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Quei dodici pittori italiani che hanno conosciuto il Carso del soldato Ungaretti: due mostre fra Gorizia e Monfalcone 

Quando nell’estate del 2022 ho per la prima volta pensato a un progetto espositivo su Giuseppe Ungaretti in occasione di Gorizia capitale europea della cultura 2025, assieme a Nova Gorica, ho immaginato subito un ruolo centrale per la pittura.

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Parlandone in quei mesi con l’amico Enzo Cainero, cui il progetto stesso ho dedicato, gli dissi che mi sarebbe piaciuto che alcuni pittori italiani, dal sud al nord, potessero confrontarsi con i luoghi, tra il Carso e l’Isonzo, dove il poeta aveva trascorso due anni al fronte, tra la fine del 1915 e l’autunno del 1917.

Poi la mostra non è stata più una sola, a Gorizia, ma se n’è aggiunta una seconda, a Monfalcone, a far parte di quel mondo multiforme che è diventato Ungaretti poeta e soldato. (In fondo al testo i dettagli sulle mostre).

Il Carso e l’anima del mondo. Poesia pittura storia. Si sono aggiunti, proprio a Monfalcone, gli artisti di quel decennio di guerra, straordinari, da Boccioni a Casorati ad Arturo Martini.

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Però quella prima idea della pittura d’oggi è rimasta, forte, a identificare il viaggio, a renderlo visibile oltre ogni dire. Accanto a tutte le parti dedicate alla letteratura ovviamente, e poi alla storia, alla morfologia. Rese anche con un largo utilizzo di documentari appositamente creati, come si vedrà. A cominciare da un mini-film che in una vera e propria sala cinema, all’ultimo piano del Museo di Santa Chiara a Gorizia, darà il via al percorso in mostra. Da lì si scioglieranno le vele con Ungaretti. Le scioglieremo.

Ma intanto, a novembre dell’anno 2023, un gruppo di pittori aveva camminato per due giorni sul Carso. Chi giungendo da vicino e chi da molto lontano. Chi immaginava e sapeva, chi invece no. Anche chi sapeva alla fine però non immaginava. Non immaginava così.

Un gruppo di pittori in Italia ha viaggiato per giungere e si è lasciato sorprendere da questi spazi e confini. Li ho accompagnati, abbiamo viaggiato insieme, abbiamo fatto silenzio ognuno dentro il proprio silenzio. La loro lingua è il colore, l’emozione di essere al mondo dentro l’universo delle apparenze mobili. Il colore non è mai una vana parola, il colore aiuta a raccontare la vita. Nel modo della pittura, nella sequenza di attimi di tempo. La concatenazione di colori e respiri.

Un gruppo di pittori in Italia ha viaggiato per giungere. Ognuno a suo modo ha dipinto i luoghi che erano stati di Ungaretti sul Carso. Soldato e poeta. E alcuni tra questi pittori hanno deciso di mostrarcene il volto, di preservarne lo sguardo, perché gli occhi potessero parlare ancora. Lo hanno disegnato e dipinto in quel suo abito di vecchio, come colui che ritorna alle regioni di una prima giovinezza, di una prima parte della vita.

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Hanno percorso le strade, sono arrivati. Hanno camminato, hanno vissuto, hanno guardato. Qualcuno è anche ritornato, una volta e poi un’altra ancora. Non si sono affidati solamente alle immagini, non hanno guardato fotografie, ma hanno chiesto alla vita, alla loro presenza, di essere motivo di racconto, motivo di pittura.

Dodici pittori italiani si sono confrontati con Ungaretti e con i suoi luoghi sul Carso, e lungo il fiume, l’Isonzo. Hanno poi dipinto per molti mesi, chiusi nei loro studi, con quei ricordi a premere, a suggerire, a grattare via l’inutilità del superfluo. Si sono tenuti all’essenziale e l’hanno fatto diventare le molte immagini.

Se si affacciavano dalle loro finestre, qualcuno vedeva in distanza l’azzurro del Mediterraneo, la costa degli dèi e degli eroi, dove approdavano antichi vascelli. Qualcun altro stava immerso tra alte colline, oppure c’era chi sentiva entrare nello studio il traffico della grande città. Ma c’era anche chi, scostando l’uscio, poteva vedere, e quasi sentire, quella montagna sacra, dove così tante vite erano state immolate nel sacrificio.

C’erano così tante cose mentre questi pittori dipingevano. E passavano le stagioni. Un tardo autunno, poi l’inverno e quindi la primavera e l’annunciarsi dell’estate. C’erano così tante cose, ma soprattutto la vita nella sua pienezza, nel suo tessuto tramato di ricordi diventati d’improvviso la forza del presente. Nel suo consegnarsi al mondo d’ognuno.

Hanno dipinto il San Michele, il luogo da cui tutto sembra procedere. Hanno dipinto le sue pietre, i sassi di trincea, il rosso dello scotano in autunno. Hanno dipinto i cieli e la notte, il precipitare e insieme il galleggiare di quella notte.

Hanno dipinto il cadere lieve della neve, come una trina sottile, e poi l’Isonzo, il fiume che è diventato tutti i fiumi.

E hanno dipinto immagini di guerra, in un modo non cruento ma quasi abbarbicato al sogno. Si sono fatti portare dai versi di Ungaretti e talvolta hanno dato loro voce diversa, nella pienezza del disegno e dei colori.

Hanno dipinto il volto e la figura del poeta, quasi a tener dietro a passi di danza, lui che si presentava dopo più di un secolo a questo nuovo mondo.

Hanno dipinto tutto ciò e hanno creato un canto corale che si stringe tra bellezza e ricordo. Si resta stupefatti, mentre si guarda e si vive. Non ci si vorrebbe più staccare da questi colori. Si sente il mistero, che il Carso è il cielo, che il Carso è la notte. Il Carso è il mondo e non si può sfuggire a una simile forza che in ogni luogo conduce. Ogni cosa originatasi lì. —

Due mostre in dialogo

L’ampio progetto dedicato a Giuseppe Ungaretti fa da battistrada alla Capitale europea della cultura, “Go! 2025”. Ideato e curato da Marco Goldin, è promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia, dai Comuni di Gorizia e Monfalcone, con la partecipazione di PromoTurismoFVG e l’organizzazione di Linea d’ombra (www.lineadombra.it, call center per le prenotazioni 0422 429999).

Si compone di due mostre in contemporanea, aperte dal 26 ottobre 2024 al 4 maggio 2025.

La prima si svolge a Gorizia, nel Museo di Santa Chiara (“Ungaretti poeta e soldato. Il Carso e l’anima del mondo. Poesia pittura storia”), ed è il racconto di Ungaretti sul Carso nei suoi quasi due anni trascorsi lì. Un racconto attraverso nuovi documentari e parti multimediali, ricostruzioni di ambienti bellici, vetrine con oggetti e uniformi e quasi un centinaio di quadri di artisti contemporanei che hanno dipinto i luoghi carsici e la figura stessa del poeta.

Pittura, questa volta storica, che è l’assoluta protagonista della parte del progetto di Monfalcone (“Da Boccioni a Martini. Arte nelle Venezie al tempo di Ungaretti sul Carso”).

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