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Lamon lo fa decollare, Milan lo trascina: il quartetto azzurro dell’inseguimento regala il bronzo all’Italia

PARIGI. Erano venuti a Parigi per prendersi l’oro. Tornano a casa con un bronzo, ma Elia Viviani, il capitano “non giocatore” dell’Italia della pista e da venerdì 9 agosto in gara nell’Omnium, toglie ogni dubbio sul peso da dare a questa medaglia vinta dall’Italia sulla Danimarca: «Vale come un oro». E ha ragione il portabandiera di Tokyo 2021.

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Fiaccata nel morale dalla sberla presa mercoledì con l’Australia, team che era sembrato inarrivabile facendo diventare subito la sfida impari, la squadra guidata a bordo pista dal ct Marco Villa col suo inseparabile tablet, ha reagito buttando sui pedali il talento di chi i Giochi li ha già vinti e la rabbia di chi, dovendo abdicare, almeno voleva farlo nel modo migliore, continuando cioè a salire sul podio.

Era ostico l’avversario, i danesi erano gli stessi di Tokyo, bramavano la rivincita su chi li aveva battuti in extremis e hanno confermato di essere tosti per oltre metà gara.

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Solita partenza da diesel per il veneziano Francesco Lamon, che porta come da programmi a regime il convoglio in due giri, ma la Danimarca è avanti. Mezzo secondo, poi meno, poi più. Poi un secondo, ma al massimo il divario degli azzurri sale a un secondo e un decimo. E a metà strada, dopo il secondo di 4 km corsi a oltre sessanta all’ora, come non era accaduto martedì con i canguri il divario, si stabilizza cominciando poi a scendere. Staccatosi, come da programma, Lamon, perchè il quartetto è una specie di Apollo che va e torna dalla luna, è toccato a Consonni tirare un giro ed accucciarsi alla ruota dei due fuoriclasse Milan e Ganna.

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Qui il friulano 23enne di Buja ha fatto il diavolo a quattro dimostrando una condizione super. «È stato decisivo ieri e il più forte in tutti questi tre giorni», dice ancora Viviani. A quel punto i danesi si sono fatti da parte sfaldandosi. Il terzo rimasto ha perso le ruote degli altri due (il tempo si prende sui primi tre) e Ganna ha completato l’opera andando a chiudere in 3’44”199 contro il 3’46”138.

Il ct Villa (prima di guidare le azzurre nella semifinale persa nel finale con la Gran Bretagna, oro agli Usa) si fa il segno del cristiano, come diceva il grande Adriano De Zan, e il sorriso nel clan azzurro, ovviamente rattristato per l’esisto della semifinale, magicamente ritorna.

Dice Ganna: «Salire sul carro della gloria è un conto, restarci è un altro. Non è scontato farlo a livelli come questi e con avversari così tosti – ha detto il recordman dell’ora e dei 4 km – . Voglio dire grazie ai miei compagni e a tutto lo staff che ci ha sostenuto in tutto questo periodo di preparazione».

Poi tocca a Francesco Lamon dire la sua. Lo senti parlare e capisci subito che la sua è un’Olimpiade diversa. Non è nel milionario circuito del World Tour, non vince tappe al Giro o combatte nelle classiche come Ganna e Milan, non fa l’apripista di lusso (a Jonathan nella Lidl Trek come Consonni), ma della banda è l’unico pistard di professione. Onori pochi, oneri tanti. E quando arrivano gli onori, le medaglie, la gioia è incontenibile unita alla voglia di ringraziare i compagni d’avventura. «Abbiamo reagito, abbiamo messo una grinta incredibile dopo la sconfitta, ci siamo guardati negli occhi noi quattro, siamo come fratelli».

Sorride Jonny da Buja, vicino c’è la riserva del gruppo l’altro friulano Manlio Moro che ha sostenuto i compagni come se si trovasse anche lui a pedalare. Milan inizia: «Volevamo questa medaglia, ci abbiamo messo cuore e anima e siamo soddisfatti. Vincere è dura, confermarsi molto di più, avremmo voluto vincere l’oro ma salire sul podio è importante. Grazie a tutti e un abbraccio ai tanti tifosi che mi seguono in Friuli».

Milan guardava alle tribune dove c’erano ad applaudirlo la fidanzata Samira e i genitori Flavio ed Elena, emozionatissimi. Ora farà Giro di Germania, Amburgo e campionati d’Europa su strada. Los Angeles 2028? «Piano – dice – è presto per pensarci, dovremo vedere il calendario, mi piacerebbe fare di nuovo la pista, arriveranno, spero, giovani forti come noi, ma vedremo anche il programma della strada».

Che, giocoforza, sarà il pasto principale per il friulano e anche Ganna. Il titolo? È andato all’Australia, finale thrilling con la possibile rimonta della Gran Bretagna frenata da uno scontro tra due pistard all’ultimo giro. Giusto così, gli australiani si sono dimostrati più forti. Ma quanto bene stanno ancora su quel podio gli eroi di Tokyo.

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