio ancora, che rinunci alle competenze dello Stato, trasferite alla propria Regione».

Quindi: correre con l’intesa, perché arrivi prima del referendum?

«Io continuo a dire che basta leggere la legge, per capire che non c’è nessuno spacca Italia. Ma, anzi, una grande possibilità, soprattutto per i cittadini del Sud. Settantasei anni di storia repubblicana e centralista ci hanno consegnato un Paese a due velocità e attraversato dalle disuguaglianze. C’è chi pensa che lo “status quo” possa cambiare per magia; io credo che serva intervenire e modificare il paradigma, perché le cose cambino».

Le perplessità del Sud Italia, anche nell’alveo di centrodestra, però restano. Come contate di risolverle?

«Parlando con gli elettori del Sud. Una funzione di Protezione civile che chiederemo sarà la devoluzione ai presidenti di Regione della facoltà di emanare le ordinanze in deroga, in caso di grandi calamità naturali nel territorio regionale. Mi chiedo quale elettore del Sud possa essere contrario a un provvedimento simile».

Ma le continue frizioni tra Forza Italia e Lega non rischiano di mettere a rischio gli equilibri nella maggioranza nel medio periodo?

«Anche tra Berlusconi e Bossi ci furono momenti di enorme tensione, eppure sono stati due grandi compagni di viaggio. Tra Forza Italia e Lega c’è un’intesa che dura dagli anni ’90. Abbiamo intrapreso un viaggio insieme, non libero dalle turbolenze, ma abbiamo ben chiaro qual è l’aeroporto di arrivo. E non chiederemo al pilota di atterrare prima».

A proposito di pilota, ha ricevuto rassicurazioni dalla premier Meloni, per una risposta celere alla lettera inviata al Cdm?

«Non ho incontrato la premier. Sicuramente lo farò, ma non ho appuntamenti in agenda. Dopodiché, questo governo si è contraddistinto perché ha rispettato gli impegni presi e si è caratterizzato per la rapidità di azione. Quindi, sono assolutamente fiducioso».

Ha già deciso quali, delle 9 materie “non Lep”, chiederete subito?

«Fin dalla pre-intesa, ho sempre creduto nella gradualità, fondamentale per testare la macchina. Non posso anticipare ai giornali quali materie chiederemo subito, non sarebbe rispettoso. Ottenuta la risposta del ministero delle Autonomie, convocherò la Consulta e riferiremo il lavoro fatto in Consiglio regionale. Immagino che il ministro Calderoli adotterà un cronoprogramma comune a tutte le Regioni che chiederanno l’Autonomia. Chi vorrà, vi aderirà, gli altri resteranno fuori».

Prima dell’attuazione della legge sull’Autonomia, il suo impegno più imminente è la nomina dell’assessore a Lavoro e Istruzione. Lo ha scelto?

«Al momento, non mi è stata comunicata alcuna candidatura. È giusto che ci sia un confronto interno a FdI, dal quale emergeranno delle alternative, che mi saranno proposte. Ho lasciato un breve periodo di “vacatio”, assumendomi le deleghe. Conto di prendere in mano il dossier a inizio agosto».

Parlando di amministrazione: a Venezia è stato scoperchiato un sistema che, se dovessero essere confermate le accuse della procura, vede la gestione della “cosa pubblica” in parte asservita agli interessi privati. Sindaco e giunta si dovrebbero dimettere?

«Non ho letto le carte dell’inchiesta e non sono abituato a commentare fatti di cui non so. Conosco la serietà del procuratore capo Cerchi e dei pm Bacchaglini e Terzo, che si occupano dell’inchiesta. In un Paese civile, i processi non si celebrano sulla pubblica via, ma nei tribunali, come ho detto anche all’epoca del Mose. Questo, nell’interesse di tutti, ma soprattutto delle parti coinvolte. Il mio auspicio è che l’attività del tribunale sia rapidissima. Le dimissioni rientrano nell’ambito di una scelta personale, che non giudico».

L’inchiesta di Venezia ha ravvivato le voci sulla sua candidatura a sindaco. Si sente ulteriormente responsabilizzato, ora?

«Ringrazio i molti che mi indicano, mi segnalano e me lo chiedono. Ma questa fase impone rispetto nei confronti dei veneti, che devono sapere che il loro governatore è assolutamente concentrato sulla Regione, e nei confronti della stessa amministrazione di Venezia che, ad oggi, è in carica fino all’autunno 2025 - primavera 2026. Ogni considerazione è prematura».

Ma lei spera ancora nell’abolizione del 3° mandato, per ricandidarsi a governatore?

«L’esistenza di un tetto ai mandati è un’anomalia che in Italia riguarda solo due cariche, entrambe elettive. E sono certo che, prima o poi, questo limite sarà eliminato: se tra un anno o tra dieci, però, non lo so».

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