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Così in provincia di Padova spariscono gli sportelli, in 20 mila senza bancomat: «Danno alle imprese»

Nel Padovano si contano sempre meno sportelli bancari: ne sono spariti 200 negli ultimi sette anni. Padova è la provincia messa peggio in tutta la regione: 17 gli sportelli persi tra il 2022 e il 2023. E 20 mila padovani vivono in un Comune senza banca.

Il contraccolpo riguarda anche il personale degli istituti finanziari: nel 2022 i bancari nella nostra provincia erano 3.787, nel 2023 sono scesi a 3.739. Il fenomeno, noto come desertificazione bancaria, è aggiornato nell’ultimo report di Banca Italia ed è stato approfondito dall’Osservatorio First Cisl, il settore che si occupa dei dipendenti bancari, che posiziona la provincia di Padova al 25esimo posto in Italia nella classifica della desertificazione relativa: i comuni con una sola filiale.

Comuni senza banca e imprenditori a rischio

Ad aprile dell’anno scorso la First Cisl aveva dedicato un convegno proprio al fenomeno della desertificazione, puntando l’attenzione sul fatto che ci sono ben 10 Comuni della provincia che sono senza sportelli e 28 che ne hanno uno solo. Tra i centri più grandi senza riferimento bancario ci sono Pozzonovo (che ha 3.482 abitanti), Polverara (3.373 abitanti) e San Pietro Viminario (3.048). In questi territori ci sono almeno 1.220 imprese. Mentre parliamo di 6.500 aziende in Comuni con un solo sportello, come Loreggia (7.659 abitanti) e Cervarese Santa Croce (5.652). E siamo solo all’inizio di questo spopolamento perché altre chiusure sono state annunciate per i prossimi anni.

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Le conseguenze della desertificazione bancaria

Per il sindacato è indubbiamente un impoverimento: «Il pericolo numero uno è lasciare i piccoli imprenditori senza accesso al credito – spiega Alessandro Pani, referente First Cisl – con il rischio che la delinquenza si appropri di queste zone per la serie: “Non preoccuparti, te lo faccio io il prestito". Una banca non ha solo la funzione di vendere i propri prodotti, ma deve favorire la crescita di un territorio: le grandi banche negli anni hanno regolato la gestione del credito per il tessuto produttivo e per le famiglie». «Inoltre i disagi riguardano anche le famiglie – continua Pani – Non abbiamo superato l’euro di carta, prelevare serve ancora, soprattutto in un piccolo paese dove le piccole spese quotidiane non puoi farle con il bancomat. Oggi molte operazioni avvengono al telefono, perfino sottoscrizione di contratti inserendo la firma digitale, ma non funziona per tutto: stiamo perdendo competenze e professionalità importanti».

Il futuro delle banche: digitale, ma con rischi

Le banche spingono sulle funzioni digitali e soprattutto sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale e dell’internet banking. Siamo sicuri i tempi siano maturi? «Direi proprio di no – risponde Pani – Prima di tutto perché mancano competenze e persone. Del resto lo spopolamento comporta anche questo, la riduzione del personale e dunque dei costi. Monte dei Paschi aveva a Padova la seconda direzione nazionale, ora è rimasta solo quella di Siena. Mentre Banca Intesa porterà una parte degli uffici in piazza Eremitani, ma trasferisce la maggior parte delle attività tra Rubano e Sarmeola. E nessuno ha pensato servisse mettersi d’accordo con i sindaci o che questo cambiamento peserà molto su via Chiesanuova. Unicredit continua far uscire molte persone. L’ex Bcc patavina, diventata Bcc Veneta con la fusione di Verona e Vicenza, entro l’anno agevolerà l’uscita di 30 persone e Banca Intesa ne lascerà andare un centinaio entro il 2025».

Il problema del ricambio generazionale

Si crea anche un problema di ricambio, reso ancora più complesso dal fatto che non si trovano giovani: «Una volta era interessato a questo lavoro il neo laureato, adesso non troviamo nemmeno neo diplomati, e uno su due va via dopo i primi 2 anni: è personale di passaggio, il 60-65% dei giovani non ha più la propensione al posto fisso e chi ce l’ha per l’80% non la ritiene la professione della vita.

Per di più il settore bancario non ha grande appetibilità: gli uffici centrali sono pieni di persone che fanno marketing e lavorano nell’area legale, ma tutti gli altri sono chiamati a cercare di vendere prodotti bancari su una spinta sempre più incalzante perché le vendite siano incessanti. È tutto massificato, la pubblicità dice che il cliente è al centro, ma come bersaglio su cui sparare proposte commerciali.

Il dipendente deve vendere quello che ha a disposizione, non importa più la storia del cliente e i suoi progetti. Alla fine l’età media dei dipendenti padovani è di 55 anni e la gente che può fugge, lasciando scoperte anche delle professionalità. Del resto chi, come me, è entrato negli anni ’90, ha fatto una gavetta di 15 anni prima di arrivare a fare il direttore di filiale e il consulente, invece adesso i ragazzi vengono catapultati subito in questi ruoli, anche se non hanno l’esperienza sufficiente. E non c’è nemmeno una crescita economica corrispondente come succedeva prima che si partiva con 1.400 euro e si arrivava a 2.800. Oggi gli stipendi sono più bassi, si contano i benefit, ma le responsabilità sono maggiori».

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