Iia, stop al trasferimento di 77 operai. Ma ora si teme l’ingresso dei cinesi: “Così può diventare solo un veicolo per vendere i loro bus in Ue”
Un punto fermo e qualche nuova preoccupazione. La vertenza di Industria italiana autobus non ha trovato alcuno sbocco decisivo nell’incontro convocato al ministero delle Imprese e del Made in Italy dopo che la nuova proprietà – Seri Industrial – aveva iniziato la sua avventura, battezzata dal sì del governo e dalle proteste dei sindacati, con la richiesta di trasferimento per 77 operai dallo stabilimento di Bologna a quello di Flumeri, nell’Avellinese. Nel faccia a faccia con i sindacati e le istituzioni, la proprietà ha ceduto alla richiesta dei metalmeccanici, col supporto dell’assessore al Lavoro dell’Emilia Romagna Vincenzo Colla, di ritirare l’ipotesi di chiusura della produzione nel centro emiliano.
Un primo passo, che però non basta a Fiom, Uilm, Fim-Cisl e altri altri sindacati. Anche perché manca ancora un piano industriale dettagliato e, soprattutto, la proprietà ha annunciato durante il vertice “che si sta lavorando ad una collaborazione con un grande produttore cinese, che entrerebbe col 25% nel capitale e consentirebbe l’accesso a componentistica a prezzi molto bassi”. Sarebbe una buona notizia in sé, se non fosse per una specifica: i cinesi, infatti, si riservano “di proporre nelle gare i propri mezzi” se Industria italiana autobus “non fosse in grado di fornirli”. Insomma, se non riparte la produzione – è il timore dei metalmeccanici – la società si trasformerebbe in un semplice “un veicolo di commercializzazione di autobus prodotti in Cina”.
Un’ipotesi che fonti del Mimit sostengono essere priva di fondamento, poiché il piano industriale prevede di aumentare la produzione da 1 a 5 autobus al giorno, soddisfacendo pienamente le richieste del mercato con i mezzi realizzati in Italia. Dal ministero sottolineano inoltre che tutti i memorandum of understanding avallati dal Mimit prevedono che i prodotti – compresi anche i futuri autobus di Iia – siano Made in Italy e cioè soddisfino la regola di origine europea, attraverso il mantenimento di una quota sostanziale di componentistica italiana.
A settembre, come annunciato dai rappresentanti sindacali, inizierà un confronto di merito con Seri Industrial. “Dal nostro insediamento in azienda abbiamo riscontrato una situazione estremamente complessa, frutto di anni di cattiva gestione: costi e tassi di inefficienza elevatissimi, con un livello di assenteismo superiore al 10%”, fa invece notare l’azienda. “Basti pensare che nello stabilimento di Bologna, allo stato attuale, vengono prodotti 3 bus al mese (0,2 al giorno), mentre per ripristinare la redditività è fondamentale raggiungere l’obiettivo minimo di 3 mezzi prodotti al giorno”, ha detto ancora il presidente Vittorio Civitillo.
Industria italiana autobus, principale azienda italiana per la costruzione di autobus, aveva avuto come socio forte Leonardo (controllato al 30% dal Tesoro). Il gruppo ha però ceduto la sua partecipazione alla fine dello scorso giugno, vendendola a Seri industrial. Un’operazione che, come aveva rivelato da Il Fatto Quotidiano, aveva suscitato perplessità e preoccupazione tra lavoratori e sindacati a causa dei precedenti del gruppo guidato da Civitillo nel tentativo di rilancio di diverse aziende.
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