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Petrolchimico di Marghera, trent’anni fa l’inchiesta sul Cvm partita dall’esposto di un operaio

Trent’anni fa, il 22 agosto 1994, l’operaio Gabriele Bortolozzo da Campalto, per 31 anni operaio al Petrolchimico di Porto Marghera, depositava un esposto alla Procura della Repubblica di Venezia contro il colosso chimico nazionale.

Ad ascoltarlo quel giorno c’è un giovane magistrato, poco più che quarantenne: si chiama Felice Casson. Da quell’incontro nascerà il maxiprocesso contro le morti da Cvm, il cloruro di vinile che veniva usato senza particolari cautele per la salute dei lavoratori.

A distanza di trent’anni i figli di questo lavoratore, Gianluca e Beatrice, hanno costruito un sito internet interamente dedicato al padre e alla vicenda di cui è stato protagonista e che portò, nel 2006, alle condanne definitive per cinque alti dirigenti della Montedison.

Confermando il principio che la Corte d’Appello di Venezia aveva sancito a chiare lettere: «La salute in fabbrica è un bene collettivo che va tutelato».

«Regolarmente veniamo contattati da associazioni, scuole, giornalisti e persone comuni che desiderano conoscere meglio la vicenda, leggere il libro di Gabriele o semplicemente condividere con noi i loro pensieri» spiega la figlia Beatrice.

«Molte persone ci hanno chiesto come fosse possibile che un uomo potesse portare per tanti anni il peso di questa vicenda, resistere agli attacchi, all’isolamento, rimanere positivo, essere addirittura ottimista. Eppure è stato così; non solo, è stato felice. Con difficoltà, ma lo è stato».

Il sito nasce dunque anche per raccontare il Gabriele Bortolozzo uomo, padre, marito: morto in un incidente stradale l’anno successivo alla sua denuncia.

«Papà non poté assistere ai processi, alle proteste, agli approfondimenti successivi» aggiunge Beatrice. «E in questo sito, in qualche modo, glielo raccontiamo. Era un uomo molto premuroso, aperto, moderno: capace di assecondare i nostri desideri. Un giorno gli chiedemmo com’era fatto un confine e lui ci portò cinque giorni sulle montagne tra Italia e Austria per farci toccare il confine».

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Il sito - disponibile all’indirizzo www.gabrielebortolozzo.it - è a disposizione di scuole, associazioni, enti locali: «Abbiamo cercato di sintetizzare in maniera chiara le principali tappe della vicenda. Con due linee del tempo: la prima legata alla sua vita, alla sua infanzia e giovinezza e alle sue passioni private; l’altra legata alla storia del Petrolchimico e agli sviluppi delle sue battaglie per la salute dei lavoratori in fabbrica».

Beatrice Bortolozzo racconta: «Papà non accettava le ingiustizie e non ha mai voluto girarsi dall’altra parte. Si è sempre battuto per la salute dei lavoratori, subendo anche l’isolamento di una parte del sindacato e dei colleghi, che pensavano che questa lotta potesse nuocere ai posti di lavoro. Ma lui era fatto così. Andò casa per casa a trovare tutti i colleghi e le famiglie che avevano avuto problemi di salute a causa dell’esposizione da Cvm».

Nel corso degli anni, le battaglie di questo operaio mestrino sono diventate patrimonio comune del paese, con la crescita di una coscienza collettiva e l’evoluzione delle norme ambientali. Anche se molta strada c’è ancora da fare.

A Marghera una via, poco distante dal petrolchimico, è intitolata a questo coraggioso lavoratore, così come la sala comunale del municipio di Marghera, un albero nel parco della Bissuola e uno spazio nel giardino del Liceo Berto di Mogliano.

Decine i libri, le inchieste, i docu film sulla vicenda. Raccolti ora in uno spazio digitale aperto a tutti. Che racconta come un solo uomo, talvolta, può cambiare la storia.

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