Licenziamenti alla Base Usa di Aviano: in 14 hanno deciso di lasciare il posto, restano 30 esuberi
Sindacalisti e lavoratori in piazza, sabato 2 novembre a Pordenone, per informare la popolazione e dire insieme “no” ai 44 licenziamenti di lavoratori italiani dell’Aafes alla base di Aviano.
Angelo Zaccaria (Uiltucs) ha rivelato che già 14 dipendenti sono stati convinti a firmare l’uscita volontaria dietro corresponsione di incentivi. Dietro ai numeri, c’è la storia di 44 persone e famiglie, che hanno dedicato una buona parte della loro vita al lavoro in base e ora annaspano nell’angosciante prospettiva di perdere tutto.
In gioco c’è il loro futuro, oltre alla capacità di sostenere le spese quotidiane, dalle bollette al mutuo per la casa.
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«Sono preoccupata di perdere il lavoro. Dobbiamo aspettare il 25 marzo per sapere chi andrà a casa. Provi a pensare che Natale sarà..» scuote il capo una dipendente dell’Aafes, 54 anni, che ha chiesto l’anonimato. Teme di non poter trovare un altro impiego, dopo aver speso gli ultimi 23 anni in base, perché non ha una laurea triennale.
Sta distribuendo i volantini in piazzetta Cavour. Qualcuno attraversa di fretta, alzando una mano in segno di diniego. Questo disinteresse per il prossimo la ferisce: «Indignazione è il minimo, sono rattristata, che razza di società stiamo diventando, dall’altare dicono aiuta gli altri e qui dove sono? Noi chiediamo la garanzia del lavoro e alla gente un po’ di solidarietà».
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Yi Xin Guan, 22 anni, che da tre anni lavora all’Exchange in via Pionieri dell’aria, di Budoia, ha accettato di firmare per l’uscita volontaria, che però deve essere ancora approvata. «All’inizio ero agitata, ho dato tutta me stessa in questo lavoro», racconta. Poi, però, ha compreso di avere altri obiettivi e di essere in grado di raggiungerli, così ha accettato l’esodo incentivato.
Sabato 2 novembre era in piazza in segno di solidarietà nei confronti dei suoi colleghi di lavoro. «I giovani – osservano Yi e la sua collega – vengono licenziati per primi, non si guarda al merito. Non vengono considerate nemmeno le famiglie monoreddito: chi è solo ha meno possibilità di mantenersi se perde il posto. Se non lavori non mangi e non paghi le bollette».
Francesca Corazza, 51 anni, di Porcia, delegata Cisl, lavora in base, ma non per la Aafes. «È mio dovere essere qui in solidarietà ai colleghi. Quello che succede a loro può succedere a chiunque. Adesso tocca ai dipendenti Aafes, il prossimo anno non sappiamo a chi succederà. La maggior parte degli esuberi potrebbero essere donne e nuclei familiari monoreddito, situazioni che vanno tutelate, in quanto più fragili. Credo sia importante difendere le donne lavoratrici che dopo una certa età sono difficilmente occupabili. Dobbiamo unirci e combattere questa situazione».
La manifestazione, promossa da Fisascat Cisl e Uiltucs, ha fatto da preludio allo sciopero generale indetto per l’intera giornata di lunedì 4 novembre ad Aviano, che sarà supportato dai lavoratori di tutte le basi americane in Italia. Angelo Zaccaria (Uiltucs) ha affermato che alcuni dirigenti della base avrebbero avvicinato i dipendenti «promettendo di tenerli in forza e chiedendo di non scioperare e manifestare, creando situazioni di tensione fra il personale». «I lavoratori sono in panico – sottolinea Zaccaria –. Molti giovani stanno volontariamente firmando la lettera di dimissioni per l’incentivo all’esodo perché non ritengono più la base di Aviano un posto sicuro».
La trattativa fra datore di lavoro e sindacati è in fase di stallo. «Si vedrà dopo lo sciopero – osserva Davide Fregona (Fisascat Cisl) –. Loro mantengono la posizione, non pensavano che arrivassimo a elevare la cosa a questi livelli, abbiamo riscontri sia dalle autorità regionali che da quelle nazionali. La stessa ambasciata americana a Roma si sta muovendo per organizzare un incontro con le organizzazioni sindacali. Noi siamo in un crescendo oserei dire rossiniano. Non ci fermiamo, sicuramente riapriremo il dialogo, ma devono stare anche alle nostre condizioni».