Patrocinio per il Fvg Pride, arriva il no dell’università di Udine e Trieste. La Cgil si schiera per il sì
«L’eventuale concessione del patrocinio a Fvg Pride è inscindibile dall’adesione al manifesto politico dell’associazione». Una clausola, quella inserita dagli organizzatori della manifestazione nella richiesta di patrocinio, ritenuta irricevibile dalle università di Udine e Trieste, che hanno negato il sostegno all’iniziativa del 31 agosto a Lignano.
«La nostra è un’istituzione pubblica e pluralista – motiva il rettore dell’ateneo friulano, Roberto Pinton – e dunque non ci si può chiedere di sottoscrivere un manifesto politico: non rientra negli obiettivi dell’università». Una decisione contestata dalle associazioni studentesche che definiscono la scelta «incomprensibile».
[[ge:gnn:ilpiccolo:14570220]]
«Dopo questo diniego non ci resta che, come associazioni universitarie, esserci, con ancor più rabbia e fermezza», indicano Elena Chiaruttini (Udu Udine) e Irene Boschetti (Iris Fvg).
Pinton spiega di aver dovuto declinare l’invito «con rammarico», considerato che l’ateneo «ha condotto e conduce programmi di sensibilizzazione capillare nella comunità accademica e nella cittadinanza, mirati all’inclusività, alla lotta contro ogni discriminazione, collaborando con enti e associazioni».
Motivazioni che ricalcano quelle del rettore dell’Università di Trieste, Roberto Di Lenarda: «Non sono disponibile a far sottoscrivere un manifesto politico, l’università non può farlo. Ciò non significa non essere d’accordo sul tema del contrasto alle discriminazioni». Entrambi gli atenei lo scorso anno avevano negato il patrocinio alla manifestazione, dopo averlo concesso nelle precedenti quattro edizioni.
Il documento programmatico del Pride regionale contiene istanze precise: dall’abrogazione dell’articolo 4 della legge 40 del 2004 per consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita «a tutte le persone, singole o in coppia, indipendentemente dall’identità di genere e/o dall’orientamento sessuale», alla richiesta di avviare «un dibattito laico e informato sulla gestazione per altre persone», arrivando fino alla regolamentazione del sex work, il diritto all’identità di genere compresa la garanzia dell’alias da poter utilizzare nella pubblica amministrazione. Il manifesto chiede inoltre l’abolizione dell’Iva sugli assorbenti e la depenalizzazione della coltivazione e dell’uso personale della cannabis. Ma i temi più controversi sono altri.
[[ge:gnn:ilpiccolo:14566970]]
Come l’invito a Regione, università ed enti locali, «a prendere posizione sul genocidio che è in atto» in Palestina, e la denuncia di come «la risposta a tutte le forme di dissenso, comprese quelle pacifiche e non violente, sia l’uso estremo della violenza da parte delle forze dell’ordine». Parole forti vengono poi riservate all’azione del governo: «La volontà di sovvertire l’arco costituzionale della Repubblica è stata ormai esplicitata da questo esecutivo con i fatti».
Richieste e giudizi che hanno spinto i Comuni capoluogo governati dal centrodestra a confermare il «no» al patrocinio, già negato nelle precedenti edizioni. Trieste, Pordenone e Gorizia hanno risposto nei giorni scorsi alla richiesta arrivata a fine luglio dagli organizzatori. Manca Udine, che dovrebbe rendere nota la propria decisione a giorni, dopo settimane di discussione all’interno della coalizione che sostiene la giunta De Toni. «No» anche da Lignano, che ospiterà l’evento.
Ha scelto di partecipare e concedere il patrocinio invece la Cgil regionale «sempre in prima linea nelle battaglie contro ogni discriminazione».