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Testimoni e artefici del futuro, l’eredità di don Di Piazza

Esce il nuovo libro di don Di Piazza: “La profezia del quotidiano, in ascolto dei Profeti e Testimoni” (Alba Edizioni). Sarà presentato il 17 agosto a Tualis di Comeglians.

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“La profezia del quotidiano, in ascolto dei Profeti e Testimoni”, è un libro importante che raccoglie degli scritti di mio fratello don Pierluigi Di Piazza. Leggendo la vita delle figure presentate, siamo chiamati a riflettere sul senso stesso delle nostre vite, su come caratterizzarle, su come coinvolgerci nel frammento di storia che viviamo, per non essere spettatori neutrali ma protagonisti nel contribuire a rendere il presente e futuro sempre più umani, favorendo il rispetto e la dignità di ogni persona.

Nella presentazione viene ben definito il significato della profezia e poi ci sono 18 capitoli in cui sono delineate le figure di alcuni profeti e testimoni, padre Turoldo e Balducci, Bonhoeffer, don Primo Mazzolari, Martin Luther King, padre Luigi Scrosoppi, Gandhi, Madre Teresa di Calcutta, per citarne alcuni.

Non ci sono don Lorenzo Milani, il vescovo don Tonino Bello, don Puglisi, don Gallo, il vescovo Oscar Romero, ai quali è dedicato ampio spazio in testi precedenti scritti da Pierluigi. Alla conclusione dei vari capitoli viene riportata una riflessione che favorisce l’attualizzazione dell’insegnamento che la vita e le opere di queste persone religiose e laiche così importanti, ci consegna per interpretare al meglio il tempo in cui viviamo. La profezia si pone come alternativa al conformismo, al fatalismo, all’impotenza, alla paura.

Senza profezia non c’è storia umana, non c’è comunità di fede; la sua provocazione riguarda ciascuno/a di noi nel coraggio di essere noi stessi, di continuare a sperare nonostante le situazioni contrarie nella giustizia, nella pace, nella salvaguardia del creato e dare il nostro contributo operativo, concreto perché questo possa realizzarsi, dando così un senso alla nostra vicenda umana.

I profeti non sono coloro che predicano il futuro, bensì coloro che vivono così intensamente il presente da svelarne le ingiustizie, le violenze, le varie forme di disumanità, da indicare i sentieri e le strade della liberazione.

E nella chiesa, nelle istituzioni, nella politica dovrebbe battere la luce lunga della profezia, e dovrebbero lasciarsi interpellare e mettersi in discussione invece di racchiudersi nella staticità, emarginando il più delle volte i profeti. La forza dei personaggi presentati in questo libro provoca uno scuotimento delle coscienze, è contagiosa, è una energia potente che smuove qualcosa, interroga, inquieta, non lascia indifferenti.

Possiamo fare anche noi ciò che ci indicano? Sì, senza enfasi, dipende dal nostro impegno, dalla nostra coerenza, dalla nostra speranza. Il filo luminoso che percorre tutto il libro e che collega le figure esemplari di questi profeti e testimoni, alimenta la speranza per costruire appunto un futuro e un mondo migliore, con la forza di quella profezia che ciascuno di noi dovrebbe praticare nella quotidianità.

Un libro che contribuisce a riprogettare la speranza e trasmette un messaggio di fiducia e coraggio, in un mondo le cui metamorfosi possono ridurre il nostro ottimismo. È molto pregnante, dopo aver riflettuto su Giorgio La Pira, politico e giurista, per tre volte sindaco di Firenze e più volte deputato, quello che Pierluigi scrive sulla politica, su come dovrebbe caratterizzarsi.

La Pira è stato citato da papa Francesco a Trieste in occasione della settimana sociale dei cattolici e le riflessioni di Pierluigi sulla politica, possono essere di riferimento anche per il mondo cattolico che inevitabilmente si interroga sul rapporto con le istituzioni e quindi necessariamente anche con la politica.

«La politica non è solo fare, amministrare, gestire, è anche prima di tutto ispirarsi, riflettere, per cui è doverosa, necessaria, urgente una cultura politica a cui formarsi, da alimentare e diffondere.

Le ispirazioni, laiche o religiose che siano, non dovrebbero diventare a priori assolute, ipoteche preventive, perché la politica ha esigenza di una serena e trasparente laicità; ispirata ma poi autonoma nel suo percorso che necessariamente dovrà mediare fra posizioni diverse, sperando si tratti sempre di una mediazione evolutiva verso situazioni più positive, non di mediazioni involutive. La giustizia, la pace, la salvaguardia dell’ambiente vitale, i diritti umani, le persone dovrebbero essere sempre al centro della cultura e prassi politica, con attenzione ai più poveri, più deboli, a coloro che fanno più fatica, ai meno garantiti. La vita, il lavoro, la cultura, l’arte, perfino l’amore, la malattia, la sofferenza, addirittura anche la morte, hanno una dimensione politica.

Oggi una politica seria, e qui è illuminante il pensiero e l’azione di La Pira, non può non saper rapportare la comunità locale a quella mondiale, il decentramento e l’autonomia e il rapporto con le istanze planetarie. Possiamo affermare in una conclusione sempre aperta, che senza ispirazione, senza cultura, senza immaginazione, senza coraggio, non ci può essere una politica degna dell’uomo. E le convinzioni in politica, vengono prima della ricerca del consenso».

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