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Nicole Kidman a Venezia a nudo con Babygirl: «Un film che mi lascia esposta e spaventata. Sto tremando»

«Tutti meritano un bell’orgasmo», sostiene Halina Reijn, che affida a Nicole Kidman un thriller erotico alla ricerca del piacere mai provato. Ha ben ragione la regista olandese ma il suo Babygirl non è certo il migliore manifesto liberatorio.

In concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2024, Babygirl è meno sensuale e torbido di quanto voglia essere, nonostante la musica oscura e tesa di Cristóbal Tapia de Veer prema per infiammare turbamento e sensi. Vuole osare ma non osa abbastanza. Si crede anticonvenzionale, probabilmente, invece è un film stentato che non affonda le mani nelle fantasie più ime.

Nicole Kidman si dà generosa, in nudità e desideri nascosti, ma non basta. «Questo film mi lascia molto esposta, vulnerabile e spaventata perché adesso lo stiamo consegnando al mondo», dice l’attrice australiana dalla pelle diafana e dal sorriso lieve al Lido di Venezia. «Durante le riprese era tutto molto profondo e intimo. Adesso siamo tutti un pochino nervosi. Sto tremando».

Qualche mugugno dalla stampa alla prima proiezione in Sala Darsena, flebile applauso alla successiva in Sala Grande, dove Babygirl debutta per il pubblico in serata con luccicante red carpet.

Nicole Kidman e Harris Dickinson in "Babygirl" (Foto: Biennale di Venezia)

Nessuna chimica tra Kidman e Dickinson

Nicole Kidman, 57 anni, interpreta Romy, una donna affermata, con la classica bella famiglia da cinema hollywoodiano, due figlie, marito, sorrisi e baci. Ma c’è la crisi di mezza età. O meglio: come in effetti capita in molte coppie convenzionali, a più donne di quel che si creda, pur avendo una vita sessuale attiva lei non è appagata. Non ha mai provato un orgasmo. E lui, ovviamente, in 19 anni insieme non si è mai accorto di nulla (nonostante sia interpretato da un macho come Antonio Banderas). Normale ménage matrimoniale.

Romy/Kidman è Ceo di un’azienda di robotica, una delle poche donne a questi sommi livelli. Ed eccola, sin dall’inizio, fremente e in vogliosa attesa della valanga che la travolga. Che già dopo poche inquadrature si palesa in un giovane “ammalia-cani”. Lo interpreta il britannico Harris Dickinson, 28 anni, già visto come modello impacciato nel film Palma d’oro di Cannes 2022 Triangle of Sadness. Ostenta sin da subito sicurezza e sfrontatezza poco credibili: funzionava meglio come edonista insicuro, alla regia di Ruben Östlund, che non ora come dominatore affascinante e sconsiderato.

Bastano poche pochissime sequenze perché si sviluppi un legame ambiguo tra lui, stagista, e la rispettabile Ceo. È lui ad esercitare subito un potere sproporzionato e poco verosimile. Lui il padrone, lei la sua “babygirl”, in un ordito poco intrigante. La chimica tra Nicole Kidman e Harris Dickinson? Inesistente.

Da Huppert a Thompson a Kidman

Il sesso, come buona parte del mondo, è spesso visto dal punta di vista maschile, anche a livello cinematografico, da 9 settimane e mezzo di Adrian Lyne a Basic instinct di Paul Verhoeven. Babygirl ha almeno il merito di cambiare prospettiva.

Già la regista australiana Sophie Hyde ha recentemente indagato il sesso con sguardo femminile ne Il piacere è tutto mio (2022). Tematica simile: Emma Thompson, 65 anni, è una vedova che ingaggia un gigolò per provare finalmente un orgasmo. Anche in quel caso un film poco riuscito.

«Sono contenta di aver fatto un film sul desiderio femminile. È anche la storia di una donna in crisi esistenziale», spiega Halina Reijn, già autrice dell’acclamata comedy horror Bodies Bodies Bodies. «È un film sul rapporto delle donne con il proprio corpo».

Con Isabelle Huppert come presidente di giuria, Babygirl potrebbe avere a sorpresa qualche chance di premio a Venezia 81? La diva francese è stata lei stessa Ceo di azienda in libidinose vicende in Elle (2016), ma lì Verhoeven dirigeva con inquietante potenza. Similmente a Nicole, si è lasciata allettare da giovani carni ne La pianista (2001) di Michael Haneke, ma si parla di un cult selvaggiamente psicosessuale, che sfida crudeltà e trasgressione.

«Mi piace indagare le donne, gli esseri umani, in tutte le sfaccettature, nel loro labirinto interiore», dice Kidman. «Sono molto orgogliosa di essere stata invitata a un festival come questo, in un film alla regia di una donna. Tanto tempo fa a Cannes dissi: “Cercherò di dare più peso alle donne regista per cambiare la proporzione tra registe donne e uomini”. Babygirl fa parte anche di questo sforzo».

Halina Reijn e Nicole Kidman a Venezia (Foto Ansa/Fabio Frustaci)

La sessualità secondo le nuove generazioni

«L’obiettivo di Babygirl è che sproni ad amarsi in tutte le proprie stratificazioni. Spero che parli di amore per se stessi, di liberazione», ha detto Halina Reijn. Anche se in maniera goffa e poco riuscita, il suo messaggio arriva.

Da Babygirl emerge anche un altro aspetto interessante: le nuove generazioni, pur nel loro caos, sembrano leggere meglio le relazioni e la sessualità. L’esempio migliore viene dalla figlia maggiore di Romy/Kidman, interpretata da Esther McGregor.
Dallo stagista dominante, inoltre, arriva una battuta illuminante, che risponde alla frase pronunciata dal marito di Romy: “Il masochismo femminile è da nevrotici”. La replica: “È un’idea superata della sessualità”.

«Anni fa venivo a questi festival con film che oggi non si potrebbero più fare perché sarebbero considerati politicamente scorretti. Siamo arrivati a una forma di autocensura», le parole mica banali di Banderas al Lido. «Quando ho letto la sceneggiatura di Babygirl ho pensato: “C’è ancora qualcuno che pensa in modo diverso, che ha il coraggio di mettere sullo schermo qualcosa che tutti pensiamo”. Noi siamo prigionieri dei nostri stessi istinti. Sono fiero di far parte di questo progetto».

Nel cast anche Sophie Wilde, l’attrice lanciata dall’horror Talk to me, anche lei rappresentante delle nuove generazioni in cerca di un mondo migliore: «Come giovane donna progressista, trovo interessante che Babygirl esplori i limiti di cosa significhi essere donna. Credo sia un film progressista».

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