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«Balcani sempre più lontani dall’Ue»

«Balcani sempre più lontani dall’Ue»

foto da Quotidiani locali

BELGRADO. I Balcani occidentali sono pronti per entrare nella Ue? Con alta probabilità no. E nemmeno l’Unione sembra essere sinceramente interessata all’allargamento. Ma le conseguenze di uno stallo ormai decennale sono estremamente negative. Ed è questa una storia triste: quella di un successo mancato – perché se l’area fosse diventata membro Ue vent’anni fa oggi i Balcani sarebbero fiorenti.

Storia che è stata riassunta dagli analisti di Erste Bank, in un approfondito studio dedicato proprio alla convergenza tra Balcani occidentali e Ue, rapporto che è scaturito da una domanda-chiave: «quanto è reale il sogno europeo» di Serbia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro e Kosovo? Più che un sogno si potrebbe parlare di chimera, la risposta di Erste. «Al momento, nessuna delle due parti è pronta» all’adesione e ad accogliere nuovi membri, con l’Ue «riluttante ad allargarsi e i Paesi dei Balcani occidentali restii a portare avanti riforme significative», si legge in un’analisi che fa svanire le illusioni, molto realistica, perché scatta una fotografia credibile della situazione. Condizione, quella di una “isola” circondata da Paesi Ue ma lontana dall’adesione, che sta avendo effetti estremamente deleteri per la regione.

Lo confermano, ad esempio, i dati sul Pil pro capite, ormai al 91% della media Ue in nazioni che hanno issato la bandiera blu a dodici stelle come Slovenia e Cechia, dieci punti in più rispetto al momento della loro ammissione, tra il 64 e l’80% negli altri Paesi entrati nella Ue tra il 2004 e il 2013. La situazione nei Balcani è invece drammaticamente diversa, con il Pil pro capite al 35% della media Ue in Bosnia, al 41% in Macedonia del Nord, al 46% in Serbia e al 52% in Montenegro. In pratica, l’adesione fa bene, con un Pil pro capite cresciuto in vent’anni del 40,7% in Polonia, del 19% in Ungheria e Cechia, del 16% in Slovacchia, alcuni degli esempi portati da Erste.

Le cose sarebbero potute andare allo stesso modo nei Balcani, se la regione fosse riuscita ad aderire nel 2004, l’anno dell’ultimo storico “mega-allargamento”. Secondo Erste, il pil pro capite in Montenegro sarebbe oggi più robusto del 53%, in Serbia di +73%, in Macedonia del Nord e in Bosnia-Erzegovina addirittura volerebbe oltre il 100%. Quadro ipotetico che è ben diverso da quello reale, in una regione destinata a rimanere ancora a lungo fuori dalla Ue. E che affronta problemi crescenti. «Il grado di fertilità nella regione è in media di 1,5», l’età media si sta alzando drammaticamente, aumenta «l’emigrazione», in particolare di «persone in età da lavoro» e di giovani da un’area «che invecchia» rapidamente, con potenziali pesantissime ripercussioni sulle casse pubbliche, che spendono sempre più in «pensioni e assistenza sanitaria». Ed è preoccupante che «il 71% dei giovani» che ancora rimangono nei Balcani «stia considerando di andarsene», hanno ammonito gli analisti di Erste. Che hanno avvisato anche che, malgrado sia maggioranza ovunque tranne in Serbia, il numero degli europeisti nei Balcani si sta riducendo (-3% rispetto al 2021).

Difficilmente le cose miglioreranno a breve. «Manca impegno» da parte della Ue verso la regione, sempre meno prioritaria rispetto ad altri temi – crisi economiche, Covid, Ucraina – ma anche i Balcani starebbero facendo troppo poco per convincere Bruxelles. E intanto la regione rimane indietro, si svuota, non cresce abbastanza.

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