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Il cinema è in crisi di idee? Tornano i grandi classici (restaurati)

Sono vecchi film superati dalla storia e dagli effetti speciali, eppure sono tornati nei cinema (restaurati a dovere) e fanno il pieno di spettatori. Viaggio in una tendenza che unisce le generazioni.

Tutto L’odio di Vinz-Vincent Cassel nel monologo di fronte allo specchio, il valzer tra Claudia Cardinale e Alain Delon ne Il Gattopardo, l’inferno di piombo e sangue nel finale di Scarface... Sono solo alcune delle scene cult tornate nelle sale decenni dopo la loro prima uscita. Nessun «remake», ma restauri di pellicole originali, un’arte portata avanti da cineteche e istituzioni culturali che sta guadagnando sempre più spazio nei cinema. Secondo l’ultimo rapporto Cinetel, società che analizza i dati del mercato cinematografico italiano, nel 2023 sono stati distribuiti 439 titoli che non sono nuove produzioni. Ben 312 in più rispetto al 2022. Un’offerta che il pubblico apprezza: da gennaio ad agosto 2024 le riedizioni hanno incassato quasi un milione e 700 mila euro, il 99 per cento in più a confronto dello stesso periodo del 2023. Quasi raddoppiate le presenze: 288.372 spettatori contro i 151.731 dell’anno precedente. Un piccolo miracolo, considerando la tanto declamata crisi del cinema in Italia. «La programmazione di pellicole storiche è cresciuta in maniera esponenziale, anche nella modalità di “uscita evento”, cioè limitata a pochi giorni» commenta Simone Gialdini, presidente della citata Cinetel e direttore generale dell’Associazione nazionale esercenti cinema. «È una strategia che crea grande attrattiva massimizzando l’attenzione del pubblico». Una buona comunicazione veicolata dai social fa la sua parte. Così il nuovo e il vecchio si incontrano, creando una sorprendente risposta dei giovani, evidentemente stuzzicati da film che si consideravano appannaggio di genitori e nonni, o relegati a sonnacchiose programmazioni pomeridiane di emittenti minori. «L’età media si sta notevolmente abbassando» conferma Andrea Peraro, responsabile della distribuzione dei classici della Cineteca di Bologna. «Sarà anche perché molti titoli sono proposti in lingua originale, sottotitolati». Cioè il modo in cui i ventenni e i trentenni di oggi fruiscono delle pellicole anche sulle piattaforme di streaming...

I più visti dell’ultimo anno? Proprio i citati L’odio, successo del 1995 scritto e diretto da Mathieu Kassovitz, e l’ormai iconico Scarface (Brian De Palma, 1983). Oppure Donnie Darko (pellicola di Richard Kelly del 2001), che a giugno è tornato nelle sale per soli tre giorni raggiungendo la vetta del box office; Il cacciatore (Michael Cimino, 1979); il film d’animazione giapponese La storia della principessa splendente (Isao Takahata, 2013); il «bertolucciano» The Dreamers (2003) e Buena Vista Social Club del 1999, tornato al cinema poco dopo che il suo regista Wim Wenders concorreva all’Oscar con il nuovo successo Perfect Days. Ma la lista delle uscite è lunga e variegata, per un mix che va da pietre angolari del cinema che sembravano dimenticate (come l’onirico Stalker o il sempiterno Quarto potere) a popolarissimi successi nostrani, come gli ormai «classici» di Carlo Vanzina Sapore di mare (appena tornato nelle sale) o Vacanze di Natale, uscito a fine 2023 per il suo quarantennale. Il capostipite dei cinepanettoni ha incassato 500 mila euro in un solo giorno, il 30 dicembre, realizzando la «media copia» più alta d’Italia. Un successo enorme per un cult visto e rivisto in televisione.

Dietro questo ritorno al passato si intrecciano motivazioni pratiche e spinte emotive: da un lato, il restauro e la riproposizione dei classici rappresenta un’opportunità economica per i cinema; dall’altro, risponde al desiderio in qualche misura nostalgico del pubblico di rivivere emozioni e atmosfere che hanno segnato intere generazioni. Una selezione di qualità proposta mentre sulle piattaforme di streaming si affastellano migliaia di titoli insignificanti. Ed è una qualità da vivere in sala, con la cosiddetta «magia del grande schermo» totalmente rinnovata. Restaurare un vecchio film infatti non significa semplicemente digitalizzare una pellicola, ma ritrovarne il colore, la fotografia, l’audio e recuperare parti mancanti per colpa del logorio del tempo o a causa della censura. Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, ad esempio, è tornato al cinema in un’edizione completa delle scene di violenza di Renato Salvatori su Annie Girardot, censurate all’uscita del film nel 1960. Ma c’è anche il caso de L’oro di Napoli di Vittorio De Sica, scelto per la preapertura dell’81esima Mostra d’arte cinematografica di Venezia, dove è stato proiettato in una versione curata da Cinecittà con l’aggiunta del «Funeralino», un episodio escluso dal montaggio originale del 1954 perché considerato troppo cupo. Il film è uno dei 18 restauri presentati al Lido in anteprima mondiale (vincitore della categoria, Ecce Bombo di Nanni Moretti, 1978, riportato all’antico splendore dalla Cineteca Nazionale).

«L’opera di De Sica è compresa in una serie di riedizioni a cui stiamo lavorando per celebrare i 90 anni di Sophia Loren», racconta a Panorama Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà. «Il 20 settembre, in occasione del suo compleanno, la ospiteremo al Cinema Moderno di Roma con la proiezione di Pizze a credito, l’episodio de L’oro di Napoli di cui è protagonista. Non sappiamo ancora se distribuiremo la rassegna dedicata alla Loren a livello nazionale, ma devo ammettere che la programmazione di alcuni cult ci ha riservato piacevoli sorprese: ad agosto i quattro titoli di Dario Argento usciti per l’iniziativa “Il Martedì è horror” (Suspiria, Profondo rosso, Opera e L’uccello dalle piume di cristallo) hanno ottenuto i migliori risultati della stagione estiva dopo i film americani». Secondo Sbarigia il merito è proprio del restauro: «La musica torna a essere chiara, i colori vividi, la fotografia curata. Dettagli di cui in televisione non puoi godere».

Ad alimentare il mercato dei classici anche l’aumento, dal 2020 in poi, del numero di distributori che hanno iniziato a riportare in sala le riedizioni. Un’attività che più di dieci anni fa svolgeva quasi soltanto la Cineteca di Bologna. «In parte a causa dello shock che il Covid ha inflitto al sistema cinema, in parte per lo sciopero dell’anno scorso di attori e produttori, si è creata la necessità per esercenti e distributori di diversificare e ampliare la programmazione delle sale», riprende Peraro. «Molte società, come Lucky Red e I Wonder Pictures, hanno sviluppato un proprio catalogo di classici, mentre altre realtà sono nate appositamente per questo scopo». Un esempio è Cat People, fondata nel 2023, che dopo aver riportato al cinema L’odore della notte di Claudio Caligari (1998) e La grande abbuffata di Marco Ferreri (1973), dal 14 ottobre distribuirà Dellamorte Dellamore, commedia nera di Michele Soavi (1974) tratta dall’omonimo romanzo di Tiziano Sclavi, con Rupert Everett e Anna Falchi. Tra i «prossimamente» di Lucky Red, invece, C’era una volta in America di Sergio Leone e Pulp Fiction di Quentin Tarantino, che quest’anno celebrano rispettivamente 40 e 30 anni. Anniversari importanti, così come i centenari di alcune case di distribuzione rappresentano un’ulteriore occasione per riportare in sala vecchi film.

È il caso di Titanus (la prima casa cinematografica italiana, fondata da Gustavo Lombardo nel 1904 a Napoli), che per festeggiare 120 anni ha riproposto cinque pellicole che hanno segnato la sua storia: oltre ai già citati Il Gattopardo e Rocco e i suoi fratelli, anche La ciociara, Pane, amore e fantasia e La prima notte di quiete. Nel 2023 invece la Warner Bros. ha spento cento candeline riprogrammando titoli come 2001: Odissea nello spazio (1968), Gremlins (1984), I Goonies (1985), L’esorcista (1973) e Casablanca (1942). In questi giorni la Cineteca di Bologna distribuisce nelle sale Per un pugno di dollari (1964: compie 60 anni) insieme a La sfida del samurai (1961) di Akira Kurosawa. È una doppia uscita ma anche un «duello» tra capolavori che parlano di duelli, e la tenzone si basa su un aneddoto: il regista giapponese accusò Sergio Leone di aver copiato intere sequenze del suo film per realizzare il western e, sebbene il processo per plagio non ebbe mai luogo, Per un pugno di dollari rimase l’unico film da cui il regista romano non guadagnò nulla. Fu invece Kurosawa a trarne beneficio: come risarcimento, ottenne i diritti per distribuire il western in Giappone, Taiwan e Corea del Sud, incassando più di quanto avesse mai ricavato dai suoi film. Decenni dopo vale la pena ritrovare katane e colt per una sfida all’ultimo spettatore decisamente d’antan.

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