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E voi di che sesso vi sentite?



Non è la carta d'identità a decidere le caratteristiche fisiche di qualcuno, ma la natura, e quella non si può modificare né in sala operatoria né all’anagrafe. Ma oggi, chiunque dica questa semplice verità, è retrogrado, omofobo e oscurantista.

Tempo fa una lettrice mi segnalò un caso che le stava particolarmente a cuore. A Brescia, la federazione di atletica aveva ammesso un transessuale a una gara femminile, con la motivazione che sulla carta d’identità il concorrente risultava aver cambiato sesso. Già allora la faccenda mi sembrò degna di nota e infatti pubblicai la notizia, non nascondendo le mie perplessità. Anche se una persona si sottopone a un intervento chirurgico per diventare donna, se è nato uomo il suo fisico resta tale e dunque anche la sua forza. La segnalazione, da quel che mi risulta, non ebbe seguiti: nessuno infatti, si preoccupò delle ricadute pratiche. A qualcuno che si sente femmina anche se non ha la vagina, il Servizio sanitario nazionale paga i costi della transizione, ma è giusto assecondarne i desideri di competere in una categoria che la natura non ha provveduto a dargli?

Il quesito si è riproposto la scorsa settimana, con la scoperta che alle Olimpiadi una pugile italiana avrebbe dovuto confrontarsi con un atleta che non ha superato il gender test, ovvero che non si sa se, pur essendo iscritto come donna alla competizione olimpica, abbia caratteristiche sessuali ben definite. Ora, è già abbastanza anomalo che a un maschio sottopostosi a un intervento chirurgico per cambiare sesso sia consentito di gareggiare nelle categorie femminili, ma è addirittura inconcepibile far salire sul ring una donna e una persona con un eccesso di testosterone anche se sulla carta d’identità figura come atleta di sesso femminile. Non è la carta a decidere le caratteristiche fisiche di qualcuno, ma la natura, e quella non si può modificare né in sala operatoria né all’anagrafe. Ma per i sostenitori del movimento Lgbtq più non so cosa, chiunque dica questa semplice verità è retrogrado, omofobo e oscurantista. Invece, di tutto ciò dovremmo poter discutere liberamente, senza condizionamenti di chi ogni volta denuncia discriminazioni. Perché più si evita di parlarne in nome della cultura «woke» e delle teorie politicamente corrette, e più ci troveremo di fronte a casi come quello che ha visto contrapposte Imane Khelif (atleta dell’Algeria considerato donna anche se il testosterone direbbe altro) e l’italiana Angela Carini, con quest’ultima che ha preferito ritirarsi dopo 36 secondi dall’inizio dell’incontro.

Un anno fa, a Trapani, i giudici consentirono l’iscrizione all’anagrafe con un’identità femminile di un tizio che pur non avendo mai iniziato la transizione e nonostante neppure si atteggiasse a donna, sosteneva tramite i suoi avvocati di sentirsi Emanuela. Secondo i magistrati, aveva il diritto di farlo, sebbene non si fosse neppure sottoposto a una terapia ormonale per assumere tratti femminili. In pratica, i magistrati hanno riconosciuto che l’identità sessuale è una convenzione. Tu puoi essere un uomo e non avere alcuna intenzione di farti operare per diventare donna, né è necessario che tu ti metta la gonna e i tacchi a spillo. Ma se intimamente ti senti di sesso femminile, la carta d’identità deve riconoscere il tuo nuovo status.

Così, grazie all’evanescenza dei generi che definiscono l’identità di una persona, in un penitenziario americano è stato rinchiuso nel reparto femminile un uomo che si sentiva donna, il quale quando si è ritrovato in cella con le detenute le ha violentate. Ovviamente, sempre dichiarando di non sentirsi maschio. Invece in Svizzera, un giovanotto in partenza per il servizio militare si è dichiarato donna rifiutandosi di indossare la divisa e chiedendo che appunto fossero riconosciuti il suo nuovo status e il suo diritto a non imbracciare un fucile. Ora, i casi che ho appena citato sono paradossali. Però, nel momento in cui neppure il sesso è una certezza, tutto può avvenire. Anche che un uomo registrato all’anagrafe come donna chieda, in caso di ricovero in ospedale, di essere sistemato in ginecologia invece che in urologia. Del resto, se sul ring può salire un boxeur che dice di essere una signorina anche se a prima vista non parrebbe, perché un malato non deve stare nello stesso reparto delle malate?

Poi qualcuno mi dovrà spiegare come la mettiamo con gli integralisti islamici, i quali esigono che le donne durante la preghiera stiano rigorosamente dietro di loro, perché qualche maschio potrebbe essere turbato vedendole chinate davanti a sé. E con qualche uomo che si sente donna, cosa facciamo? Soprattutto dove lo mettiamo? Davanti o dietro? No, perché se dobbiamo difendere i diritti delle minoranze, dove cominciano quelli degli islamici e dove finiscono quelli dei transessuali? Oppure creiamo nuove categorie da difendere, anche sul ring e in moschea?

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