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Juan David Sierra: “Le Olimpiadi di Los Angeles 2028 sono un obiettivo. Su strada mi ispiro a Girmay”

A conclusione della Parigi-Tours abbiamo raggiunto telefonicamente Juan David Sierra. Nato a Rho il 25 gennaio 2005, ha il doppio passaporto italiano e colombiano, ma un netto accento milanese. Con il portacolori della Tudor Development Team ne abbiamo così approfittato per stilare un bilancio di questa stagione sin qui, tra gli impegni strada e quelli della pista. In questo 2024 per Sierra è cambiato tutto: dopo gli anni tra gli Junior con la Ciclistica Biringhello, per il passaggio tra gli Under23 il milanese classe 2005 ha scelto la squadra di sviluppo della svizzera Tudor. Una decisione dettata dalla volontà di fare un calendario internazionale, di viaggiare e vivere esperienze già tra i “grandi” prima del passaggio tra i professionisti.

La pista italiana vivrà un rinnovamento in vista di Los Angeles 2028, anche per l’addio di Elia Viviani. I prossimi Giochi rappresentano sin da ora un obiettivo per te?

“Sì, per ora è ancora un sogno e sarà un obiettivo quando diventerà qualcosa di più concreto. Non sarà sicuramente facile anche perché il livello della Nazionale su pista è davvero alto, ma cercherò di fare il possibile per esserci”.

Su pista hai dimostrato grande eclettismo, risultando fondamentale per il quartetto, ma brillando anche tra Omnium e Madison. Continuerai ad impegnarti su tre fronti? E qual é la tua gara preferita?

“Sì, sicuramente. Vorrei migliorare nell’Omnium perché ho ancora qualche carenza, sulla Madison sento di essere a buon punto e nel quartetto ho corso poco, però mi piace molto e vorrei lavorarci bene in questi quattro anni. La corsa a punti è la mia corsa preferita e penso di essere molto adatto fisicamente”.

Sei nel vivaio della Tudor: la squadra favorisce la tua attività su pista?

“Sì, la squadra è a favore e mi supportano nella mia doppia attività, chiaramente con un calendario chiaro per organizzarci al meglio”.

Finora hai ottenuto i risultati migliori su pista. Che tipo di corridore sei su strada?

“Di base direi uno sprinter, ma mi sento abbastanza leggero, vorrei diventare un uomo da Classiche, ma di base sono un velocista”.

Qualcosa sembra muoversi per l’Italia nel settore giovanile. Cosa sta cambiando?

“Penso che da due anni a questa parte ci sia stato proprio un cambio generazionale anche grazie all’arrivo delle squadre development e quindi le formazioni di sviluppo dei grandi team che permettono di fare un calendario internazionale e di fare già qualche esperienza tra i grandi”.

Papà colombiano e mamma calabrese. Che rapporto hai con la terra d’origine del tuo papà?

“Ho il doppio passaporto, ma in Colombia ci sono stato solo due volte, l’ultima l’anno scorso in occasione dei Mondiali Juniores su pista”.

A quale corridore ti piacerebbe assomigliare?

“Biniam Girmay, mi rivedo molto in lui come caratteristiche”.

Hai cominciato ad ottenere risultati già da allievo. Quanto é stato importante avere una famiglia che non ti ha creato pressioni?

“E’ stato per me fondamentale, ho visto tanti ragazzi della mia età avere grandi pressioni da parte della famiglia e secondo me è sbagliato. Io è solo dallo scorso anno che ho iniziato a prendere le cose più seriamente, ma ancora oggi il focus principale resta il divertimento, facendo un passo alla volta e senza la smania di voler correre per arrivare; ogni cosa ha il suo tempo”.

Quali obiettivi vorresti realizzare nella tua carriera tra pista e strada?

“Su pista mi piacerebbe vincere una medaglia alle Olimpiadi; su strada in quest’era di fenomeni è difficilissimo, ma sogno la maglia iridata”.

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