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Nove detenuti-studenti si diplomano nel carcere di Gorizia

Quello che nella nostra lineare vita quotidiana risulta normale, banale e persino dovuto, dietro le sbarre diventa straordinario, eccezionale. Spesso nel male, a volte nel bene. E straordinario, per la casa circondariale di via Barzellini, a Gorizia, è stato il recente conseguimento del diploma dell’ex licenza media, oggi indicata come Primo periodo didattico, da parte di nove detenuti. Lo scorso anno furono tre. Un risultato estremamente significativo per l’istituto di pena cittadino, che conferma un impegno a più livelli nel favorire il reinserimento di chi, per i propri errori e le propria fragilità, si è ritrovato a vivere “dall’altra parte”.

Nove pezzi di carta, leggeri ma preziosi, che – chissà – sapranno volare oltre le grate, portando con sé il sogno di una vita diversa: una chiave che potrà aprire altri cancelli dopo che quelli della prigione si saranno richiusi per l’ultima volta.

Due gli italiani, sette gli stranieri (Afghanistan, Sri Lanka, Pakistan, Marocco) che hanno conseguito l’importante traguardo. Per loro la scuola dietro le sbarre è iniziata a gennaio e si è conclusa a luglio. A loro si aggiunge la quindicina di detenuti stranieri che ha affrontato i corsi di alfabetizzazione, 3 dei quali hanno già raggiunto il livello A2 che consentirà loro di perseguire l’ottenimento del permesso di soggiorno. E poi vi sono gli altri corsi: l’edilizia, la ristorazione, l’accoglienza turistica, il teatro, la scuola di mosaico (che, anticipiamo, regalerà un'opera al sindaco Ziberna in vista di Go!25).

Non è possibile raccontare le storie dei neodiplomati nei particolari, per non renderli riconoscibili. Quel che è possibile, però, è immaginare la commozione sui loro volti e su quelli di coloro che hanno creduto in questo percorso. La scuola carceraria, gestita dal Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti (Cpia) di Monfalcone, ha giocato un ruolo cruciale, garantendo agli studenti detenuti l'opportunità di riprendere o intraprendere gli studi dietro quel muro. Ed ottenere un titolo che rappresenta una crescita personale ed una maggiore possibilità di reinserimento nel mondo del lavoro. «Un piccolo miracolo che si rinnova, ma che vorremmo divenisse strutturale – afferma la responsabile dei servizi educativi del carcere, Margherita Venturoli -. La scuola media in carcere è un'attività non scontata: non sempre vi sono insegnanti disponibili a questo tipo di esperienza. Per questo – afferma – riteniamo che sarebbe fondamentale la nascita di un percorso formativo ad hoc per chi vuole insegnare in un istituto di pena. Qui servono non solo competenze, ma una sensibilità particolare: le regole, i metodi, persino il tempo hanno un valore diverso. Speriamo il Ministero possa arrivare ad un percorso e certificazione ad hoc per questi docenti dalla vocazione particolare, perché i benefici sarebbero evidenti».

La sinergia fra l’amministrazione carceraria, in testa la direttrice Caterina Leva, i servizi educativi, la Polizia penitenziaria guidata dal comandante Guido Tipaldi, e il Cpia (con la preside Vilma Candolini e l’insegnante Simona Tamborrino) ha consentito che questi ragazzi raggiungessero un obiettivo niente affatto scontato. «A dispetto di tante criticità, quello di Gorizia è un istituto che ancora accoglie le persone e il loro vissuto anziché limitarsi a detenerle. Certo – riconosce Venturoli -. il fallimento, la caduta sono sempre dietro l’angolo. Ma questo traguardo dei diplomi, o il dato riguardante l’impiego dopo la detenzione, o durante l’applicazione di misure alternative, ce lo conferma: per molti il carcere è l’opportunità, per quanto dolorosa, di mettere un punto e a capo nella propria vita». —

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