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Chat sessista alla Canottieri Ticino: in tre rischiano il processo

PAVIA. La procura conferma l’accusa di diffamazione per tre indagati coinvolti nel caso della chat sessista alla Canottieri Ticino, mentre chiede l’archiviazione per altri quattro. È la conclusione delle indagini della pm Valentina Terrile per il caso esploso un anno fa, a settembre, dopo la denuncia di tre giovani donne, che avevano scoperto una chat di WhatsApp (“Polemici 2023”) in cui alcuni soci si scambiavano foto e commenti volgari su di loro e altre frequentatrici del centro. Le tre donne avevano saputo dell’esistenza della chat da un “pentito”, che non condividendo il contenuto dei messaggi aveva deciso di spifferare tutto. Da qui l’esposto, sia al collegio dei probiviri (poi dimissionario) che in procura, per l’ipotesi di diffamazione. La società, dal suo canto, ha nominato un legale per tutelare la sua immagine.

Possibile processo

Secondo gli accertamenti della pm (che in questi mesi ha sentito diversi testimoni) avrebbero commesso diffamazione solo alcuni partecipanti alla chat: il socio consigliere, che per questa vicenda fu sospeso dal collegio dei probiviri per tre mesi, e altri due soci. Altri quattro indagati, che erano presenti nella chat, avrebbero avuto un ruolo solo marginale e per loro è stata chiesta l’archiviazione (che risulta ancora pendente). Con la conclusione delle indagini la procura si prepara a chiedere il processo. Le nuove norme prevedono l’udienza predibattimentale, dove un giudice dovrà decidere se avviare un giudizio oppure prosciogliere gli imputati.

La difesa

Alcuni indagati avevano chiesto di essere sentiti. Aveva mandato una memoria in procura anche il consigliere sospeso, che aveva sottolineato come tutta questa vicenda fosse nata da un reato, cioè la sottrazione del suo telefonino, rimasto incustodito sul lettino della piscina durante una breve assenza. Secondo l’esposto presentato in procura, invece, sarebbe stato un partecipante al gruppo, che non condivideva il tenore delle conversazioni, a mettere al corrente le giovani.

Certo è che il contenuto della chat finisce nelle loro mani e sembra non lasciare spazio ad equivoci: i messaggi che i partecipanti si scambiano sono commenti su particolari fisici delle giovani ma ci sono anche allusioni a presunte relazioni di alcune ragazze con altri soci. Il tutto condito con pesanti battute a sfondo sessuale e insulti. L’accusa ipotizzata, cioè la diffamazione, riguarda i casi in cui qualcuno, «comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione» e prevede la reclusione fino a un anno o la multa fino a 1.032 euro.

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