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FUORICAMPO | I numeri del calcio in Italia: le finanze, i giocatori, ivgiovani, gli stranieri

Il calcio è un fenomeno che ha un forte impatto sulla vita sociale ed economica dell’Italia. Se ne parla, se ne sparla, ma è lì, una delle prime industrie italiane per fatturato, un’industria particolare perché produce (o dovrebbe prudurre…) non un bene di consumo ma un bene che definiremmo immateriale: le emozioni. Questo dovrebbe essere […]

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Il calcio è un fenomeno che ha un forte impatto sulla vita sociale ed economica dell’Italia. Se ne parla, se ne sparla, ma è lì, una delle prime industrie italiane per fatturato, un’industria particolare perché produce (o dovrebbe prudurre…) non un bene di consumo ma un bene che definiremmo immateriale: le emozioni. Questo dovrebbe essere il prodotto finale, quello che arriva al cliente-tifoso. Poi c’è anche tutto quello che l’industria produce per se stessa e per coloro che ne fanno parte: i Dirigenti, i giocatori, i tecnici, il merchandising, il ticketing, e tutte quelle altre attività che servono a tenere in piedi il sistema e a generare (o almeno così dovrebbero) utili.

Volevamo fare una foto che potesse fornirci dati oggettivi su cui poter ragionare. Questi dati li abbiamo trovati nel Report dell’agosto 2023 presentato dalla FIGC.

Il calcio produce ricavi diretti per 5 miliardidi euro (5mld €), garantisce 126 mila posti di lavoro e produce una contribuzione previdenziale e fiscale, che nel 2020 ha superato gli 1,3 miliardi di euro. Nonostante questi numeri il calcio professionistico italiano ha prodotto un “rosso” aggregato pari a circa 4,1 miliardi di euro (quasi 1 milione al giorno) e il 79% dei bilanci analizzati ha chiuso in perdita. Si è registrato uno squilibrio strutturale: quasi il 90% della crescita dei ricavi tra il 2007/08 e il 2018/19 è stata utilizzata per coprire l’aumento degli stipendi e degli ammortamenti/svalutazioni. Non è sbagliato quindi quando si parla di aumenti di contratti fuori da ogni logica, aumenti sui quali un ruolo fondamentale giocano i produratori e quella miriade di intermediari che gravitano intorno ad ogni operazione di mercato. L’indebitamento totale ha raggiunto nel 2018/19 i 4,8 miliardi di euro, circa il doppio rispetto ai 2,4 miliardi di euro registrati nel 2007/08 a causa in particolare della crescita dei debiti finanziari. Una crisi che è anche in altri numeri. Il numero di calciatori tesserati è passato da 1.108.479 calciatori del 2010  a 1.049.060, le SocietàProfessionistiche sono passate da 132 a 98 e quelle dilettantistiche da 11.642 a 8.796 mentre mentre quelle del Settore Giovanile e Scolastico sono scese da 2.916 a 2.486. Stessa cosa vale per le squadre: se il numero di quelle professionistiche è rimasto invariato negli ultimi 12 ann, le squadre dilettantistiche sono diminuite sensibilmente, passando da 17mila a 13 mila, così come quelle del Settore Giovanile e Scolastico, passate da 52mila a 45 mila. La tendenza è chiara: meno società, meno squadre, meno giocatori. Ma se sono diminuiti i numeri dei calciatori sono aumentati quelli degli allenatori, passati da 22.310 a 37.367, e soprattutto quelli dei dirigenti, che sono quasi triplicati: dai 108 mila del 2010 si è passati ai 274mila del 2022.

I GIOVANI – GLI STRANIERI

L’Italia a livello giovanile è la Nazionale italiana che tra il 2013 il 2023 ha ottenuto il maggior numero di qualificazioni alle Fasi Finali di Mondiali ed Europei nelle varie categorie. Sono stati raggiounti anche importanti risultati: vice Camoine del Mondo Under 20 e Campione d’Europa Under 19 nel 2023, Campione d’Europa Under 17 e vice Camoione d’Europa Under 19 nel 2024. LaItalia è la terza Nazionale più giovane nella top 20 del ranking Fifa (dietro a Inghilterra e Stati Uniti). E’ quindi evidente che in Italia i talenti ci sono ma non vengono valorizzati. Se prendiamo ad esempio il Campionato Serie A 2021/22 vediamo che il minutaggio degli italiani U21 ha inciso solo l’1,9% del totale rispetto al 34,3% degli Over 21 italiani, al 61,3% degli Over 21 stranieri e al 2,5% degli U21 stranieri. Nessuno si sorprenda se la Serie A, fra i 31 tornei in Europa, rappresenta il decimo Campionato più anziano d’Europa  (26,4 anni di età media), il terzo con maggior incidenza di stranieri (61,7%), l’ultimo per impiego di calciatori cresciuti nei settori giovanili dei propri club di appartenenza (appena l’8,4%). In Spagna, che da anni è tra le prime Nazionali in Europa, solo il 39,1% dei giocatori è straniero, quasi la metà rispetto all’Italia,

La stessa cosa sta succedendo anche nel Campionato di Primavera 1: nella Stagione appena conclusa la percentuale di giocatori stranieri è stata del 32,4% rispetto al 29,2% della stagione 2020/21. Basti pensare al Lecce Campione d’Italia del 2023 che aveva una percentuale di oltre il 90% di giocatori stranieri, tanto che giocò la Finale scudetto con la Fiorentina senza la presenza di alcun giocatore italiano in campo. Forse per questo motivo negli ultimi anni sta crescendo il numero di giocatori italiani che se ne vanno (o ce li mandano) all’estero: da Casadei, a Natali, a Pia, a Pafundi. Negli ultimi quattro anni le squadre hanno preferito investire di più sui giocatori di altre nazionalità. Una tendenza che si conferma anche in Serie B: nell’ultimo anno la percentuale di stranieri nelle rose si è attestata al 33,2%, con una crescita di 5 punti percentuali rispetto a quattro anni fa.

Un discorso sul Settore Giovanile non può prescindere dal ruolo e la funzionc eh hanno oggi in Italia le Scuole Calcio o le Academy cone le chiama qualcuno. Cerchereno di affrontare questo argomento in una prossima incursione ”Fuoricampo”.

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