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Alice delle meraviglie: la D’Amato trionfa e vince l’oro, prima volta per la ginnastica

Il sorriso alla fine dell’esercizio spiega tutto. Alice D’Amato, 21 anni genovese, capisce di aver fatto l’impresa della vita.

E il punteggio dei giudici le dà la conferma. È medaglia d’oro alle Olimpiadi, la prima della storia per la ginnastica artistica femminile. E arriva alla trave, l’attrezzo più difficile. Con lei in una giornata storica, c’è Manila Esposito, napoletana, bronzo a 17 anni. Sorride, è incredula sul podio accanto alla cinese Yaqin Zhou, d’argento. Una rivoluzione. Simone Biles, la stella più attesa, cade, finisce quinta e rende omaggio alle azzurre: «Hanno fatto un esercizio fantastico, saranno d’esempio per le giovani». L’inno di Mameli risuona nell’Arena di Bercy, brividi e commozione per la Nazionale che ora siede al tavolo delle grandi.

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Dopo anni di fatiche, di buio, di studi per migliorare ecco il trionfo. Al di là di ogni aspettativa, anche se il direttore tecnico Enrico Casella, l’ex rugbista che segue la filosofia dell’importanza dell’unità del gruppo, aveva ottime sensazioni. E si sa, le Fate trasformano i sogni in realtà. Con una magia che è figlia del talento ma anche di un rigoroso lavoro di crescita, di una costanza senza pari. Questo è il miracolo di Alice, costruito con passione, dedizione. Un lavoro che le è servito anche come terapia. La ginnastica l’ha aiutata ad uscire dal tunnel nel quale era sprofondata per la morte del papà Massimo, vigile del fuoco, mancato nel novembre 2022. «Il dolore mi ha fortificato nel tempo. Appena è successo non pensavo che sarei riuscita ad andare avanti. Lo sport mi ha aiutato a liberarmi». Respira, poi continua: «L’oro lo dedico a lui, era orgoglioso di me». Mamma Elena, parrucchiera a Genova, è un centro di gravità. Ma la quotidianità la divide con Asia, la gemella, azzurra come lei, che sui social posta. «Dopo tutto quello che abbiamo passato siamo riuscite ad andare avanti. Sono super fiera». A Brescia, la cantera di questo sport, le sorelle D’Amato dividono l’appartamento con le compagne Giorgia Villa e Martina Maggio. Si sono trasferite lì da ragazzine, all'età di 10-11 anni, per migliorare. «Ho sacrificato tutto per l’obiettivo di arrivare così in alto, rifarei ogni cosa. Queste medaglie mi ripagano di ogni sforzo».

Oltre all’oro Alice ha vinto anche l’argento a squadre, e si è piazzata quinta alle parallele asimmetriche. Risultati che le permettono di riscrivere la storia azzurra. I numeri fotografano la sua grandezza: lei ha fatto meglio di Jury Chechi, oro e bronzo, e di Igor Cassina, oro ad Atene. Solo Franco Menichelli nel dopoguerra ha vinto più medaglie olimpiche (bronzo a squadre e corpo libero a Roma ‘60, oro a corpo libero, argento agli anelli e bronzo alle parallele a Tokyo ‘64).

Dopo la fatica c’è la festa, gli abbracci e le interviste. E finalmente, dopo la tensione si scioglie in un sorriso. Raggiante il direttore tecnico Enrico Casella: «È stata un’Olimpiade straordinaria, abbiamo battuto tutti, Stati Uniti a parte, Biles fa la differenza». E aggiunge: «Vorrei che Alice avesse più fiducia in se stessa. In questi giorni abbiamo parlato molto, l’ho sempre incoraggiata. Le ho detto che alla trave avrebbe potuto fare medaglia».

Già la trave, attrezzo affascinante e complicato, largo quanto un iphone, richiede equilibrio forza e agilità. Alice non l’ha mai amata molto, preferisce le parallele: «C'è stato un momento in cui non vedevo la luce e invece adesso ho l'oro olimpico. Dove lo tengo? È qui, nello zaino. Questo ci insegna che le medaglie le vinci quando lotti fino alla fine e non molli».

Eccola, la campionessa, punta di diamante di un’Italia che conquista per il suo valore, capace di lottare e di inseguire grandi obiettivi. Poi, se sei una Fata, i sogni si trasformano in medaglie d’oro. —

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