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L’archistar Segantini sfida Treviso: «No alle auto in centro, ripensiamo assieme la città»

L’archistar Segantini sfida Treviso: «No alle auto in centro, ripensiamo assieme la città»

foto da Quotidiani locali

«Portare le auto in centro è sbagliato. Forse il sindaco ha una visione complessiva della città e di come la vuole far diventare, ma finora parlando del park Vittoria non l’abbiamo vista, questa visione. Quella che ho in mente io sarebbe una Treviso giardino, lenta, accessibile a tutti, anche divertente e stimolante per gli adolescenti dove lo spazio pubblico è la spina dorsale della città. Inclusiva. Siamo disposti a illustrare la nostra visione, gratuitamente, sedendoci attorno a un tavolo».

Maria Alessandra Segantini, trevigiana, è una degli architetti più conosciuti e apprezzati in Italia per la sua attenzione a uno sviluppo urbano sostenibile, inclusivo. A partire dalle scuole, ma non solo.

Architetto Segantini, le piace il progetto del nuovo park Vittoria?

«No, e non ne faccio una questione ideologica. Tutte le città stanno cercando di spostare le auto fuori dal centro per ridurre l’inquinamento. Londra, che è fatta di microquartieri, costa dalle 3,50 alle oltre 7 sterline l’ora di parcheggio, questo disincentiva molto l’uso dell’auto. Certo, noi abitiamo in un sistema di città diffusa e ci spostiamo in macchina per forza, ma qui il tema è cosa vogliamo fare del centro storico. È piccolo, lo percorriamo tra i 12 e i 20 a piedi in tutte le direzioni: trasformiamolo in giardino».

Lo stesso sindaco Conte però dice che il park Vittoria è il primo passo per la pedonalizzazione del centro.

«Realizzando il parcheggio all’ex pattinodromo si sarebbe proprio evitato di portare le auto in centro, le macchine passano già di lì, concedendo così un accesso mattutino al centro solo a chi rifornisce i negozi. Così si arriva a un ideale di città completamente per i pedoni».

Anche su questo il sindaco si dice concorde.

«Il park Vittoria sta però all’interno del sistema delle mura, che è una corona verde di suo. Qual è il masterplan, la visione complessiva? Può darsi che il sindaco abbia ragione, e che quella piccola cesura di piazza Vittoria sia minima. Però non ci ha dato una visione collettiva: io suggerisco fortemente di lavorare proprio su una visione globale, non a spizzichi».

La potrebbe proporre lei con il suo studio C+S?

«Ce la stiamo immaginando, possiamo metterci al tavolo in maniera seria. Ci proponiamo per valutare come risolvere i vari problemi. Mi pare che sia un’ambizione di questa amministrazione, parliamone. Non faccio assolutamente critiche ideologiche».

Da cosa partirebbe?

«Da uno spazio pubblico lento e accessibile. Mi piacciono i lupi, che in branco mettono gli anziani a dettare il passo e i giovani dietro, a difesa. Cerchiamo di diventare un po’ lupi. Fuor di metafora: se la città è accessibile per i fragili, lo è per tutti. Ma con multifunzionalità, non ci sono solo categorie fragili: la città deve essere anche divertente e stimolante per gli adolescenti, con spazi come uno skatepark, un concetto di spazio pubblico ibrido in cui diverse categorie possano stare insieme e tanti alberi dove gli anziani possono sedersi nei salotti urbani ombreggiati (che riducono anche il calore complessivo) e chiacchierare insieme. Le piazze disegnate recentemente sono completamente senza alberi».

Lei dei suoi progetti ha spesso sottolineato il “dna” femminile.

«Essere donna dà una sensibilità che permette di vedere il mondo con diversi sguardi, non solo quello della professionista che deve andare veloce: sono mamma e ho spinto passeggini in città, abitavo in via Biscaro, ora in Borgo Cavalli. Poi mi sono occupata anche di mio padre come “carer”, la città deve essere facile per chi la abita come luogo pubblico, con piazze ombreggiate, pavimentazione accessibile. In un centro così piccolo come Treviso possiamo lavorare per costruire una città migliore per le generazioni future».

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