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La carenza di medici riguarda solo alcune discipline: non si trascuri questa virata dei giovani

La carenza di medici riguarda solo alcune discipline: non si trascuri questa virata dei giovani

Lo scorso 23 luglio si è tenuto il concorso per le scuole di specializzazione dell’area medica 2024. Dai risultati emergono le inclinazioni professionali dei nuovi camici bianchi e il cambiamento radicale di prospettiva dei giovani medici. Negli ultimi anni la “vocazione medica” ha ceduto il posto ad un’oculata scelta basata su principi diversi, che contemplano […]

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Lo scorso 23 luglio si è tenuto il concorso per le scuole di specializzazione dell’area medica 2024. Dai risultati emergono le inclinazioni professionali dei nuovi camici bianchi e il cambiamento radicale di prospettiva dei giovani medici. Negli ultimi anni la “vocazione medica” ha ceduto il posto ad un’oculata scelta basata su principi diversi, che contemplano in modo significativo il guadagno professionale. I dati riportati dall’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), ente pubblico vigilato dal Mur, enunciano che discipline come la Medicina d’emergenza e urgenza, Radioterapia, Medicina interna, Anestesia e Chirurgia Generale, branche che una volta incarnavano la “facies medica” e agognate da migliaia di nuovi medici, risultino invece impoverite o addirittura deserte. Il Sole 24ore riporta che più di un terzo delle borse di specializzazione dell’anno passato, equivalente a circa 5000 borse, è risultato vacante.

La ben nota “carenza di medici”, quindi, non riguarda il mondo sanitario in generale, ma soltanto alcune discipline. Cosa dobbiamo trarre da questi dati? L’arte medica è solo un lontano ricordo ippocratiano? Proprio quest’ultimo nel giuramento scrisse: “Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati”. Qui si sofferma il pensiero dei giovani medici, aggravati da stipendi troppo bassi rispetto alle iperboliche ore di lavoro, in contesti a volte non piacevoli. Ben lontano da quella figura di medico, ormai estinta, a cui fa riferimento il Padre della Medicina. Se, dunque, è vero che ad ogni azione ne consegua una reazione, i giovani camici bianchi tendono a rivolgere lo sguardo verso discipline che gli consentano, oltre le mura ospedaliere, di giovare di un’attività privata che permetta loro di elevare il proprio stile di vita.

Opzione più drastica invece è la triste fuga dei medici all’estero. Un attento sguardo dell’Anvur sull’andamento generale delle scelte delle scuole di specializzazione dello scorso anno ci fa balzare agli occhi che specialistiche come la Chirurgia Plastica (135 su 136 posti occupati), Oftalmologia (253 su 258), Dermatologia (156 su 157) e Ginecologia ostetrica (510 su 567) siano le favorite. Specializzazioni che godono di un giusto connubio tra l’atto medico e lo sbocco professionale privato, che si traduce in maggiore guadagno e appagamento lavorativo.

C’è chi punterebbe il dito affermando perentoriamente che il medico sia una vocazione e non un’attività imprenditoriale. Per sentenziare ciò, i colleghi psicologi hanno posto la loro attenzione a riguardo. Secondo uno studio americano della Purdue University pubblicato su “Nature Human Behavior” vi è una stretta correlazione tra felicità intesa come “life evaluation”, “emotional well-being” ed il reddito professionale. Nel settembre 2010 viene pubblicato uno studio condotto da Daniel Kahneman, psicologo israeliano e premio Nobel per l’economia nel 2002, affermando che redditi più elevati determinino una maggiore soddisfazione nella vita personale e professionale a fronte di redditi più bassi che enunciano una minor qualità di vita e scarso benessere emotivo.

Importante è sottolineare che nella scelta professionale occorre seguire le proprie inclinazioni e passioni e sebbene il denaro sia solo un mezzo di scambio, il suo valore materiale e concettuale non può non essere considerato, restando quindi un aspetto molto importante che ha il suo peso nella scelta di una vita. A fronte di quanto riportato, i dati evidenziati manifestano i segni di intolleranza nei confronti di un sistema lavorativo che si è via via alterato. “Retribuzione” nel vocabolario italiano è definito come il compenso per l’utilità prodotta dal lavoro prestato, un concetto travisato nella nostra quotidianità che vede al contrario stipendi compressi che non corrispondono alle responsabilità professionali e all’impegno psico-fisico caratterizzanti la figura del medico.

È necessario agire con dei cambiamenti e non trascurare questo sentimento di intolleranza dei giovani, per evitare il collasso del nostro sistema sanitario nazionale, ancora ricco di tanti medici di qualità e vanto della nostra società.

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