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Veronica Toniolo, prima judoka triestina alle Olimpiadi

TRIESTE La voce di Veronica Toniolo è forte e chiara. Anche se arriva da Tenerife, Canarie, dov’è andata a riassaporare il piacere di una meritata vacanza dopo le fatiche delle gare individuali di judo nei 57 kg ed a squadre con il mixed-team giunto ad un passo dal podio ai Giochi Olimpici a Parigi.

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Dopo tre anni intensi, forsennati ed entusiasmanti, il termine vacanza ha trovato spazio per la prima volta nell’agenda di Veronica Toniolo. Non è il caso di chiederle se aspettare così tanto ne è valsa la pena, dato che attraverso l’impegno profuso in questi tre anni, la triestina ha guadagnato il pass d’ingresso nella storia del judo alabardato essendo diventata la prima judoka di Trieste a partecipare alle Olimpiadi.

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Primato che vale anche per tutta la regione. Prima di Parigi, infatti, il Friuli Venezia Giulia non era mai riuscito a portare nemmeno un/una judoka ai Giochi. Ed ecco che a colmare questa lacuna ci ha pensato proprio la triestina Toniolo, condividendo l’impresa con l’udinese Asya Tavano. E per la ventunenne triestina si è trattato di un altro primato di prestigio, dopo essere stata la prima judoka italiana a vincere oro europeo e mondiale sia da cadetta che da junior.

Toniolo, il direttore tecnico della squadra azzurra, Laura Di Toma, una friulana doc, ha avuto parole molto positive nei confronti della squadra ed in particolare per lei e la Tavano ha detto che, da giovanissime, avete sentito il peso della gara.

«Per quanto mi riguarda ritengo che il peso della gara, pur diverso da qualsiasi altra gara importantissima, non è stato il fattore compromettente. Ho lavorato molto per essere lì e per arrivare a queste Olimpiadi nelle migliori condizioni fisiche, tecniche e, per essere libera mentalmente, ho parlato ed ascoltato chi nella squadra ha già vissuto questa esperienza. Ho fatto tesoro dei suggerimenti che, in linea di massima, sono stati di non pensarci troppo. E così ho fatto. Al di là del risultato, credo di aver gestito bene l’aspetto mentale». 

Laura Di Toma ha voluto ringraziare per un messaggio che ha scritto e condiviso con la squadra in un momento particolarmente delicato che la squadra stava attraversando. Vuole raccontarci l’aneddoto?

«Nelle prime cinque giornate di gara, le cose per noi andavano tutt’altro che bene. Per motivi diversi tutte le aspettative di ogni singolo atleta della squadra si erano sciolte, le ambizioni di medaglia svanite ed il clima generale non era dei migliori. Mi sono presa del tempo e mi è nato un pensiero, guardando gli altri e percependo questa delusione. Ognuno di noi, mi sono detta, è molto individualista per la natura di questo sport, ma sentivo un’unione che aveva bisogno di uno stimolo per rialzarsi e combattere. Ho scritto così, di getto, quello che sentivo e lo ho condiviso sulla nostra chat. Tutti hanno condiviso il messaggio, ne hanno colto il senso e la mattina dopo, insieme come mai prima abbiamo sostenuto la gara straordinaria di Alice Bellandi».

Per deduzione quindi potremmo dire che nella medaglia d’oro conquistata da Alice Bellandi ci potrebbe essere anche il contributo emotivo del messaggio di Veronica Toniolo?

«Questo io non l’ho detto, ma da come ci siamo parlati tutti, fra di noi, e dalla bellissima gara che poi abbiamo fatto nel mixed-team, sono sicura che l’obiettivo è stato raggiunto in ogni caso grazie al lavoro ed alla collaborazione di tutto lo staff».

Ritorniamo ora alla sua Olimpiade, come la intende riassumere?

«Come dicevo prima ho lavorato molto duramente per arrivare all’appuntamento nelle migliori condizioni ed un mese prima della gara stavo davvero bene. Ma bene come mai prima. Ero pronta. Da lì in poi però, sono accadute una serie di cose che mi hanno destabilizzata, ed in particolare un infortunio alla mano che mi ha bloccata per due settimane e mezza, costringendomi poi anche a delle infiltrazioni prima di ogni incontro. Ma non è soltanto l’infortunio in sé, perché c’è anche l’inevitabile condizionamento mentale che questo ha provocato. Per un/una judoka le prese rappresentano l’aspetto che più d’ogni altro elemento condiziona il risultato».  

Poi c’è da dire che anche il sorteggio non ha dato una mano…

«Alle Olimpiadi è alquanto improbabile avere un sorteggio da fregarsi le mani. Ci sono solo i migliori e certamente la giapponese Haruka Funakubo è stata fra le migliori, tant’è che poi è salita sul podio per il bronzo. Comunque abbiamo condiviso con tutta la squadra che per quanto riguarda i sorteggi non si tratta di sfortuna, ma è colpa di... Eli! (segue una risata che spiega l’amicizia con la spilimberghese Elisabetta Fratini, che a Parigi ha fatto la quarta Olimpiade nel delicato ruolo di informatica che, fra le altre cose, deve schiacciare il tasto di avvio per sorteggiare le categorie. Ma anche per scegliere la categoria per lo spareggio a squadre… un altro punto dolente, ndr).

La gara a squadre è stata un’emozione veramente molto particolare. Perché è stata una grande emozione aver portato il punto finale nell’incontro con l’Uzbekistan, quello che ci ha promosso in semifinale, ma è stato bellissimo sentirsi squadra in tutto e per tutto. Nessuno voleva primeggiare, era forte il senso di grande collaborazione fra noi. Io nasco individualista e sono individualista, ma vivere un’esperienza di squadra così, la sensazione di fiducia è la stessa di essere in famiglia.

Poi è accaduto che la finale per la medaglia di bronzo con il Brasile finisca 3 a 3 e si debba andare allo spareggio. E, naturalmente per colpa di Eli, dal sorteggio è uscita proprio la mia categoria, i 57 kg. Perdo. Mi sono sentita cadere il mondo addosso… ma tutta la squadra mi è stata vicina, di un’umanità sincera e totale, qualcuno mi ha sussurrato all’orecchio “abbiamo vinto insieme, abbiamo perso insieme”. Ho riconosciuto la voce di Manuel Lombardo, proprio chi aveva appena ottenuto il suo terzo quinto posto alle Olimpiadi… Senza dubbio lo spirito di questa squadra rappresenta la nostra medaglia d’oro».

Sono stati molti gli sport che hanno lamentato errori dei giudici o degli arbitri, numerose ed accese anche le polemiche. Ed il judo non si è chiamato fuori…

«Sia per il judo che per altri sport gli arbitraggi hanno sollevato molti dubbi e contestazioni. Per quanto ci riguarda posso dire che tutti gli atleti lavorano per un obiettivo ed è dura da accettare quando paghi per un errore che poi viene riconosciuto tale. E poi va detto anche che a Parigi ci siamo trovati senza preavviso di fronte ad alcune decisioni più rigide ed altre meno di come sono state applicate per tre anni. Poi i supervisor che correggono l’arbitro e non si comprende il motivo… Insomma, dobbiamo migliorare tutti».

Veronica Toniolo è soddisfatta di questa esperienza?

«Non sono soddisfatta, ma ho raccolto quello che volevo. Non sento di aver sprecato un’occasione né altro, ma dico che non è stato il mio momento. Da una parte la delusione è tanta, ma provo una sensazione di grande energia e da subito ho sentito dentro di me la voglia di lavorare altri quattro anni». —

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