Trieste, la storia della famiglia Pertot lunga 90 anni: «Così la nostra merceria si è adeguata a tutti i tempi»
Dai bottoni che vendeva a uno a uno il nonno Antonio nel 1934, alle dirette su Facebook di oggi, tenute dalla nipote Antonella, per proporre stoffe e ricami.
È racchiusa fra queste due immagini, testimoni di epoche molto diverse, quasi antitetiche fra loro, la straordinaria storia del negozio “di tessuti e mercerie” Pertot, di via Ginnastica, che quest’anno festeggia i 90 anni di vita.
Un’attività radicata, anche perché la sede, al civico 24, è sempre rimasta la stessa fin dall’apertura, datata settembre 1934, e perché in parallelo si è snodata nei decenni anche la dedizione della famiglia a un settore, quello appunto dei tessuti e delle mercerie che, nel tempo, si è modificato, adeguandosi all’evolversi delle esigenze della clientela.
«Mio nonno Antonio con la moglie Elsa – racconta Antonella – vivevano a pochi passi dal negozio, sempre in via Ginnastica. Ovviamente venivano a lavorare a piedi e spesso restavano fino a tardi per completare gli ordini, sistemare il magazzino, fare i conti».
Nell’immediato dopoguerra nonno Antonio andava in quella che, all’epoca, era la Zona B, e consegnava la merce ordinata dalla clientela italiana rimasta.
«All’inizio – precisa la titolare, orgogliosa di poter narrare vicende che oggi possono stupire – utilizzava le corriere di linea, portando le stoffe in spalla. Successivamente caricandole a bordo della Giardinetta, una vettura che forse pochi ricordano, ma molto utile per chi doveva trasportare la merce in quegli anni».
Antonio Pertot aveva il piglio dell’imprenditore lungimirante e infatti nel 1959, appena saputo che il foro attiguo era in vendita, corse ad acquistarlo per ampliare l’attività e, soprattutto, poter disporre di una vetrina in più.
«Ancor oggi lavoriamo in questi stessi spazi – riprende Antonella che, in un angolo del negozio, ha allestito una sorta di mini museo, dov’è possibile ammirare foto d’epoca – che hanno visto cambiare il mondo al di là delle vetrine». In alcune foto si vedono le file di bottoni accuratamente sistemate, per essere proposte alla clientela: oggi, per contrasto, sul bancone compare il bancomat.
«Negli anni Trenta – dice Antonella, che ha preso in mano le redini del negozio nel 1982, affiancando il padre Walter, figlio di Antonio – c’erano solo tre tipi di bottoni. Oggi si può vendere qualsiasi cosa utile a una sartoria».
Ma negli anni è cambiato anche lo spirito che anima la clientela: «Un tempo – evidenzia – si comprava ciò che serviva, la prima cosa da soddisfare era la necessità di tenere in ordine un vestito, fare il ricamo giusto, accoppiare bene i bottoni. Oggi si avverte il continuo bisogno di novità, di cambiare. Per me, che in questo intendo seguire la filosofia che ha sempre animato la nostra famiglia per quanto concerne l’approccio al lavoro, rimangono fondamentali la cortesia, un buon rapporto fra qualità e prezzo e avere a disposizione sugli scaffali prodotti che possono soddisfare le esigenze di chiunque. Il lusso non mi interessa».
A un certo punto della sua vita, Antonio decise di far entrare nella compagine imprenditoriale il primogenito Walter, papà di Antonella, e l’altra figlia Silva.
«Dopo la morte di mio padre – riprende – avvenuta nel 2000, sono rimasta l’unica nipote intenzionata a proseguire l’attività di famiglia. E sono ancora qua, felice di farlo. Tutto questo implica anche sacrifici perché, per esempio, non chiudiamo mai per ferie. Io e la mia dipendente in alcuni periodi ci alterniamo, ma la saracinesca non rimane mai abbassata per giorni». E poi accadono anche cose divertenti. «Da quando compaio su Facebook per le brevi dirette durante le quali illustro i prodotti – racconta sorridendo Antonella – ci sono clienti, in gran parte donne, che mi dicono di avermi visto nello “sceneggiato tv”. Come se fossi una star delle serie televisive». Festeggiati i 90 anni, naturalmente l’obiettivo successivo è rappresentato dal traguardo del secolo: «Mi auguro di farcela, la soddisfazione sarebbe enorme».