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Futuro di Porto Vecchio a Trieste: le categorie a confronto:  «Non diventi un doppione ma fonte di vero sviluppo»

Porto Vecchio – Vivo non dovrà essere un doppione della città, ma un contenitore di opportunità lavorative e imprenditoriali inedite.

Hangar da trasformare in alberghi e strutture ricettive, purché accompagnati da una pianificazione a lungo termine per un turismo sostenibile.

Magazzini in cui ospitare pubblici esercizi capaci di rispondere a una domanda diversificata – di residenti, dipendenti regionali, ricercatori e sportivi – senza sottrarre lavoro alle altre attività commerciali della città ma integrandone l’offerta.

Moli e costa da prendere in concessione per insediarvi innovative aziende extra Ue e relativi show room, come proposto ieri mattina (mercoledì 11 settembre) dal presidente della Camera di Commercio della Venezia Giulia Antonio Paoletti durante una riunione straordinaria del Consiglio camerale allargata a enti, associazioni di categoria, imprenditori e sigle sindacali per discutere prospettive di sviluppo – e possibili criticità – che inevitabilmente si apriranno con la riqualificazione dello scalo.

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La riunione alla Camera di Commercio

Riuniti nel palazzo di piazza della Borsa c’erano i rappresentanti locali e regionali – per citarne alcuni – di Confcommercio, Confindustria Alto Adriatico, Federalberghi, Fipe, Confapi, Confartigianato, Coldiretti, Skgz, Cgil, Cisl e Ugl, oltre a imprenditori in diversi settori per un primo confronto con il sindaco Roberto Dipiazza, l’assessore Everest Bertoli e il dirigente Giulio Bernetti sui contenuti del project financing per la rigenerazione del Porto Vecchio.

Cantieri e investimenti

In prospettiva ci sono cantieri per oltre 620 milioni di euro - e investimenti che viaggeranno su cifre di molto superiori - per ristrutturare 19 fabbricati dello scalo, quindi rivenderli o affittarli con destinazioni private diverse.

A nord la zona benessere, a sud gli alberghi

La zona settentrionale sarà dedicata a soluzioni “ludico-sportive” tra cui palestre, spa, centri benessere e locali. Hangar e magazzini della parte più a sud saranno invece trasformati in residenze, negozi al dettaglio, ristoranti e alberghi a quattro e cinque stelle, con una previsione di centinaia (fino a 500) stanze.

Mille o anche più letti che poi dovranno essere riempiti, e per farlo «sarà necessario che il project sia accompagnato da un piano strutturato di investimenti nel turismo», osserva il presidente di Federalberghi Trieste Guerrino Lanci.

Il programma di Costim prevede infatti oltre nove anni di lavori, e se per allora l’idea è di inaugurare nuove strutture alberghiere allora «bisognerà – sottolinea Lanci – scoprire e commercializzare nuove esperienze di turismo, che possano attrarre in modo strutturale un flusso crescente di visitatori: le risorse dell’imposta di soggiorno non sono infinite, e per ampliare l’offerta in modo sostenibile servirà collaborazione tra pubblico e privato».

Magazzini trasformati in residenze

Altri magazzini saranno trasformati in residenze, con un indice di residenzialità che sarà prevalente e non superiore al 70%. «In tal senso – aggiunge il presidente provinciale di Federalberghi – serviranno criteri per assicurarsi che quelle residenze restino tali, e non siano convertite in affitti brevi: il rischio – riflette – sarebbe di ritrovarsi con un quartiere poco vitale, popolato unicamente da turisti e a periodi alterni».

Terminati i cantieri ci sarà la necessità di individuare realtà interessate ad aprire e gestire nuove attività commerciali, con importanti opportunità di lavoro e investimento che però, al contempo, non dovranno tradursi in uno «svuotamento del resto della città». «L’idea di imprenditori e categorie – precisa Paoletti – è di poter vedere in Porto Vecchio-Porto Vivo ciò che manca a Trieste» e non ciò che c’è già.

Ad esempio, suggerisce la presidente regionale di Fipe Federica Suban, la presenza di fabbricati affacciati sulle marine potrebbe essere l’occasione di aprire ristoranti sul mare in una città di mare che – paradossalmente – non ne ha. Coldiretti di Trieste e Gorizia con il direttore Ivo Bozzati spera poi che si possa trovare spazio anche per «nuove opportunità agricole», che possano «esaltare e rendere protagonista la produzione del territorio».

«Il centro città dovrà rimanere sempre tale, fuori da ogni logica di svuotamento», ribadisce il presidente regionale di Confcommercio Gianluca Madriz: le nuove realtà che si insedieranno in Porto Vecchio dovranno integrarsi, non rimpiazzare ma valorizzare il sistema economico dell’intera città.

«La riapertura di un’area così vasta – osserva – implicherà l’ampliamento dell’offerta e lo sviluppo di nuove imprese»: un percorso che, ribadisce Madriz, «dovrà tradursi in una crescita per realtà di tutta la regione». E che dovrà essere fatto, anche, promuovendo la «partecipazione sociale» e assicurando che ogni investimento abbia «ricadute dirette per la comunità», annota la Cgil Trieste con Massimo Marega.

Sondaggi per fare proposte

All’interno di alcune categorie sono già partiti dei sondaggi per raccogliere desiderata e proposte da trasmettere al Comune affinché – auspica l’ente camerale – possano essere inserite all’interno del futuro bando di gara. Le proposte non mancano.

Il presidente Paoletti, ad esempio, tratteggia la possibilità di creare strutture con i vantaggi offerti dalle esenzioni doganali, come «quelle che si libereranno nell’area dell’Adriaterminal, in cui – propone – far insediare aziende extra-Ue con relativi show room».

Ma anche l’apertura a uffici e centri di coordinamento europei di gruppi internazionali attivi nel settore delle nuove tecnologie, o dell’online e di settori emergenti. Realtà che al momento fanno base in altri Paesi anche europei e che potrebbero trovare uno spazio in Porto Vivo.

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