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La sicurezza nazionale trattata come una soap opera

Indicare la luna e guardare il dito. Così sta diventando, sempre più, il mondo dell’informazione italiana. Si seguono le tendenze social e ci si dimentica di approfondire e dare il giusto peso alla gerarchia delle notizie. Accade (quasi) quotidianamente ed è successo anche per quel che riguarda la vicenda che vede coinvolta l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia, il Ministro della Cultura Giuliano Sangiuliano, il suo dicastero e anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Una storia che dovrebbe far accendere le luci dei riflettori sulla superficialità con la quale sarebbe stata trattata la sicurezza nazionale e che, invece, viene raccontata come fosse la più banale soap opera. O, forse, come un cinepanettone vecchia scuola.

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Ci si è concentrati su aspetti della vita privata, come la conoscenza di vecchia data tra il Ministro della Cultura e la famiglia della donna. Sono state diffuse fotografie con la lente d’ingrandimento per cercare sulla mano sinistra del capo del MiC l’eventuale presenza della fede nuziale. Si è scaduti, dunque, un’altra volta in quel gossip che alimenta le dinamiche social più di eventi correlati che dovrebbero far sobbalzare il lettore dalla sedia.

Maria Rosaria Boccia, Sangiuliano e la stampa italiana

La questione non è il rapporto tra i due protagonisti di questa vicenda. Ma la verità attorno a questa storia. L’aspetto economico (che, a quanto pare, sembra essere più l’etichetta di facciata che porterà a una decisione sull’eventuale sollevamento di Sangiuliano dal suo incarico ministeriale), non è in vetta alle gerarchie di ciò che è notiziabile. Se il Ministero ha pagato per i viaggi di Maria Rosaria Boccia (come lei stesso ha dichiarato sui social), è una questione secondaria. Seppur deprecabile.

L’attenzione doveva andare solamente su un aspetto che si snoda su due piani: è normale che un’istituzione pubblica (in particolare un Ministero) faccia partecipare a incontri, sopralluoghi e supervisioni – soprattutto in vista di eventi “delicati” dal punto di vista della sicurezza come il G7 della Cultura in programma – una persona che non ha alcun ruolo/incarico all’interno dello stesso dicastero? E, come abbiamo spiegato in un approfondimento dedicato, è normale che le comunicazioni istituzionali interne – con la condivisione di documenti, avvisi e resoconti – avvengano in thread mail in cui vengono inseriti indirizzi con domini non governativi (ovvero quelli più protetti)? Queste sono le due questioni che dovrebbero essere al centro dell’attenzione mediatica, non sicuramente la presenza o meno di un anello al dito.

Perché quando si ospita un evento importante come il G7 (in questo caso declinato alla Cultura, ma anche per tutti gli altri ambiti), occorre mantenere degli standard di sicurezza elevatissimi. A prescindere dalla figura di Maria Rosaria Boccia, che in questa storia dovrebbe avere solamente il ruolo di “parafulmine” per evidenziare tutte le storture di una gestione che – viste le “prove” – appare gestita (per usare un eufemismo) in modo più che superficiale. Uscire da un dominio interno (come quelli @gov.it) è un rischio per le comunicazioni, a prescindere dal provider di posta elettronica del destinatario di una comunicazione. Perché l’ecosistema delle mail, seppur con grandi passi avanti nella sicurezza, può essere soggetto a brecce da cui qualche malintenzionato può carpire informazioni sensibili e che mettono a rischio (come potenzialmente per questa vicenda) la sicurezza di uno o più soggetti. Ed è questa la luna che doveva essere guardata dalla stampa, non il mero gossip.

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