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L’inchiesta della Procura francese e i 12 capi di imputazione (non solo contro Durov)

La comunicazione è stata firmata direttamente da Laure Beccuau, procuratrice della repubblica francese, che ha dato il via libera al tribunale giudiziario di Parigi per rendere noti, pubblicamente, i 12 capi d’accusa che hanno portato all’arresto di Pavel Durov nella serata di sabato 24 agosto a Bourget, uno degli aeroporti della capitale francese. La pubblicazione dei 12 capi d’accusa – resa nota quindi a tutti e non soltanto ai legali del fondatore di VKontakte e attuale proprietario di Telegram – è stata necessaria anche per mettere a tacere tutte quelle voci (che si sono letteralmente moltiplicate nel corso del week-end e di lunedì 26 agosto) relative al fatto che una democrazia occidentale come quella francese abbia provveduto ad arrestare il titolare di una piattaforma di messaggistica che consentiva, senza censure e senza delazioni, la cosiddetta “libertà d’espressione”. Una tesi portata avanti da tanti utenti sui social network, ma anche da ambienti politici conservatori in tutto il mondo, oltre che da Elon Musk (che, in qualche modo, è diventato il megafono digitale della stessa ideologia conservatrice). I capi d’accusa per Durov, invece, raccontano tutta un’altra storia e fotografano benissimo la situazione torbida di attività criminali lasciate senza moderazione che possono essere perpetrate anche attraverso Telegram.

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Capi d’accusa Durov, cosa dice la procuratrice Laure Beccuau

L’inchiesta francese è stata avviata l’8 luglio scorso (dunque, è relativamente recente) su iniziativa della divisione giudiziaria che si occupa di cybercrime. Le accuse dirette nei confronti di Durov sono quelle di complicità nell’amministrazione di una piattaforma, come Telegram appunto, che permette transazioni illecite e associazioni a delinquere; di rifiuto nell’autorizzare le intercettazioni necessarie alle autorità giudiziarie per poter procedere nei confronti dei responsabili diretti di quei reati. Le altre accuse di complicità riguardano, in realtà, i reati che terze persone hanno commesso attraverso la piattaforma Telegram. Tra questi, si possono sicuramente annoverare: detenzione di immagini di minori di carattere pedopornografico, diffusione e messa a disposizione di queste immagini per gruppi organizzati, acquisto, trasporto e detenzione di sostanze stupefacenti. Inoltre, ci sono la messa a disposizione di un servizio (senza un motivo legittimo) per l’accesso a un sistema automatizzato di dati, la complicità nella frode compiuta da gruppi organizzati, l’associazione a delinquere, l’erogazione di servizi di crittografia finalizzati a garantire le funzioni di sicurezza e riservatezza senza un’adeguata dichiarazione, la fornitura e l’importazione di un mezzo di crittografia che non assicura funzioni di autenticazione o controllo dell’integrità senza dichiarazioni preventive.

Si tratta, dunque, di accuse che non sono esclusivamente dirette contro Pavel Durov, ma che prevedono una operazione su più vasta scala rispetto ai crimini che possono essere stati commessi o agevolati attraverso Telegram. La sensazione è che sia stato riconosciuto come molto grave, da parte delle autorità francesi, il fatto di non aver messo a disposizione delle autorità giudiziarie i dati su questi delitti a disposizione del board di Telegram. E – come vedremo in un altro passaggio del nostro monografico di oggi – è importante anche la contestazione sul meccanismo della crittografia della piattaforma, non uniforme per tutti gli utenti e – soprattutto – non propriamente inespugnabile come Telegram stesso ha dichiarato nelle sue linee guida.

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