Due libri: la Georgia e l’Ucraina post Unione Sovietica
In Unione Sovietica nessuna istituzione lavorava meglio di quella dell’invidia e perciò, per non essere da meno degli altri, un genitore sovietico si sarebbe fatto in quattro e avrebbe accettato qualsiasi prezzo pur di ottenere la Desna-2, e allo scopo di far scoppiare d’invidia i vicini relativamente più poveri si sarebbe preso la briga di insegnare lui stesso al figlio a pedalare, e nulla appariva tanto pacchiano quanto la faccia sorridente del bambino a cavalcioni di una Desna-2 e, dal momento che anche l’Urss era una grande e malvagia pacchianeria, vi sareste imbattuti spesso in una simile smorfia – su mosaici, poster e persino francobolli, ma l’homo sovieticus non ci faceva caso, anzi, non soltanto non ci faceva caso, ma avreste dovuto sentire le lodi sperticate con cui ricopriva gli ingegneri della Desna-2 e come benediceva le loro mani e la loro forza d’ingegno per aver previsto un posto in più, dietro il conduttore.
La discarica, di Iva Pezuashvili (traduzione di Ruska Jorjoliani; Voland), è un romanzo breve, “olfattivo”, che è al contempo documento storico e generazionale sulla Georgia contemporanea e sulla ricerca di un’identità, privata e pubblica. La storia si svolge nell’arco di 24 ore, il 9 aprile 2017 (giorno dell’Unità Nazionale, in ricordo del massacro di Tbilisi del 1989, quando una dimostrazione antisovietica venne dispersa dall’Armata Rossa, causando una ventina di morti e centinaia di feriti e spianò la strada verso l’indipendenza del Paese).
Gheno, eroe nazionale decorato dal presidente proprio in seguito al massacro, è seduto sul suo divano e guarda le immagini della commemorazione in televisione, venendo sopraffatto dai ricordi e da quello che è stato un tempo, prototipo dell’homo sovieticus incapace di adattarsi alla realtà che lo circonda. Sua moglie, Mila, lavora in un centro estetico e sogna un futuro senza il marito. Zema, la figlia maggiore, gravita in un processo di transumanza che le permette di sopravvivere nelle forze dell’ordine e di insaccare i colpi tirati da una società sempre più razzista, misogina e brutale. Lazare, il figlio più piccolo, ascolta senza interruzione musica hip-hop e guadagna qualche soldo facendo consegne a domicilio.
I percorsi famigliari diventano, nel romanzo, una testimonianza cruda e vivida, dove i fantasmi del passato irrompono nella vita quotidiana e dove il destino del singolo si intreccia spietatamente al destino del proprio popolo, dove i problemi sociali si intrecciano con la politica, la sessualità con le devianze psicologiche e gli sbalzi dell’economia con le “tigri di carta” del patriottismo di bassa lega. La discarica è un romanzo corale, ma al contempo capace di far emergere le individualità dei singoli personaggi, incapaci di vedersi, affrontarsi e capirsi al chiuso delle mura famigliari, ostinati portatori di un egocentrismo a tratti patologico, buono per un tornaconto personale e capace di far vedere l’altro solo quando questi potrebbe essere utile in un momento di bisogno. Un riuscito esempio letterario di sopravvivenza, memoria, nichilismo caucasico.
Ciononostante, Franzysk aveva notato che, all’inizio, l’immaginazione di Anna non riusciva a sfuggire la simmetria. Aveva scoperto da sé che nei bambini l’incanto per la simmetria della natura è il primo passo verso una riproduzione consapevole della bellezza dell’armonia del mondo.
Gli Eccentrici, di Taras Prokhasko (traduzione di Lorenzo Pompeo; Utopia Editore) è un romanzo frammentario, scritto a brevi capitoletti, quasi dei paragrafi rafforzati, che richiama a certi esperimenti del Realismo Magico e del postmodernismo. La trama è circolare e si dipana lungo un arco temporale che attraversa oltre mezzo secolo (concentrandosi sul doloroso periodo delle guerre mondiali) e si svolge in un paese inventato sui Carpazi ucraini. È la storia, spesso surreale, di Franz e Anna, dal cui amore nasce Stefania, una bambina che, dopo la morte della mamma, verrà ribattezzata a sua volta Anna e che, negli anni, diventerà prima madre e poi nonna di altre due Anna. Gli Eccentrici può essere letto come una “mitologia alternativa e minore” dei Carpazi, dove le meraviglie della natura vengono tratteggiate in modo poetico e straniante e dove si racconta il rapporto dell’uomo verso tutto ciò che artificiale non è, in primis la tradizione.
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