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Il crollo della rotta balcanica: i rintracci di migranti calati del 75 per cento

Circa 1.800 rintracci solo a luglio del 2024, poco più di 12 mila da gennaio. Ed è –75%, in un confronto anno su anno. Sono numeri e percentuali che descrivono un vero e proprio prosciugamento della rotta. Fotografa quella che fu una delle “autostrade” più battute da migranti e profughi in fuga da guerre e fame o in cerca di un futuro migliore nell’Europa più ricca, la Rotta balcanica, che oggi si ramifica in molteplici rivoli secondari. E molto meno battuti rispetto agli anni passati, con riflessi positivi anche sul Friuli Venezia Giulia.

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Il report di Frontex

L’alleggerimento è stato confermato in questi giorni da Frontex, l’agenzia Ue per la protezione delle frontiere, che ha ormai i suoi uomini dispiegati su quasi tutti i confini balcanici, vigilando in particolare su quelli tra Balcani extra-Ue e Unione. Frontex che, negli ultimi mesi, ha osservato un vero e proprio crollo dei rintracci di migranti irregolari nei vicini Balcani, con la “Balkan Route” che, ogni mese, viene descritta come tra quelle che registrano «il maggior calo» a livello continentale in termine di arrivi e rintracci.

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Controlli rafforzati

Calo che comincia a riflettersi anche a nord, in Slovenia, Paese che in primavera era in controtendenza, con più arrivi rispetto al 2023. Il quadro, con alta probabilità anche grazie ai controlli rafforzati con la Croazia e alle pattuglie miste sloveno-croate, sta mutando. Secondo dati ufficiali, i migranti irregolari rintracciati fino a luglio sono stati circa 25 mila, la stragrande maggioranza in ingresso dalla vicina Croazia. E sono ora di meno rispetto ai 26 mila individuati nei primi sette mesi dell’anno passato, con quasi 350 passeur arrestati (di cui solo sei sloveni).

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Croazia e Serbia

Anche più a sud ci sono situazioni speculari. Zagabria ha parlato di un «calo del 41%» degli arrivi quest’anno. Ancora più marcato il crollo degli ingressi in Serbia, un tempo una delle tessere più importanti della Rotta balcanica. Il locale Commissariato per i rifugiati ha così annunciato ad agosto un –80% di arrivi nel 2024, con i centri di accoglienza che ospitavano a inizio agosto solo 450 stranieri dei circa 10 mila registrati in Serbia a partire da gennaio.

Il caso della Bosnia

Da qui la decisione delle autorità di lasciare aperti solo sette centri a partire dal 1° settembre. Un caso a parte è quello della Bosnia-Erzegovina, dove si sarebbero reindirizzati i flussi dalla Serbia, non dunque più verso Ungheria e Croazia. Secondo dati Onu, sono stati poco più di 12 mila gli ingressi irregolari fino a giugno, –5%, ma già a luglio l’Oim ha segnalato un’impennata degli arrivi, solo che i migranti sostano meno a lungo nel Paese, molti vittime dei trafficanti, che sempre più spesso abusano dei “clienti”.

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Controlli più duri

Una flessione generalizzata dunque, che è sicuramente dovuta alla mano più dura delle autorità balcaniche ai confini. Ma sarebbe legata anche alla sospensione di Schengen, che ha avuto il “merito” dell’attuale decrescita dei numeri perché ha prodotto un effetto a catena, ossia un «restringimento delle maglie» non solo tra Italia e Slovenia ma giù giù fino «in Grecia e in Turchia, per evitare di diventare una sacca» con l’inversione di tendenza nei Balcani, spiega il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna. E siamo ormai al punto che si deve «parlare di rotte balcaniche, perché una parte di chi comunque riesce a superare i controlli greci e turchi, non attraversa Croazia e Slovenia con meta Trieste o Gorizia, ma cerca altre strade, verso Romania e Bulgaria».

I numeri in Fvg

«È evidente che il calo ha iniziato a manifestarsi subito dopo la sospensione di Schengen, decisione che ha avuto un riflesso importante sul numero degli arrivi», assicura anche l’assessore regionale alla Sicurezza, Pierpaolo Roberti. I numeri non mentono, anche in Fvg. «Basti pensare che a luglio, il mese in cui di solito giungono più immigrati clandestini alle nostre frontiere», gli arrivi in Friuli Venezia Giulia sono «più che dimezzati», continua.

Un anno fa, infatti, «erano stati 1.600, quest’anno 700, c’è un calo veramente fortissimo».

La sospensione di Schengen

Calo, ribadisce Roberti, «che ha iniziato a vedersi subito dopo la sospensione di Schengen. Che funziona, non tanto perché i controlli capillari sono impossibili da applicare sul nostro confine, quanto perché, fungendo da filtro, essi rappresentano un rischio per i passeur e i clandestini che pagano ingenti somme per arrivare in Italia».

Dunque un deterrente. I controlli di certo non potranno durare all’infinito, soprattutto in vista di Go!2025. «Non auspico un prolungamento» della sospensione di Schengen dopo dicembre, «i motivi che l’hanno giustificata c’erano tutti, la situazione sta peggiorando con le tensioni che coinvolgono Iran e Libano. Speriamo che la situazione cambi – chiosa Roberti – ma se ciò non dovesse succedere è ovvio che ci dovrà essere un prolungamento».

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