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Il western di King al Teatro Verdi di Pordenone: la nuova partitura in anteprima

La 43a edizione delle Giornate del Cinema muto chiude ufficialmente oggi, sabato 12 ottobre, alle 21, al Teatro Verdi di Pordenone ufficialmente all’insegna del western con “The Winning of Barbara Worth” (“Sabbie ardenti”, 1926). Per questa presentazione il festival ha commissionato a Neil Brand una nuova partitura musicale che verrà eseguita in anteprima dall’Orchestra da Camera di Pordenone diretta da Ben Palmer. Si replica domenica 13 ottobre, alle 16, sempre al Teatro Verdi.

Nella seconda metà degli anni ’20 del secolo scorso il cinema hollywoodiano si distingue non solo per l’importante numero delle produzioni, ma anche per l’alto valore artistico di molti film, tra questi “The Winning of Barbara Worth” (“Sabbie ardenti”, 1926), prodotto da Samuel Goldwyn e tratto dall’omonimo bestseller di Harold Bell Wright (pubblicato nel 1911), la cui vicenda si basa su un grave disastro ambientale relativamente recente che il pubblico americano ricordava bene.

Nel 1901 nella Imperial Valley, un’area desertica del sud-est della California verso il confine con il Messico, fu realizzato un canale per deviare l’acqua del fiume Colorado allo scopo di irrigare la zona, ove giunsero molti coloni per coltivarla. Ma nel 1905 l’acqua ruppe una paratoia di testa del canale, deviando una parte del flusso del fiume nelle zone coltivate e nei villaggi da poco costruiti, spazzandoli via e creando una grande bacino poco profondo e altamente salino denominato Salton Sea (oggi circondato da un arido deserto, uno scenario desolato).

Su queste basi di storia recente viene sviluppata una fiction che intreccia elementi di epica western (la conquista della terra, i pionieri, i buoni e i cattivi, agguati, inseguimenti) e un triangolo amoroso.

Il film è diretto con grande senso del ritmo e della costruzione spettacolare da Henry King (1886-1982), uno dei grandi registi dell’età d’oro di Hollywood, che aveva al suo attivo già una trentina di pellicole e avrebbe continuato a lavorare fino al 1962, dirigendo opere molto famose come “Bernadette” (1944) e “L’amore è una cosa meravigliosa” (1956).

“The Winning of the Barbara Worth” è sempre stato ricordato anche per aver lanciato come star Gary Cooper (1901-1961). Il giovane attore aveva già avuto piccole parti in una dozzina di pellicole, ma ora con questo film la sua dinoccolata figura si impone nell’immaginario collettivo come quella del classico cowboy che ispira simpatia con naturalezza e un po’ di imbarazzo, diventando un’icona nei successivi venticinque western della sua carriera.

L’eroina del titolo è Vilma Bánky (1901-1991), la bionda attrice ungherese che il produttore Goldwyn aveva convinto ad andare in America e aveva trasformato in star con due film a fianco di Rodolfo Valentino: “The Eagle” (“L’aquila”, 1925) e “The Son of the Sheik” (“Il figlio dello sceicco”, 1926).

Il giovane e romantico ingegnere che arriva da New York per realizzare i lavori di canalizzazione nel deserto è interpretato da Ronald Colman, attore teatrale inglese che, emigrato in America nel 1920, viene scoperto dal regista Henry King e poi scritturato da Samuel Goldwyn, che come partner femminile gli affianca Vilma Bánky, con la quale gira cinque film. Ma un altro grande protagonista di “The Winning of Barbara Worth” è il deserto, in questo caso Black Rock Desert, nella contea di Humboldt, nel Nevada nord-occidentale, caratterizzato da grandi dune di sabbia e piatte distese alcaline, alla cui scoperta contribuì il regista Henry King, dotato di una particolare sensibilità nel rendere il senso concreto della terra e del paesaggio.

Il punto culminante visivo e drammatico del film è il crollo della diga e la conseguente catastrofica inondazione con la grande onda di acqua e fango che avanza travolgendo uomini e case. Si tratta di effetti speciali (principalmente modelli in miniatura) realizzati da Ned Mann, che suscitarono grande impressione ai critici e agli spettatori dell’epoca.

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