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Francesca Conte, dottoressa trevigiana al policlinico olimpico: «Un sogno»

Ha presentato la sua candidatura ai primi del 2023. Il suo curriculum di medico sportivo, libera professionista e nello staff dell’Oras, le 4 lingue parlate, e forse anche il suo entusiasmo per la professione. È stata presa subito, volontaria. Al policlinico del Villaggio Olimpico, e già opzionata pure per le Paralimpiadi.

«Corono un sogno, meglio, lo sto vivendo», dice Francesca Conte, 40 anni, da Fiera, medico dello sport, figlia dell’ingegner Vincenzo e della giornalista Maria Pia, prima di prendere servizio nell’ospedale delle Olimpiadi. «Chi non vorrebbe partecipare alle Olimpiadi? Non potevo farlo come cestista (ha giocato a Treviso, allenata da Nidia Pausich ndr), neanche come allenatrice, mi sono detta che forse potevo arrivarci con la professione. Per anni ho collaborato con TvB, Milan femminile, Venezia calcio, e con tre federazioni, la Fidal, la Figc e la Fip».
Non fa parte della delegazione Coni, quindi?
«No, giustamente il Coni ha privilegiato i medici che già lavoravano nelle Federazioni. Siamo volontari, reclutati dall’organizzazione delle Olimpiadi, valutati per titoli e competenze. Siamo tre medici e tre anestesisti italiani, la maggior parte sono francesi».
Come funziona il vostro servizio?
«Al policlinico possono accedere tutti gli atleti gratuitamente. E per quelli dei paesi più poveri c’è la possibilità di avere cure e servizi non assicurati nel loro paese, penso a dentisti e oculisti, così come vedo gli atleti americani che ricorrono alle sedute di fisioterapia, non pare loro vero. In generale, c’è richiesta per le risonanze e gli accertamenti sugli infortuni».
C’è Tamberi malconcio.
«Ci hanno avvisato, ma ci consta sia ancora in Italia, credo arriverà nel pomeriggio (di ieri ndr). Io mi occupo per lo più di accoglienza e di servizi radiologici per traumi. Siamo una bella squadra, tutti volontari, anche gli infermieri».
C’è il tempo per vedere qualche gara?
«Non moltissimo, ho assistito a una partita di calcio e alla partenza del ciclismo. Mi piace l’entusiasmo, prevale la gioia di esserci, di partecipare alla festa. E al contrario di quanto si possa pensare, ci si muove bene per Parigi e dintorni con la metro. Anche con i controlli per la sicurezza».
L’atmosfera olimpica?
«Bellissima, fantastica, un sacco di persone e di cose. Sono felice di aver potuto vivere questa esperienza, tanto più che tornerò qui per le Paralimpiadi, sempre volontaria».
C’è qualcosa che l’ha colpita particolarmente?
«La possibilità di aiutare gli atleti dei paesi più poveri, che peraltro hanno la consapevolezza di aver avuto la fortuna di poter vivere questa esperienza e di avere questa straordinaria chance. E tu ti senti utile».

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