Nuovi poveri in aumento a Padova: per loro metà dei pasti alle Cucine popolari
Non si esibisce, la povertà, ma non va neppure nascosta come una vergogna. Semmai un faro è giusto accenderlo su chi si prende cura delle persone in difficoltà, come fanno da 142 anni le Cucine economiche popolari di Padova.
Il 17 ottobre, alla presentazione del bilancio sociale del servizio, il presidente della Fondazione Nervo Pasini, don Luca Facco, si è abbandonato a una suggestione: «Quando saremo nella nuova sede, migliaia di studenti universitari passeranno davanti alle Cucine e capiranno che una città è più bella quando sa farsi carico della povertà».
Le Cucine lo fanno con numeri e risultati oggettivamente straordinari, basti pensare che il valore del servizio nel 2023 è stato superiore al milione e mezzo di euro.
Lo fanno trascinandosi dietro un esercito di duecento volontari della solidarietà e dell’inclusione, il cui lavoro gratuito vale quasi 320 mila euro. Lo fanno innescando circuiti virtuosi di recupero del cibo per oltre 220 mila euro. E lo fanno anche se i conti non tornano perché la Diocesi, che è “madre” del servizio, ripiana una buona fetta del passivo, donando 240 mila euro, eppure i conti sono ancora sotto di 51 mila euro.
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I servizi, prima di tutto
Ma anche se si tratta di un bilancio, il conto economico delle Cep ha i servizi in primo piano e quindi le persone a cui sono rivolti. Nel 2023 le prestazioni erogate sono state 93.964, il 23% in più del 2022.
La fetta più grossa (81%) è sempre quella dei pasti, 77.505 quelli distribuiti, in media 300 al giorno, a un’utenza che cresce del 12% e che - dato tutto da esplorare - è molto meno stabile di quanto non si creda. Il 46% degli ospiti del 2023 (3.402, numero in netta crescita dopo il rallentamento causato dalla pandemia) è arrivato alle Cucine per la prima volta, sono 1.563 persone con storie e percorsi tutti da decifrare, ma che sono state - o sono ancora - intorno a noi.
Dopo la mensa, il servizio più richiesto è stato la ricarica dei telefoni (5.930), seguito dalle docce (4.645), dal servizio sanitario (2.601 prestazioni), dal segretariato sociale, dal servizio guardaroba, dai cambi d’abito e dalle lavatrici, dalla distribuzione di coperte e dal fermoposta.
Gli ospiti sono in prevalenza uomini (81%), età media 43 anni, (50 per le donne), di 87 nazionalità diverse, in prevalenza marocchini (19%) e nigeriani (13%) ma sono tanti anche gli italiani (12%). Una larga maggioranza non ha lavoro (69,1%), ma la notizia semmai è che il 30% ha bisogno pur avendo un reddito. Tanti non hanno una casa (39,8%) e molti stranieri (12,3%) non hanno un permesso di soggiorno.
Due anime
«Le Cucine hanno due anime», ha raccontato Luca Marabese, operatore Cep e redattore del bilancio, «quella dei servizi e quella educativa, che vivono e collaborano. I servizi sono per le persone indigenti ma il resto, la parte educativa, avvicina le persone - volontari, studenti, aziende, cittadini in generale - al mondo della marginalità, contribuendo ad abbattere i pregiudizi».
Sul fronte educativo ci sono le attività con le scuole (Pcto con 76 studenti); i tirocini universitari (12 studenti); i laboratori con le scuole primarie “Se apri non scarti” (sei classi), le testimonianze nelle scuole superiori (35 classi); le proposte per i gruppi con l’esperienza di conoscenza delle Cucine “Vieni e vedi” (33 gruppi), la cena sospesa (15 gruppi); i percorsi di catechesi (22 gruppi); il volontariato formativo d’impresa(ne riferiamo a parte).
E ancora le attività riparative in collegamento con il Tribunale per lavori di pubblica utilità, messa alla prova, affidamento in prova ai servizi sociali e programma di trattamento per semilibertà, che hanno coinvolto 20 persone; i Progetti utili alla collettività, il Servizio di inserimento lavorativo. Suor Albina Zandonà, che dirige le Cucine da sette anni, ha trovato un’immagine ancora più efficace per raccontarle: «Questo è un luogo di incontro dove abbiamo a cuore le persone e dove il termine ospite è sacro. Non importa il motivo per cui si entra, se per ricevere o per dare, una volta dentro siamo tutti uguali, stesso livello, quello dell’umanità. Da tutti si impara, tutti diamo qualcosa e riceviamo».