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Danni al sistema di irrigazione in piazza Libertà a Trieste, l’erba è solo un ricordo

TRIESTE. Gli addetti alla pulizia arrivano in piazza della Libertà verso le 7.30. Lì è previsto quotidianamente un intervento straordinario, con aspiratori, macchinari per il lavaggio delle strade e dei viottoli, pompe con getto d’acqua per pulire i punti più sporchi, gli angoli trasformati in wc a cielo aperto. Quello che era un prato, visti i danneggiamenti all’impianto di irrigazione, è ormai ridotto a una distesa di terra. In mezzo scatole in latta, bottiglie, lattine, cartacce, sacchetti, avanzi di cibo. Accanto agli alberi sono stipati sacchi con vestiti, coperte, pentole. Perché c’è anche chi su quella piazza, con un fornello a gas, cucina. «Ho cercato di ridare decoro a quella piazza – sottolinea amareggiato l’assessore alla Pianificazione territoriale Michele Babuder – ma è impossibile difronte ai tanti danneggiamenti, al fatto che a poche ore dalla pulizia la zona sia nuovamente lercia». Babuder ammette di «andare lì ogni giorno per cercare soluzioni, ma non posso fare lo sceriffo e mi meraviglio che i non si riesca a risalire a chi trancia il sistema di irrigazione».

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I servizi igienici, già sistemati sulla piazza, erano stati danneggiati, tanto da renderli inutilizzabili. Il Comune li ha tolti. «Trovavamo un disastro ogni mattina anche quando c’erano i bagni – costata il sindaco Roberto Dipiazza – perché non ci sono educazione e rispetto. I migranti continuano ad arrivare, anche pochi giorni fa ne abbiamo trasferiti una quarantina: è da anni che dico che serve destinare all’accoglienza delle caserme». C’è poi il nodo dell’ex Ostello scout di Campo Sacro, ancora a metà della capacità massima annunciata. «Anche quando sarà a regime – così il sindaco – la gente continuerà ad andare in piazza della Libertà, perché c’è la volontà di qualcuno di rendere quell’area punto di ritrovo: bisogna cercare di bloccare l’attività delle associazioni su quella piazza».

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Sulla piazza però non ci sono solo migranti, e lo stesso presidente dell’Ics Gianfranco Schiavone constata come ora ci sia «una mescolanza di situazioni più marcata rispetto a tempo fa». Le persone che la notte dormono a terra, in piazza, sono una ventina. «Dormono lì coloro che attendono di prendere il treno al mattino presto – spiega – mentre chi sceglie di restare a Trieste e aspetta una soluzione nel sistema di accoglienza, vista la situazione che può essere anche pericolosa, sceglie di dormire in altri punti della città». Per il presidente di Ics «la presenza sulla piazza è più accentuata anche perché prima, in qualche modo, queste persone si autogestivano al Silos. La situazione è lo specchio dell’inattività e dell’inettitudine del sistema pubblico».

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