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Cent’anni fa arrivarono a Belluno i primi tre Salesiani per gestire l’orfanotrofio

Cento anni di presenza in città tra istruzione e sostegno ai giovani e alle famiglie. I Salesiani tagliano il traguardo del primo secolo di insediamento a Belluno, un percorso nato quando i primi confratelli furono chiamati da don Sperti per aiutare nella gestione dell’orfanotrofio e proseguita in crescita, radunando le comunità di Borgo Prà e Baldenich e fondando una nuova chiesa e un nuovo istituto scolastico. Ma come sta oggi la comunità bellunese dei Salesiani? «In tutto siamo dieci confratelli, con un’età media, purtroppo, abbastanza alta e la nostra opera si suddivide tra parrocchia e istituto», spiega don Alberto Maschio. «Parrocchia e catechismo funzionano, ma sappiamo che c’è tanta strada da fare per migliorare la nostra offerta e non disperdere i giovani dopo la cresima. Proprio questo sarà il nostro obiettivo per il futuro: partiremo da questo centenario per prendere in mano il tema e cercare insieme delle idee per fare di più e meglio per i ragazzi e per le famiglie».

Tutt’altra storia per quanto riguarda l’istituto Agosti: «La nostra scuola sta vivendo un buon momento, nonostante il periodo negativo di denatalità generale», continua don Alberto, «con gli attuali 350 allievi, infatti, penso che abbiamo toccato il punto più alto di sempre. Questo si traduce in due sezioni di scuola elementare e due delle medie. Abbiamo poi un’ottantina di iscrizioni alla materna e anche questo ci fa ben sperare per il futuro».

La storia

Il legame tra i Salesiani e la città di Belluno comincia nel 1924, quando don Sperti chiese loro aiuto per la gestione dell’orfanotrofio cittadino. Fu così che arrivarono i primi tre confratelli, che poi salirono di numero e passarono a gestire prima l’oratorio festivo nella zona di San Rocco e infine la chiesa di San Giuseppe a Borgo Prà. La storia comincia subito dopo la Seconda guerra mondiale, quando il vescovo, monsignor Bortignon, chiese alla congregazione, già presente in città con l’istituto Sperti, di svolgere un’attività pastorale nel vecchio Borgo Prà. L’incarico venne assegnato a don Edoardo Furlano, che nel settembre del 1945 avviò le prime iniziative per la formazione dei giovani e per la pastorale degli adulti. Nella chiesa del borgo, dedicata a San Giuseppe, un sacerdote diocesano celebrava l’eucaristia domenicale: l’ultimo fu don Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I, il quale prediligeva e conosceva bene il borgo, che allora contava circa 1200 residenti. Erano i tempi difficili del dopoguerra e la situazione sociale era particolarmente disagiata, ma Borgo Prà aveva comunque una sua omogeneità, una sua identità che la popolazione cercava di mantenere e consolidare.

È in questo contesto che don Edoardo Furiano portò per primo il messaggio di don Bosco. Viste le iniziative attuate e promosse per la crescita religiosa, morale e civile della popolazione, il vescovo, nel 1946, istituì la rettoria indipendente di S. Giuseppe a Borgo Prà, mantenendola però nella giurisdizione della parrocchia di Santo Stefano. In questo stesso periodo si assistette a fenomeni demografici importanti: l’aumento della popolazione in zona Baldenich e il suo notevole sviluppo urbanistico.

Per il servizio religioso si faceva riferimento alla piccola rettoria di San Giuseppe, che presto non fu più in grado di rispondere alla nuova situazione. Questo spinse il nuovo vescovo, monsignor Muccin, a staccare definitivamente tutto Borgo Prà e il nuovo Quartier Cadore da Santo Stefano, per creare una nuova parrocchia da affidare alla congregazione salesiana. Nonostante alcune perplessità iniziali, fu Albino Luciani, divenuto allora vicario generale, a fare pressione su don Edoardo perché i suoi superiori accettassero la parrocchia di Borgo Prà e perché don Bosco prendesse “definitivamente cura del caro borgo, tanto bisognoso di aiuto”. Fu così che il 24 ottobre 1951 venne canonicamente istituita la parrocchia di Borgo Prà, denominata San Giovanni Bosco, e affidata ai Salesiani. Sempre nel ’51, con decreto del vescovo Muccin, alla neonata parrocchia si unì anche il territorio di Nogarè con la sua storica chiesa, scorporati dalla parrocchia di Cusighe.

La nuova chiesa di Don Bosco

Nel successivo decennio si registrò un ulteriore imponente aumento della popolazione, che triplicò la sua presenza. Divenne quindi urgente affrontare il problema della costruzione di una nuova chiesa, più centrale rispetto all’area di giurisdizione della parrocchia. Costituitosi un apposito comitato, si reperì un’area idonea per ampiezza e posizione accanto alla nuova opera salesiana, denominata istituto Agosti e trasferitasi dall’istituto Sperti. Il 21 maggio 1962 monsignor Muccin pose la prima pietra e poté consacrarla il 4 luglio 1966. In seguito furono rifinite le altre strutture.

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