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Il governo Meloni e i piani strategici per l'Africa

Il piano Mattei voluto dal governo Meloni con i suoi nove programmi in 14 Paesi promette di bloccare il flusso di migranti e di rivoluzionare le economie del continente che nel 2050 avrà 2,5 miliardi di abitanti. E dopo le parole, ora è il momento della fase di realizzazione.

Il grafico dell’aumento della popolazione in Africa, allegato al piano Mattei, fa impressione. Prima del 2050 supererà i 2,5 miliardi, un quarto di quella globale, rimanendo il continente più giovane con un’età media di 25 anni, e nel 2100 arriverà a 4 miliardi di persone. Il milione di sbarchi in Italia negli ultimi dieci anni è solo un granello di quello che potrebbe avvenire in futuro. Il piano Mattei, trasmesso al Parlamento il 17 luglio, vuole aiutare l’Africa a camminare con le sue gambe nel nostro comune interesse. Nelle 102 pagine del decreto del presidente del Consiglio, lette da Panorama, sono elencati 14 progetti pilota in nove Paesi, in questa prima fase, che il governo italiano vuole sviluppare nel continente africano. Egitto, Tunisia, Marocco, Algeria in Nord Africa e Kenya, Etiopia, Mozambico, Repubblica del Congo, Costa d’Avorio nel quadrante sub sahariano. Un piano che va dal super progetto dell’interconnessione elettrica sottomarina fra Italia e Tunisia, al primo treno turistico made in Italy per la tratta Il Cairo-Assuan, i biocarburanti in Kenya, l’agroalimentare in Mozambico, fino ai pozzi per l’acqua nella Repubblica del Congo. L’investimento sarà di 5,5 miliardi di euro, che non basteranno, ma si punta alla sinergia con il Global Gateway dell’Unione europea, che ha un budget di 300 miliardi di euro fino al 2027.

«L’intuizione è non solo giusta, ma strategica. Le nove nazioni con i progetti pilota sono appena l’inizio. Siamo al centro del Mediterraneo, una posizione affascinante, il punto di contatto dell’Occidente con il Sud globale. In un mondo “apolare” il piano Mattei è una carta fondamentale da giocare» dice a Panorama Marco Minniti, ex ministro dell’Interno dal 2016 al 2018, che ha contrastato l’immigrazione clandestina nei primi anni del boom. Oggi è presidente della Fondazione Med-Or, che fa parte della cabina di regia creata a palazzo Chigi per il piano Mattei. La Costa d’Avorio è una nazione a cui rivolgersi per la forza lavoro prevista dal decreto Flussi. La comunità di Sant’Egidio aprirà i cosiddetti «corridoi lavorativi». L’intervento previsto dal piano sostiene «il sistema scolastico, sanitario e amministrativo» del Paese dove operano sia aziende italiane sia Ong, come Avsi, con corsi di formazione. «Le iniziative hanno l’obiettivo» si legge «di intervenire in un contesto socio-economico che origina la prima nazionalità di migranti irregolari che sbarcano sulle coste italiane».

In Costa d’Avorio l’Eni lavora sull’impianto offshore di Ballerine e in marzo è stato scoperto un nuovo giacimento petrolifero, denominato Calao. Le audizioni per il decreto sono iniziate il 31 luglio, ma l’opposizione promette battaglia sostenendo che il piano segue le direttrici d’intervento in Africa di Eni, Enel, Snam e solo due progetti sono nuovi. «Bisogna fare attenzione a non apparire come la longa manus degli interessi economici nazionali, che contrasterebbe con gli stessi principi del piano Mattei» avverte Minniti. In Mozambico, dove l’Eni ha interessi promettenti grazie al gas dei giganteschi giacimenti di Coral South e di Rovuma, il piano Mattei sostiene il Centro agroalimentare di Manica - Caam. Progetto della Cooperazione, che nel Nord Ovest del Paese che «costituirà un’infrastruttura strategica volta a potenziare le esportazioni, favorire opportunità per gli imprenditori locali e consentire un miglioramento delle condizioni di lavoro». Oltre al centro di formazione per gli agricoltori, si potenzierà la ricerca nel settore agritech in collaborazione con le università italiane. «Gran parte dei progetti non sono nuovi » ammette a Panorama l’ex sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, «ma si sta facendo sistema, anche se non basteranno cinque miliardi e mezzo. Per dare un’idea, gli Stati Uniti sborsano un miliardo solo per l’Etiopia. Adesso bisogna concretizzare il piano, mattone dopo mattone».

Mantica è vicepresidente della Fondazione Avsi, storicamente presente in Africa, che fa parte della cabina di regia creata a Palazzo Chigi con esponenti del mondo dell’impresa e della società civile, inclusa Emergency e le associazioni delle Ong solitamente critiche con il governo. Giorgia Meloni la presiede, ma l’«operativo» sul piano Mattei è il suo consigliere diplomatico, Fabrizio Saggio, ex ambasciatore a Tunisi. E proprio in Tunisia, secondo punto di partenza della barche di migranti verso l’Italia, dopo la Libia, il piano Mattei investe in agricoltura e cantieristica con Fincantieri, ma il progetto più grosso riguarda l’energia. Si tratta della «nuova interconnessione elettrica sottomarina per collegare la penisola tunisina di Capo Bon con la Sicilia». Il progetto Elmed è gestito dall’italiana Terna e da Steg, operatore locale, con una capacità di 600 megawatt. «L’interconnessione assume una dimensione geopolitica strategica, oltre che tecnologica» recita il piano Mattei. L’obiettivo è «rendere l’Italia hub di approvvigionamento energetico dell’Europa». L’Egitto è un altro capitolo importante del piano. I progetti pilota riguardano l’agricoltura e l’istruzione, ma in parallelo, dopo la visita di Meloni del 17 marzo, si è rafforzata la nostra azione nei confronti del Cairo. La Cassa depositi e prestiti, attraverso la Banca centrale egiziana, sostiene le piccole medie imprese con un credito di 45 milioni di euro. Curioso il progetto di Arsenale S.p.A. e Autorità Ferroviaria egiziana per il primo treno turistico made in ltaly sulla tratta Il Cairo-Assuan a partire dalla seconda metà del 2026.

«Giustissimo parlare poco della crisi migratoria. Il messaggio che deve passare è che i flussi possono venire governati legalmente» aggiunge Minniti. «Dobbiamo contrattare con i singoli Paesi gli ingressi legali e con la Ue un accordo quadro contro il traffico di esseri umani. Così dai una carta alle leadership africana per coltivare il sogno della loro persone di migliorare le proprie condizioni di vita senza dover salire su un barcone». Nell’introduzione del piano Mattei si sottolinea che «l’immigrazione illegale di massa non sarà mai fermata se non si affrontano a monte le cause che spingono una persona ad abbandonare la propria casa. Sono i due obiettivi che persegue il governo italiano: da una parte portando avanti un impegno contro scafisti e trafficanti e dall’altra, lavorando per offrire ai popoli africani un’alternativa di opportunità, lavoro, formazione, sviluppo e crescita duratura».

In Etiopia il piano sposa un grande intervento per l’acqua con il recupero ambientale del lago Boye. In Kenya verrà consolidato il programma di sostegno al progetto dei biocarburanti, che riguarda Eni. «L’iniziativa (…) prevede il coinvolgimento di circa 400 mila agricoltori entro il 2027» dice il decreto «per un’estensione di terreni degradati di oltre 400 mila ettari». Mama Sofia, la Fondazione che si ispira al lascito morale di Luca Attanasio, l’ambasciatore italiano ucciso in Repubblica democratica del Congo, realizzerà un progetto sanitario in Marocco.Tra gli interventi più significativi c’è quello «dell’agricoltura desertica» in Algeria di Bonifiche Ferraresi, «per la coltivazione di grano, cereali e semi per oli» con un’esportazione del 30 per cento verso l’Italia. «Nella fase due bisognerà intervenire in aree più instabili e delicate» spiega a Panorama una fonte. «In Africa abbiamo a che fare con cinesi, russi e turchi che si muovono in maniera spregiudicata. Dobbiamo capire che senza dittatori e golpisti non porti avanti il piano Mattei nelle zone più rilevanti, anche per il traffico illegale di esseri umani, come il Sahel».

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