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Le giostre di passeggio Sant’Andrea a Trieste: un mestiere senza eguali da 25 anni

TRIESTE. Generazioni di triestini sono cresciuti trascorrendo una parte più o meno corposa della loro infanzia sulle giostre di passeggio Sant’Andrea, o magari ci hanno accompagnato i figli e i nipoti. Dagli anni Novanta quell’angolo del vialone di San Vito si presta ad essere per molte ragioni uno spazio unico, che non ha eguali almeno nei dintorni di Trieste. Di giostre, ovviamente, ce ne sono tantissime: ma le attrazioni sono automatiche, oppure, se qualcuno ci lavora, fanno parte di allestimenti provvisori. A passeggio Sant’Andrea, invece, è una persona a mettere in moto da quasi trent’anni il piccolo trenino, con tutte le ricadute positive che ha una presenza umana in un’area destinata ai bambini.

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I giostrai, infatti, sono ormai in maggioranza nomadi. Seguono gli spostamenti dei vari luna park o delle fiere, recandosi nelle località di villeggiatura d’estate e tornando nelle città d’inverno. Non così a San Vito, dove il trenino e la giostra, eccezioni a parte, rimangono aperti tutto l’anno sia la mattina sia il pomeriggio. Inevitabile che chi ne rende possibile il movimento diventi per centinaia di bambini (e per i loro accompagnatori) una figura di riferimento, al pari di un maestro o di un allenatore.

Lo è stato sicuramente Tullio Covra, entrato a far parte, grazie anche alla sua affabilità e al suo carisma, della storia di passeggio Sant’Andrea. È lui che ogni giorno ha avviato il trenino e le giostre, dal 2003 fino a gennaio dell’anno scorso, quando ha lasciato il posto ai nuovi proprietari. Prima di lui, per quattro anni, a gestire le attrazioni era suo figlio Roberto, poi trasferitosi nell’isola di Boa Vista, a Capo Verde. E prima ancora, negli anni Ottanta, lo stesso trenino si trovava all’interno del giardino pubblico di via Giulia.

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Tullio ha trascorso così la sua pensione, animando l’infanzia dei ragazzini con la sua intraprendenza mai davvero invecchiata. Seduto come suo solito a un tavolino del bar Ariston, che lui continua a frequentare assiduamente nonostante abbia lasciato ad altri le giostre vicine, racconta: «Non avevo bisogno di soldi, l’ho fatto per pura passione». Davanti a lui siedono i due nuovi proprietari, Giancarla Borghese e Massimo Ferrari, entrambi giostrai itineranti da una vita che hanno deciso di investire nel rione di San Vito.

Tutti e tre sono concordi nell’affermare che il mestiere del giostraio, oggigiorno, non è affatto semplice. Tanto è capace di regalare soddisfazioni che è raro trovare in altre professioni, quanto è privo di certezze e bisognoso di una dedizione indefettibile. Soprattutto, il mestiere del giostraio è legato a doppio filo al modo d’essere e alle caratteristiche dell’infanzia di una data generazione. A seconda di come cambia quest’ultima, del modo che ha di divertirsi e di trascorrere il tempo libero, gli effetti si ripercuotono immediatamente sulla stabilità e sulle prospettive dei giostrai.

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Le loro osservazioni offrono per questo stesso motivo un punto di vista privilegiato sulle nuove generazioni. Tullio non ha remore nell’affermare che, nei vent’anni da lui trascorsi a San Vito, «la tecnologia ha rovinato i giochi di una volta». Il trenino, dice Tullio, «un tempo era tutto ciò che avevano i bambini, mentre ora appare noioso e cercano attrazioni più forti». Un altro aspetto interessante riguarda l’età di chi va sulle giostre: «Si è molto abbassata – spiegano i nuovi proprietari –. Una volta sul trenino salivano fino a dieci anni, adesso non si va oltre i cinque». Detto in altre parole, il momento in cui diventano “grandi” per le giostre è stato anticipato, bruciando le tappe dell’infanzia e anticipando il passaggio all’adolescenza.

I giostrai, come detto, si muovono di conseguenza. Qui, però, le idee su quali siano le contromisure possibili variano fra la precedente e la attuale gestione. Tullio si è infatti sempre affidato alle sue doti d’immaginazione: «Ho preso i monopattini e le pistole ad acqua», giochi ai quali lui stesso non si sottraeva. Ma, secondo Giancarla Borghese, «oggi queste cose non bastano più», o comunque sono intervenute delle limitazioni di carattere normativo. La soluzione tentata dai nuovi proprietari va allora nella direzione dei tappeti elastici: «Nei prossimi giorni ne metteremo uno qui accanto, sperando di attirare i ragazzi più grandi», raccontano. La concessione è di un mese, la loro speranza è di poterlo renderlo permanente.

Resta poi sullo sfondo la chiusura della gelateria Viti, che ha coinciso con una diminuzione significativa del numero di bambini a passeggio Sant’Andrea.

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