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Ginnastica artistica, Nicola Bartolini: “Ci hanno preso come cani randagi. Ci potevamo ammalare alla Cerimonia”

Ginnastica artistica, Nicola Bartolini: “Ci hanno preso come cani randagi. Ci potevamo ammalare alla Cerimonia”

Nicola Bartolini è stato tra i grandi protagonisti dell’Italia capace di conquistare la qualificazione alla finale a squadre di ginnastica artistica maschile alle Olimpiadi di Parigi 2024. L’azzurro ha fornito il proprio contributo tra volteggio, parallele pari e corpo libero, attrezzo in cui sperava di raggiungere la finale (purtroppo ha commesso due errori in apertura, non riuscendo a raggiungere il traguardo). Primo atto conclusivo della storia per la nostra Nazionale, che lunedì 29 luglio tornerà in pedana per sognare ancora in grande.

Nicola Bartolini ha analizzato la prestazione attraverso i canali federali: “È assurdo. Arrivo da stagioni dove non ci qualificavamo nemmeno per andarci ai Giochi. Beppe (il DTN Giuseppe Cocciaro, ndr.) ci ha preso come cani randagi, ci ha fatto da educatore cinofilo portandoci su una strada lastricata di cinque cerchi. Il DTN ha dimostrato la bontà delle sue scelte, per anni siamo stati criticati, mentre la femminile italiana raccoglieva successi, meritatissimi, e noi sembravamo così lontani da realtà straniere, inarrivabili. Bene, oggi siamo entrati in una finale olimpica e abbiamo due ginnasti tra i migliori sedici dei Giochi di Parigi. Dei risultati splendidi che stiamo portando a casa ultimamente, dai successi Europei ai piazzamenti iridati, questa è la ciliegina sulla torta”.

Il sardo ha poi proseguito:Non mi importa per la finale al corpo libero tengo di più al percorso che stiamo facendo con il gruppo. Certo, un po’ rosico, ma la mia priorità era la squadra. La cerimonia di apertura? È stata umida. A me non è piaciuta. Mi hanno detto che anche da fuori non è stata un granché. Io ho sempre visto la sfilata nello stadio, nelle passate edizioni, con occhi innamorati. Ho immaginato una vita di sfilare, camminando. Invece, ieri, la magia si è rotta, anzi c’è stato il grande rischio che qualcuno si potesse ammalare, vanificando l’impegno di tre anni di lavoro”.

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