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Sicurezza, Mestre chiama Piantedosi: «Più mezzi e più risorse. Il ministro venga qui»

«Il ministro venga qui, si faccia un giro per le strade di Mestre, veda con i suoi occhi come il territorio sia ormai in mano a soggetti pericolosi, a criminali. Non è accettabile che negozi e ristoranti siano costretti a chiudere presto perché i titolari hanno paura, senza parlare dei danni d’immagine, tremendi, che ne subisce la laguna. Una città che non sappia gestire la propria sicurezza - percepita e reale - è destinata a fare una brutta fine».

Nel giorno in cui il sindaco Luigi Brugnaro sarà a Roma per confrontarsi con il titolare dell’Interno, l’Associazione veneziana albergatori ribalta il cerimoniale e invita invece Matteo Piantedosi a compiere un sopralluogo in prima persona: «Servono investimenti decisi su questo fronte, servono uomini e mezzi», insiste il presidente di Ava, Vittorio Bonacini, «Serve personale qualificato a intervenire, serve un’attività costante di bonifica delle strade. Chi è in Italia e non ci dovrebbe stare deve essere allontanato subito. Purtroppo quanto fatto fino a oggi non è sufficiente e, con il clima di tensione attuale, la situazione è destinata a peggiorare».

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Garantire la sicurezza in un’area complicata quale la zona sud di Mestre, indicata anche nel dossier “Mestre Next” come la maggiore criticità della città, è un problema che non si presta a facili soluzioni, richiede invece tanti interventi diversi, in concerto.

Ne è consapevole lo stesso i Brugnaro: se la richiesta di riportare in strada i militari lagunari del reggimento Serenissima è infatti il punto focale attorno a cui il primo cittadino vuole sviluppare le sue domande al Viminale, in verità già nei giorni scorsi parlava di voler trasformare Mestre in un «caso pilota»: «Ci ribelliamo, diventiamo un modello», ha detto anticipando il suo colloquio con Piantedosi; significa rimettere in strada l’esercito, «spostato su altri servizi, quando invece svolgevano un ruolo efficace di prevenzione», ma anche «allontanare dalla vita civile il giovane con la siringa, che va trattenuto e spostato altrove».

«Ben vengano i lagunari», insiste Bonacini, «perché avrebbe un costo maggiore non impiegarli. Ma servono risorse aggiuntive su tutto il settore, per assicurare un controllo ventiquattro ore su ventiquattro. Una volta in città, di notte, c’era il “pattuglione”, ora non più, come mai?».

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Bonacini plaude agli sforzi del questore Gaetano Bonaccorso e alle attività di pulizia dei locali abbandonati o non censiti, come il progetto Oculus che impegna la polizia locale dal 2011, ma ribadisce che dovrebbero tutti poter contare su maggiori investimenti per poter intensificare i controlli: «I criminali si annidano in palazzi in disuso, in strutture clandestine, bisogna aggredire questi luoghi costantemente».

«Quando hai un male addosso per prima cosa devi estirparlo», fa eco anche Ernesto Pancin, direttore dell’Associazione esercenti pubblici esercizi di Venezia, «Ci vuole un presidio costante del territorio, ma deve essere un presidio attivo: i militari possono aiutare ma devono anche avere la facoltà di intervenire, non possono solo essere schierati in strada come deterrente. Le forze dell’ordine non convenzionali possono essere un rinforzo utile, ma devono avere le giuste possibilità di ingaggio».

Anche Panicin chiede certezza della pena e tolleranza zero per i malviventi che sono anche irregolari per l’ufficio Immigrazione: «Chi delinque deve essere punito, se è straniero deve essere messo su un aereo e mandato via dall’Italia. Solo allora chi fa impresa, in città, potrà avere di nuovo voglia di scommettere su questo territorio, potrà sentirsi tranquillo, e tutti potremo di nuovo godere di vetrine illuminate e di locali aperti».

Tanto Ava quanto Aepe chiedono una sola cosa, in realtà: «Che si possa girare per le strade a tutte le ore, senza avere la paura di essere aggrediti». E, allora, per primo potrebbe provarci proprio il ministro dell’Interno.

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