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Dalle prime gru ai nuovi laboratori: va in pensione Gianni Cozzi, da 40 anni anima di Area Science Park

Dalle prime gru ai nuovi laboratori: va in pensione Gianni Cozzi, da 40 anni anima di Area Science Park

foto da Quotidiani locali

TRIESTE L’ultimo progetto esecutivo che ha firmato, prima di andare in pensione, è quello per la realizzazione del moderno laboratorio di microscopia avanzata, il cui cantiere a breve partirà nel campus di Basovizza.

«In quarant’anni non c’è mai stato un incidente, né rilevante né irrilevante: non una cosa da poco, con così tanti laboratori», premette Gianni Cozzi, direttore del Servizio Ingegneria, tecnologia e ambiente di Area Science Park fino allo scorso 30 luglio quando, compiuti 67 anni, si è congedato da una lunga carriera fatta di decine di piani regolatori e continue chiamate in piena notte.

Gli inizi

Assunto il primo aprile 1985 come giovane ingegnere dall’allora Consorzio per lo sviluppo dell’Area scientifica e tecnologica di Trieste, Cozzi è stato testimone e artefice della trasformazione, prima, e dello sviluppo, poi, da quello che era il Campo profughi di Padriciano a quella che è la moderna realtà dei due campus scientifici di Padriciano e Basovizza. «All’epoca – dice – Area doveva nascere, più che crescere: eravamo in dodici, sotto la guida di Fulvio Anzelotti, e lavoravamo per un ente pressoché sconosciuto».

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Venti edifici

Il nome dell’ingegner Cozzi compare su tutti i piani regolatori degli oltre venti edifici di Area Science Park, per oltre 80 mila metri quadrati di superfici attrezzate per attività di ricerca e sviluppo. «Tiravamo su un edificio ogni tre anni: finanziamento dopo finanziamento, il tempo di progettarli e andare in gara», racconta Cozzi, passando in rassegna i documenti e recuperando foto ingiallite delle primissime ruspe a scavare nel terreno che oggi ospita il moderno campus scientifico.

Il laboratorio di Sincrotrone

Tra le tappe fondamentali della sua carriera c’è infatti la costruzione dell’allora avanguardistico laboratorio di biotecnologie dell’Icgeb, per la cui progettazione Cozzi trascorse un lungo periodo di studio negli Usa. E, poi, l’insediamento del grande laboratorio di Elettra Sincrotrone: una corsa iniziata nel 1986, quando Trieste la spuntò come sito per la costruzione di una macchina di luce nazionale, e terminata nel 1993, con la produzione del primo raggio di luce stabile a Basovizza. «In quegli anni – ricorda Cozzi – mi trovai catapultato in un’avventura: tra lunghe chiacchierate con Carlo Rubbia e mille revisioni a piani e progetti».

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Il trasferimento della prua di Elettra

A Cozzi, anche, il merito del complicatissimo trasferimento della prua della nave Elettra di Guglielmo Marconi dalla Stazione marittima fino al campus di Padriciano, dove tuttora riposa ben visibile dalla strada. «Fu un’impresa titanica», ricorda: quell’ultimo viaggio durò tutta la notte del 6 settembre 2000, e richiese la chiusura delle strade del centro e persino la rimozione di semafori e cartelli stradali presenti lungo il percorso, di modo da lasciar passere gli otto metri per otto della nave laboratorio.

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Quarant’anni di progetti, innumerevoli chiamate nel cuore della notte «ogni volta che saltava la luce nei primi edifici» e pratiche per la gestione della sicurezza nei due campus moderni. Infine l’ultima “eredità” lasciata ai colleghi: il nuovo laboratorio di microscopia avanzata, per il quale Cozzi ha firmato pochi giorni fa il progetto esecutivo. Ma di cui, ricorda, «questa volta non potrò seguire il cantiere».—

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