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I saldi sono in crisi a Padova, meno 6,5%. Delusi i negozianti

I saldi estivi 2024 non sono andati benissimo a Padova. Flette l’interesse dei padovani: il 55% ha previsto di acquistare almeno un capo contro il 61% del 2023; e diminuisce del 6,5% il giro d’affari, stimato alla vigilia dei saldi in 32 milioni di euro e, a circa un mese dall’inizio degli sconti, ipotizzato a non più di 30 milioni. A dirlo i dati Confesercenti-Ipsps e le analisi di Confcommercio Ascom.

Sui numeri le due associazioni di categoria sono sulla stessa linea, ma sul da farsi divergono radicalmente.

Nicola Rossi, numero uno di Confesercenti, ha scritto una lettera all’assessore regionale al commercio Roberto Marcato, chiedendo di posticipare i saldi alla fine della stagione e di essere più severo con le promozioni furbette, quelle che raggiungono il cliente con il messaggio whatsapp o sui social senza rispettare l’avvio ufficiale.

Invece per Riccardo Capitanio, presidente di Federmoda Ascom, sono proprio i saldi a non funzionare più, sposarli non servirebbe a niente, a cambiare deve essere il commerciante perché non intercetta più l’interesse dei clienti.

Spostare saldi

«Le vendite di fine stagione sono un momento cruciale per gli imprenditori del settore moda, specialmente dopo un trimestre primaverile caratterizzato da vendite deludenti a causa di un meteo anomalo, che ha inciso negativamente sui consumi di capi, calzature e accessori – attacca Rossi – I saldi di fine stagione continuano ad essere tra gli eventi commerciali più attesi, sebbene l’eccesso di promozioni e pre-saldi ne abbia ridotto l’impatto. La riduzione delle vendite è attribuibile a diversi fattori, tra cui l’inflazione e lo scarso interesse dei clienti».

Il posticipo permetterebbe, secondo la Confesercenti, una gestione più efficace dell’inventario per offrire sconti realmente vantaggiosi senza la pressione delle promozioni anticipate.

Concorrenza sleale

Sempre che la concorrenza sleale non fagociti ogni speranza: «Negli ultimi mesi, abbiamo riscontrato una proliferazione di pratiche scorrette legate ai saldi online, che compromettono l’equilibrio del mercato e la leale concorrenza tra commercianti – aggiunge Linda Ghiraldo, presidentessa di Fismo Confesercenti.

«Molti fornitori e rivenditori utilizzano la pratica degli sconti selvaggi on line, usando piattaforme social come Instagram e Facebook, con pre-saldi che arrivano fino al 40%. Questo crea un evidente svantaggio competitivo per i negozi fisici, che sono soggetti a regolamentazioni più rigide e controlli stringenti. È fondamentale che tali comportamenti vengano sanzionati con severità».

Negozianti impreparati e addio ai saldi

«Hanno funzionato solo gli sconti di almeno il 50% – spiega Riccardo Capitanio, presidente regionale di Federmoda – Il consumatore spende meno perché ha meno soldi e anche chi può permetterselo ha preferito investire in vacanze e weekend fuoriporta». Al netto però di una stagione claudicante fin dall’inizio, sono proprio i saldi ad essere messi in discussione: «Quello che serve oggi al commercio è più professionalità – sottolinea Capitanio»

«I negozi per fare bene devono essere funzionali ai bisogni del cliente: l’acquirente è cambiato, comincia lo shopping sul divano, con il suo cellulare, mentre il commerciante è rimasto fermo a decenni fa. Tornare indietro, all’attesa dei saldi, quando il mondo è una continua vetrina sempre aperta e sempre in saldo, è folle».

«Non riusciremo a tornare indietro, semmai i saldi sono destinati ad essere eliminati. I problemi non sono i saldi, ma che le nostre botteghe non sono più attrattive. Padova paga il peso di non essere comoda: solo per guardare, senza comprare, il cliente ha già la tassa parcheggio. I clienti ce li dobbiamo andare a prendere a casa, seduti sui loro divani, affacciandoci ai loro social, attirandoli nei nostri negozi. Aprire un negozio oggi non è più alzare una serranda, al contrario è marketing, psicologia, stile, business plan. Ma anche il consumatore, che si dice green, dovrebbe essere davvero ecologico: la moda deve imparare a produrre meno e le persone a comprare con più consapevolezza».

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